Gentile Dirigente scolastico,
abbiamo letto, nel comunicato dell'Associazione Familiari vittime della strage del 2 Agosto di Bologna, che affronterete la vicenda di quella strage con il difensore di Luigi Ciavardini, già condannato definitivamente per la strage di Bologna (banda armata) e coinvolto anche nell'uccisone del giudice Amato nonché in attesa di sentenza definitiva per la sua partecipazione diretta alla strage del 2 agosto 1980 di Bologna, nella quale perirono 85 persone e più di 200 rimasero ferite.
Appare evidente che il suo difensore non potrà che inevitabilmente raccontare una "verità" di parte, quella del pluricondannato Ciavardini, su quegli anni in contrasto con quanto già sentenziato dai tribunali italiani nei diversi gradi di giudizio ed emesso al termine di un libero confronto fra le parti.
Che riflesso avrà tutto ciò sugli studenti? In che modo la loro conoscenza dei fatti potrà formarsi? Quale credibilità istituzionale ne deriva? E ancora: che idea si faranno del dolore di quelle 85 vittime innocenti provocate dall'agire del Ciavardini? Forse che il Ciavardini ha dato segni, in questi anni, di pentimento e rispetto delle sue vittime? Un rispetto che in primo luogo avrebbe dovuto portalo a raccontare fino in fondo la verità su quel fatto e per il quale è stato condannato.
Niente di tutto ciò. Anzi , ha continuato a delinquere tanto che tutt'oggi si trova agli arresti per una rapina.
Ma ciò che preoccupa ancora di più è che questi trovi spazio in una scuola, palestra per eccellenza di formazione democratica alla cittadinanza, dove il tema della legalità si coniuga con il tema della memoria.
Quando non si accettano, anzi, si mettono in discussione - con visioni di parte, e che parte!, processi e strumenti idonei alla scopo, non è solo il principio di legalità che viene a perdersi ma si afferma un criterio in cui la verità è "solo la mia verità" e tutto ciò che contrasta con questo criterio non appartiene alla sfera della giustizia. Con tutte le conseguenze che ne discendono.
In questo contesto anche la memoria, intesa come conoscenza del passato, viene a perdere la sua funzione di raccordo tra il passato e il presente creando quella rottura che impedisce di guardare a quei fatti nel loro effettivo svolgersi, di trasformarli in coscienza e conoscenza critica. Anche qui le conseguenze sono evidenti: c'è più di un rischio che la verità di parte si trasformi in spirito di rivalsa rispetto a uomini che hanno emesso legittime sentenze e verso istituzioni che vengono disconosciute, non accettate nella loro funzione. Poi la dietrologia completa il quadro.
Perché queste sottolineature? Perché nella nostra azione di memoria e di comprensione dei fatti, noi familiari delle vittime, ci siamo sempre fatti guidare da una idea di giustizia che mai è stata coniugata con là vendetta. E di fronte a sentenze che spesso non hanno riconosciuto la responsabilità di singoli, per parte nostra le avremo certamente criticate ma mai disconosciute.
Anzi. Se da tempo stiamo chiedendo al Parlamento che venga istituita una giornata di riflessione nelle scuole sulla violenza terroristica e sulle stragi che hanno segnato pesantemente la recente storia italiana, è perché vogliamo che davvero si apra un confronto su quegli anni, per capire fino in fondo le ragioni di tale violenza e i perché di tanta impunità sulle stragi. Vogliamo che quel "patrimonio", si Patrimonio, di dolore diventi storia positiva di questo Paese, dove legalità e istituzioni sono accettate e rispettate.
In tal senso il confronto non può che partire dal riconoscere e accettare quanto la verità giudiziaria e storica ha saputo far emergere in questi anni. In sostanza: conoscere, approfondire, ma senza dimenticare.
Distinti saluti.
Il Presidente
Manlio Milani