Caro Paolo,
ho letto il discorso che hai tenuto nell'anniversario della strage di Bologna. Lo condivido in gran parte, e lo rispetto anche laddove non lo condivido. Quel rispetto ti è dovuto per l'associazione che rappresenti, per l'impegno che metti nelle tue azioni, per l'assenza nelle tue parole di calcoli "in politichese": a te non interessa essere gradito o sgradito a questa o quella parte politica; segui con coerenza le tue convinzioni, non sembra importarti l'arte della diplomazia, se può in qualche modo indebolire le tue battaglie. Proprio per questo, spero tu possa apprezzare pure la mia di franchezza: credo che il tuo discorso "sugli amici dei terroristi che siedono in parlamento" sia stato semplicistico. Prima di entrare nel merito, vorrei fare alcune precisazioni. In primo luogo, non sono fra quelli che assegnano un diverso gradiente morale alle azioni terroristiche in base alla matrice di appartenenza; non sono fra chi guarda agli anni di piombo dividendo i colpevoli fra "terroristi" e "compagni che sbagliano". Certo, da uomo di sinistra credo che i percorsi - individuali e collettivi - che condussero molti compagni ad abbracciare la lotta armata vadano indagati e non liquidati come si trattasse di follia collettiva, ma capisco che questi approfondimenti possono sembrare sterile intellettualismo, per chi è rimasto vittima della violenza politica. In secondo luogo, non ho mai attribuito a semplice "vendettismo" l'atteggiamento di chi, colpito dal terrorismo, si sente oggi ferito dalle attenzioni che i media riservano verso i protagonisti di quegli anni, constatando che alle vittime si lascia il solo ruolo di "immaginette" buone per gli anniversari. Fatta salva questa premessa, non condivido il tuo discorso sugli ex terroristi per due questioni. La prima: penso sia un errore gettare nello stesso calderone chi ha scontato la propria pena e chi ne è sfuggito. Volutamente eviterò nomi: vorrei che questa mia analisi - condivisibile o meno che sia - non servisse a rialimentare polemiche su Tizio o Caio, ma fosse il più possibile generale. Il principio di civiltà, non solo giuridica, secondo cui chi ha scontato la propria pena si presenta riabilitato nella società non credo ti sfugga. Se posso capire il vostro fastidio nel vedere un ex brigatista (per fare un esempio) promuovere il proprio libro sugli anni '70, non posso ritenere illegittima l'operazione. Diverso è il discorso sulla non eleggibilità degli ex terroristi, ma pure in questo caso la questione dei "paletti etici" va affrontata in termini generali. Sotto questo profilo, pur non interessando aspetti penali, ritengo che l'esser stato affiliato alla P2 presenti considerazioni anche maggiori di inopportunità. E, siccome poco m'importa di essere bipartisan (anzi...), ti dirò che in questa Repubblica nata dalla Resistenza mi indigna ancora di più la presenza in parlamento di chi vanta legami ideologici col fascismo. La seconda questione: mi sembra, dal tuo discorso, che tu ritenga inopportuna la presenza di ex terroristi in ruoli istituzionali quanto in un centro sociale, a parlare magari di problematiche diverse da quelle relative agli anni '70. Esistono ex componenti di bande armate che, scontata la propria pena e dopo aver nei fatti preso le distanze dalle azioni di quegli anni, oggi si occupano di problematiche carcerarie, occupazionali, relative alle tossicodipendenze: il loro apporto su questi argomenti dovrei ritenerlo inficiato dal loro passato? Ma la domanda fondamentale è questa: un'eventuale imposizione del silenzio verso gli ex terroristi sarebbe forse diversa da quella che in molti, in modo più subdolo, hanno cercato di assegnare proprio alle vittime di quei fatti? L'ho già detto in passato e lo ripeto a te: in materia di terrorismo credo che il silenzio invocato per i carnefici possa trasformarsi in un boomerang per la legittima e sacrosanta sete di verità e giustizia delle vittime. Nei giorni scorsi ho dato un'occhiata ad alcuni quotidiani. Le tue dure parole verso "terroristi in parlamento e loro amici" hanno ottenuto molta attenzione. Lo so, non era certo la ricerca di visibilità a muovere il tuo discorso, ma ho trovato di che riflettere sulla circostanza: quando in passato denunciasti le influenze piduiste dell'allora maggioranza di centrodestra le tue parole trovarono una cassa di risonanza molto inferiore; idem dicasi delle tue reiterate affermazioni sulla matrice fascista della strage di Bologna, che in molti - spiace dirlo: non solo a destra - mettono in dubbio ancora oggi. Caro Paolo, credo purtroppo che quei politici che oggi appoggiano le istanze di rigidità verso gli ex protagonisti degli anni di piombo siano interessati più a stendere un velo di silenzio su quegli anni, piuttosto che a concedere a voi vittime una sorta di risarcimento morale sotto la forma di una condanna al silenzio verso gli ex terroristi. Quei politici sono più interessati a dimenticare. Ma dimenticare è la cosa più stupida si possa fare: spesso non è azione durevole e sincera, quasi mai è innocente, mai risulta utile, se non a fini che nulla hanno a vedere con la verità e la giustizia che ti stanno a cuore. Con affettuoso rispetto
Francesco "baro" Barilli