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Bologna, 27 anni dopo è ancora polemica
Dal palco Bolognesi attacca i media, la commissione Mitrokhin e parlamentari per «troppa indulgenza»
Benedetta Aledda
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)
3 agosto 2007

Dopo la condanna, nel 1995, dei neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro come esecutori della strage, nell'aprile di quest'anno la Cassazione ha aggiunto quella di Luigi Ciavardini, altro esponente dei Nar, nonostante qualcuno abbia provato a creare «un'impossibile verità alternativa rispetto agli accertamenti giudiziari», chiarisce dal palco davanti alla stazione Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, che punta il dito, in particolare, contro il giornalista Andrea Colombo, autore di Storia nera. Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti . «Se qualcuno vuole barattare l'impunità per i neofascisti Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini in cambio dell'impunità per i cosiddetti compagni che hanno sbagliato» facendo una sorta di «scambio di prigionieri», si scalda Bolognesi, «l'associazione 2 agosto 1980 ne sarà una fiera oppositrice» annuncia. Il presidente dell'associazione se l'è presa con ampie porzioni dei media - dalla Rai a Liberazione - per lo spazio concesso agli stessi Fioravanti e Mambro e a chi sostiene che non furono loro a fare la strage; ha attaccato i membri della commissione Mitrokhin che provano a «riesumare la fantomatica pista internazionale, già smentita dalla magistratura»; si è scagliato contro «un atteggiamento troppo indulgente» nel paese e nel Parlamento verso i terroristi e ha chiesto che nessun militante in formazioni eversive possa rivestire incarichi e ruoli istituzionali, ricevendo proprio a questo punto uno degli applausi più caldi.
Ventisette anni dopo la bomba, un corteo ancora una volta molto partecipato ha accompagnato i familiari delle vittime da piazza Maggiore fino alla stazione di Bologna, dove l'esplosione uccise 85 persone e ne ferì oltre 200. Davanti i gonfaloni di tanti comuni, nel mezzo i rappresentanti delle istituzioni e in coda tanti striscioni e bandiere di sindacati, associazioni e gruppi podistici partiti da tutta Italia per arrivare nella città emiliana. «L'ho inventata io, nel 1981, la prima staffetta per ricordare quello che è successo qui» racconta Siro Magni, venuto a piedi da Sesto Fiorentino. Da ragazzino la staffetta l'ha fatta nei partigiani e con un suo amico bolognese ogni 25 aprile facevano tappa nei cippi della Resistenza tra l'Emilia e la Toscana. «Però, nel 1980, dopo quello che è successo alla stazione», spiega il suo amico bolognese, «mi ha detto: "Quest'anno vengo anche ad agosto", e così ha fatto».
Poi le bandiere delle RdB-Cub, che hanno portato, come annunciato, lo striscione «Mandate in pensione almeno il segreto di Stato», in polemica con il ministro del Lavoro Cesare Damiano, rappresentante del governo alla commemorazione. A sorpresa, però, è intervenuto sul palco anche il presidente del Consiglio Romano Prodi (non accadeva dal 2000 con Amato). Appena pochi giorni prima il capo del governo aveva firmato la direttiva che sblocca il sostegno economico per i familiari delle vittime del terrorismo, previsto dalla legge 206 del 2004. «Le vittime chiedono riconciliazione e non vendetta», ha ammonito Prodi. Poi ha anche difeso la riforma delle pensioni del suo governo e il ministro Damiano, che poco prima aveva ricevuto qualche fischio - presto coperto dagli applausi della folla - da chi si era radunato sotto lo striscione delle RdB e sotto quello dei Giovani Comunisti. «Avevamo detto "nessuna contestazione sonora" e così è stato», dice Tiziano Loreti, segretario della Federazione bolognese del Prc, che difende lo striscione srotolato dai suoi compagni solo mentre parlava Damiano. «Abbiamo scritto "Basta precarietà. Damiano, dimettiti", perché se non si rispettano nemmeno i patti della campagna elettorale, è giusto trarne le conseguenze», spiega Agostino Giordano, segretario bolognese dei GC che denuncia un'aggressione «da parte di gente intollerante, che non gradiva la nostra pacifica espressione di dissenso».
La strage alla stazione è «una pagina dolorosa» su cui bisogna ancora fare luce, perché «una memoria scissa dalla verità è una memoria negata», ha scritto il presidente della Camera Fausto Bertinotti ai familiari e alla città. Una speranza, in questo senso, la apre la cancellazione del segreto di Stato per i reati di strage, introdotta dalla riforma dei servizi segreti, varata dal Parlamento appena due giorni fa. «Ora tutto quello che i servizi sanno venga resa pubblico e messo su Internet e il Parlamento faccia un grande archivio», ha chiesto Paolo Bolognesi.