Tre colpevoli. Eppure, ventisette anni dopo, sulla strage di Bologna resta ancora quel «velo di opacità» (così il presidente della Camera Bertinotti nel messaggio inviato in occasione dell'anniversario) che rende la memoria «colma di sofferenza». E che alimenta, puntuale, la polemica. Perché «un paese che non riesce a guardare con serenità al suo passato, non può progettare il futuro di una convivenza realmente democratica».
E, infatti, è proprio questo il terreno sul quale ieri la giornata di commemorazione si è trasformata in un'occasione di scontro, cui ha dato il via il presidente dell'associazione 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi. Non è la prima volta che lo dice e ieri, nel suo discorso alla cerimonia, lo ha ribadito senza mezzi termini: in parlamento siedono tanti amici dei terroristi, che hanno grandi e potenti mezzi. Ce l'ha con Sergio D'Elia, parlamentare della Rosa nel pugno e segretario alla presidenza della Camera; ce l'ha con il clima di «indulgenza» nei confronti di Scalzone, Battisti («assassino latitante che secondo il senatore Russo Spena dovrebbe essere graziato»), Curcio e Tuti. Ce l'ha con l'«operazione di scambio di prigionieri, un meschino compromesso per autolegittimarsi e per far dimenticare gli scheletri nell'armadio di destra e di sinistra». Ce l'ha, infine, con chi «non vuole si parli di strage fascista».
Eh sì, perché cominciano ad essere tanti gli scettici sulla colpevolezza dei Nar: da Rossana Rossanda a Nicola Tranfaglia, da Erri De Luca a Paolo Mieli, da Francesco Cossiga a Giovanni Pellegrino. Fino a magistrati come Rosario Priore e Otello Lupacchini (secondo il quale «bisogna prendere atto, senza ipocrisia, che la sentenza è lo specchio di una realtà deformata»). E' di pochi mesi fa il libro "innocentista" di Andrea Colombo ("Storia nera", Cairo Edizioni), cui adesso si aggiunge quello di Ugo Maria Tassinari ("Naufraghi. Da Mussolini alla Mussolini, 60 anni di Destra radicale", ed. Immaginapoli) anche lui sicuro dell'innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini (che si sono sempre detti estranei alla strage) e parla di «processo inconsistente». Insomma, c'è ancora qualcosa da dire sulla strage del 2 agosto 1980.
E' per questo che alle accuse di Bolognesi, sia Fassino che Russo Spena rispondono pacati ma fermi. «Siamo in uno stato di diritto - dice il segretario della Quercia - Tra le pene ci sono anche le interdizioni da incarichi pubblici. Se un tribunale le ha irrogate bene, se no bisogna prenderne atto», anche se, precisa il numero uno dei Ds, «un provvedimento di indulgenza può essere preso in considerazione solo per chi abbia riconosciuto il proprio errore e abbia pagato una pena». «Sono d'accordo con Fassino - aggiunge il presidente dei senatori comunisti - quando difende lo stato di diritto e le garanzie costituzionali in relazione alle persone che hanno pagato il loro debito con la giustizia. Comprendo il dolore dei parenti delle vittime e mi sento loro vicino, ma è indispensabile non perdere la barra dello stato di diritto».
E mentre, da destra soprattutto, si alza qualche voce a chiedere di riaprire il processo (per esempio Giorgia Meloni e Fabio Rampelli - An - hanno presentato un'interpellanza urgente sottoscritta, tra gli altri, da Gianfranco Fini, Ignazio La Russa e Stefania Craxi, nella quale chiedono a Prodi «di sostenere la revisione del processo»), Bolognesi non si dice contrario, a patto che «ci siano motivi validi», visto che «mancano ancora i mandanti ma gli esecutori materiali sono già stati trovati». Perché, alla fine, è interesse di tutti che si giunga alla verità. Perciò, dai familiari delle vittime arriva anche un appello ai presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, affinché, ora che la riforma del segreto di stato è stata approvata a Palazzo Madama, «rendano pubblici e consultabili su internet tutti gli atti, nessuno escluso, delle commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono occupate di stragi, terrorismo, mafia e poteri occulti», creando così «il più grande archivio di documentazione, nella convinzione che soltanto una lettura a 360 gradi può consentire di individuare collegamenti tra le varie vicende, scoprire aspetti inediti, trovare tasselli mancanti nell'intricato mosaico della verità».
Una richiesta che potrà e dovrà essere accolta in qualche modo. «E' giusto ciò che chiede Bolognesi», argomenta Russo Spena, perché la riforma del segreto di stato va valorizzata subito. «Credo che se da una parte bisogna accettare la verità accertata, dall'altra è necessario andare oltre per capire se nei depistaggi vi sono responsabilità all'interno dello stato». Mentre Falco Accame, presidente dell'associazione Ana-Vafaf, esprime «perplessità» per la bocciatura, nell'ambito della nuova legge sui servizi segreti, del reato di depistaggio: «Se la legge approvata ieri ha un significato, tutte le carte relative a questi fatti dovrebbero essere disponibili, a meno che non siano già state distrutte come è accaduto per il caso Gladio. Da domani potremo vedere se con la nuova legge si vuole veramente fare luce su fatti come quelli di Bologna, del Rapido 904 e di via Fani». E, dal canto suo, il vicepresidente del Senato, il leghista Calderoli, considera «gravissima» l'accusa di Bolognesi sugli "amici dei terroristi" e dice che «il parlamento e il governo questa volta non possono fare finta di nulla, ma devono dare quelle risposte che da 27 anni i cittadini si attendono».
Intanto, sull'onda delle polemiche, è stato annullato il concerto di solidarietà a Ciavardini, previsto per stasera a Modugno, in provincia di Bari.