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Crimine e politica criminale
LORENZO PINTO - Sociologo
4 gennaio 2007

I compagni di Brescia uccisi la mattina del 28 maggio 1974 sono iscritti a honorem all'ANPI, Associazione nazionale partigiani d'Italia, iscrizione riconosciuta nel giugno del 1974 dal presidente Arrigo Boldrini. Il nesso fra ciò che è accaduto il 24 marzo del 1944 e le stragi che hanno insanguinato l'Italia fra il 1969 e il 1974, e che giustifica la mia presenza qui fra voi, è nell'antifascismo, parola forse anacronistica...sono passati tanti anni, la gente ha dimenticato, il sangue della storia asciuga presto....inteso come cultura il fascismo esiste ancora: si può notare come tante persone parlano dei deboli," dei figli della luna ", come diceva Apuleio, delle donne, degli immigrati. Lo stesso Fini che ama proclamarsi democratico è circondato da uomini che disprezzano la democrazia e lo stato di diritto, che concepiscono la politica come contrapposizione frontale, come scontro risolutivo. Una responsabilità seria in proposito ce l'ha anche Berlusconi, per il suo anticomunismo. "L'anticomunismo accoglie il fascismo, l'antifascismo accoglie il comunismo ", cito Norberto Bobbio.
Mi viene in mente l'espressione del giovane Tancredi, quando nelle prime pagine del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa dice " se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la Repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi " ...Sembra vitale quell'espressione ma non lo è. Anzi è funebre.. è un' ombra lunga dentro il quale si riflette un Risorgimento che voleva essere soluzione storica salvifica e non lo fu. Nel niente che cambia, nel corso della storia d'Italia si annidò il virus di un male dalla varia sintomatologia: gli autoritarismi, le mafiosità, i fascismi ritornanti persino con travaso oltre il limite del secolo ventesimo.

Io mi sono occupato di crimine e politica criminale. Era un modo per reagire alla morte di mio fratello. Capire. A quel senso di colpa che mi porto dietro perché sono vivo. Io volevo molto bene a Gino...ma crimine e politica criminale sono parole ambigue, perché implicano diversi giudizi di valore. Il crimine è inteso come qualsiasi comportamento che può dare luogo a una reazione dello Stato che consiste nell'esercizio della giustizia penale, ordinaria o militare. L'espressione politica criminale è intesa come l'individuazione e il coordinamento effettuati dal Parlamento, dal Governo, dalla Magistratura e dalle forze di polizia, delle leggi e dei mezzi atti a fronteggiare il crimine.
Nella storia italiana la criminalità e le politiche criminali hanno avuto un peso del tutto anomalo, per i confini troppo sottili tra politica e criminalità; per il ricorso troppo frequente al diritto penale o alle misure di polizia come strumenti di governo dei fenomeni economici e sociali.
Pensate, ... dall'Unità d'Italia sino alla fine del secolo scorso, la società italiana travagliata da conflitti sociali darà luogo a dieci dichiarazioni di stato d'assedio, per consentire l'intervento dell'esercito invece delle forze di polizia...

Nella storia della Repubblica i fattori eversivi sono stati sei: i tentativi di colpo di stato, il neofascismo, il terrorismo rosso, le mafie, la P2, il sistema della corruzione. Ciascuno ha avuto momenti di maggiore intensità e manifestazioni specifiche. A volte, alcuni di questi fattori si sono intrecciati l'uno all'altro per meglio realizzare obiettivi comuni.

I tentativi di colpo di stato di cui siamo a conoscenza, per merito di inchieste parlamentari e di processi penali, sono stati tre: nel I964, in coincidenza con la crisi del centrismo e la svolta politica che avrebbe portato i socialisti al governo per la prima volta dopo il I947; nel I970, per reagire alla crescita della sinistra dopo gli avvenimenti della fine degli anni sessanta, lotte operaie, movimento studentesco, movimento femminista; nel I974, per contrastare una fase di crescente consenso politico al Partito comunista italiano.

Il terrorismo neofascista, in combutta volta a volta con settori di apparati dello Stato, con la loggia P2 e con organizzazioni mafiose, a partire dalla prima metà degli anni sessanta si è manifestato con 11 stragi, I50 morti e 551 feriti'.

I1 terrorismo di estrema sinistra, quello delle Brigate rosse, in particolare, ha avuto la sua manifestazione caratteristica in una serie di omicidi o di lesioni (le cosiddette «gambizzazioni») di carattere selettivo.
Sono state colpite circa 1OOO persone che per il loro ruolo specifico, magistrati, poliziotti, agenti di custodia, giornalisti, operai, arrecavano danno alle organizzazioni terroristiche o potevano rafforzare, nell'immagine dei ceti popolari, la credibilità di apparati dello Stato o di organizzazioni sindacali e politiche.

Le organizzazioni mafiose hanno adottato sistematicamente la strategia dell'omicidio politico, tra la fine del I979 e l'inizio del I980, in singolare coincidenza con il declino degli attentati delle Brigate rosse e dell'eversione neofascista.

La loggia massonica segreta Propaganda 2, detta comunemente P2, fu costituita nel I975 allo scopo di contrastare i successi politici della sinistra che nell'anno precedente aveva vinto il referendum sul divorzio e nello stesso anno aveva vinto le elezioni amministrative conquistando il governo di tutte le maggiori città. Uomini della P2 hanno svolto la funzione di collante tra le diverse organizzazioni eversive; la loggia è così diventata il luogo in cui si sono incontrati, a volta a volta, i capi e i favoreggiatori degli altri fenomeni.

Dal I969, anno della strage di Piazza Fontana, al I980, anno dopo il quale comincia il declino del terrorismo, vengono compiuti, oltre alle stragi, I2 690 attentati, che provocano la morte di 362 persone e il ferimento di altre 4490.

In questo elenco non sono inseriti gli omicidi di mafia. È difficile contarli perché spesso la mafia non lascia alcuna traccia dei suoi delitti. Moltissimi sono gli scomparsi nel nulla, murati nei pilastri di cemento, buttati nei burroni, sciolti nell'acido. Gli omicidi politici della mafia, dopo il decennio degli anni quaranta, quando furono uccisi molti uomini politici locali e molti sindacalisti che si battevano per i diritti dei contadini, e molti appartenenti alla polizia e all'esercito che rappresentavano lo Stato, riprenderanno nel I979, in coincidenza con l'inizio di una maggiore attenzione politica nei confronti del fenomeno.

Non disponiamo di statistiche precise, ma possiamo affermare con sicurezza che nessun paese del mondo avanzato ha avuto, nel secondo dopoguerra un tasso di violenza politica cosí elevato. In nessun paese sviluppato sono stati uccisi tanti appartenenti alle forze di polizia, alla magistratura, alle organizzazioni politiche e sindacali. L'Italia è stata la patria moderna dell'omicidio politico.

La corruzione è un rischio grave al quale sono particolarmente esposti i sistemi politici che, come l'Italia, presentano una ipertrofia delle burocrazie e un eccesso d'intervento del potere pubblico in economia. Il sistema della corruzione è diverso dalle singole corruzioni. Esso si attua quando la esazione di contropartite illegali diventa la regola nel settore pubblico e vede coinvolte anche personalità politiche. La corruzione sistemica svuota le casse dell'erario, altera le regole della competizione democratica e della concorrenza economica, abbassa il livello di civiltà di un Paese, sostituisce ai valori indispensabili per il progresso di qualsiasi comunità civile forme di relativismo etico nelle quali il danaro è la misura di tutte le cose. Il sistema della corruzione sembra aver investito in Italia tutti i settori della vita pubblica e della società civile.

I sei fenomeni sopra indicati non sono stati reciprocamente indipendenti. Hanno avuto, al contrario, significativi momenti di contatto tra loro, formando un " sistema eversivo ". L'espressione indica l'esistenza di un insieme di organizzazioni che non sono riconducibili ad unità, che sono distinte, ma che hanno avuto nella loro storia significative fasi di lavoro comune, di scambio, di contatto, operando tutte per fini specifici ma anche per un fine politico generale, costituito dalla conservazione dei tradizionali equilibri politici nel paese.

Per questi motivi, e attraverso la corruzione, diversi segmenti del sistema eversivo hanno avuto collegamenti con settori del sistema legale.

Le vittime della violenza politica non sono state tutte eguali. Il terrorismo stragista ha ucciso, in genere, cittadini inermi. Sono stati omicidi di massa, nelle piazze, nelle stazioni, sui treni. Bisognava diffondere il terrore nel popolo, punirlo per le sue scelte favorevoli alla sinistra politica o per non essersi opposto duramente a questa parte politica, spingerlo a chiedere ordine a qualsiasi costo.

I brigatisti, invece, hanno selezionato gli obiettivi colpendo in genere uomini che rendevano credibile lo Stato agli occhi della classe operaia. Le Br, per dimostrare la non affidabilità del sistema politico democratico, avrebbero dovuto colpire, in teoria, corrotti e speculatori. Invece hanno ucciso, in prevalenza, persone che per la loro correttezza rappresentavano la faccia onesta dello Stato, persone che davano prestigio ed efficacia all'attività istituzionale.

La mafia ha ucciso moltissime persone, per le ragioni specifiche piú diverse. In una grande catalogazione possono distinguersi due tipi di vittime:
a) Quelle che conducevano specifiche azioni politiche, sindacali, giudiziarie, investigative che danneggiavano gli interessi della mafia e dei suoi alleati. dei suoi alleati, come i commissari Giuliano, Cassarà e Montana;
b) gli strateghi, coloro che oltre a condurre specifiche azioni lesive degli interessi mafiosi, avevano per cultura e per conoscenze una visione strategica della lotta alla mafia ed erano in grado di comprenderne le mosse e di contrastarle prima ancora che esse si verificassero. Strateghi erano, ad esempio, La Torre, Mattarella, Falcone, Borsellino. È probabile, ad esempio, che Falcone e Borsellino siano stati uccisi anche perché erano gli unici che avrebbero potuto capire e denunciare i nuovi rapporti tra mafia e politica dopo l'omicidio di Salvo Lima.

Nell'età repubblicana, dopo la seconda guerra mondiale, hanno convissuto due Stati, quello fedele alla Costituzione e quello fedele al mantenimento dello status quo, che non ha esitato a violare la legge per garantire il predominio di una parte politica sull'altra.

Un aspetto distingue la storia d'Italia da quella di tutte le altre democrazie occidentali: la legalità non è stata accettata come terreno comune da parte di tutti gli esponenti di tutte le forze politiche.
Il rifiuto della legalità non riguarda solo singoli personaggi, ma interi gruppi di potere che hanno cercato con ogni mezzo di rinviare il momento della trasparenza. Basti pensare alla difficile attuazione della Costituzione: la Corte costituzionale venne istituita solo nel I956, in seguito a uno scontro politico durissimo; analoghe difficoltà conobbe il Consiglio superiore della magistratura, istituito solo nel I958, dopo altri scontri.

Nei primi anni della Repubblica, i valori della Costituzione furono concepiti da una parte del mondo politico come pericolosamente sovversivi dell'ordine politico e la loro attuazione, ancora oggi parziale, fu il frutto sofferto di una lotta difficile e lunga. Poi, quando la democrazia è cresciuta, le logiche discriminatorie e autoritarie, prima dominanti, si sono ritirate in ambiti via via sempre piú ristretti. Man mano che la democrazia si espandeva, quelle logiche entravano in clandestinità perché il loro spazio vitale si riduceva. La democratizzazione della magistratura, la smilitarizzazione della polizia, la creazione delle rappresentanze militari hanno reso sensibili ai valori costituzionali corpi burocratici tradizionalmente adusi a seguire gli indirizzi politici dominanti, piú che i valori costituzionali. Per converso le logiche antidemocratiche si sono ritratte nei luoghi ove piú difficile era l'accesso alla Costituzione e alla trasparenza. Questa è la ragione per la quale i noccioli dell'eversione nel nostro paese si sono collocati presso alcuni uffici dei servizi di sicurezza e le logge massoniche deviate: erano le sedi più segrete, quelle nelle quali era più difficile l'accesso della legalità e della trasparenza.
In un'intervista del I995, il senatore Giulio Andreotti, piú volte ministro e presidente del Consiglio, imputato per concorso in associazione mafiosa e in omicidio, ha sostenuto che nel nostro Paese l'anticomunismo è stato la causa principale delle gravissime rotture della legalità. È una interpretazione condivisibile: la democrazia italiana è stata una delle principali vittime del bipolarismo.

Terminata la seconda guerra mondiale, il mondo si è diviso in due parti: una, all'Est, sotto il dominio dell'Unione Sovietica, l'altra, in Occidente, sotto l'influenza degli Stati Uniti. Ciascuno dei due Stati-guida ha dominato senza ostacoli nella propria area e, quando all'interno delle 'ccolonie si producevano eventi capaci di compromettere gli equilibri globali, ciascuno aveva mano libera per ricondurre gli avvenimenti all'ordine prestabilito.

Le svolte antisovietiche di Ungheria (I956) e di Cecoslovacchia (I968) vennero represse militarmente dall'Unione Sovietica, senza alcun serio intervento dell'Occidente. Allo stesso modo le operazioni statunitensi a favore delle dittature sudamericane non trovavano alcun serio ostacolo da parte dell'Unione Sovietica.

L'Italia, per la presenza di un Partito comunista particolarmente forte, per la debolezza strutturale dei suoi governi, per la posizione di cerniera tra l'Europa occidentale e quella orientale, tra l'Europa e l'Africa, è stata pesantemente condizionata.
In sostanza gli attentati servivano ad impedire uno spostamento dell'asse di governo, e anche un nuovo tipo di rapporti internazionali nel nostro Paese.
La spiegazione di quanto è accaduto in Italia dall'inizio degli anni sessanta è tutta qui.
Posto che tutte le premesse elencate corrispondono esattamente a ciò che è avvenuto in Italia tra il I969 e il I980, la dizione " terrorismo di Stato " appare inesatta, poiché tende a coinvolgere nell'attività criminale tutto l'apparato statale, del quale facevano parte molti integerrimi funzionari.

Ciò non significa che sia vera l'opposta teoria - tanto cara ai dirigenti dei servizi segreti e ai saggisti di quell'area - che attribuisce le protezioni offerte allo stragismo a pretese " mele marce " o "schegge impazzite " all'interno dei servizi. Nessuna delle due tesi focalizza ciò che realmente è avvenuto per un quindicennio in Italia, dove ha operato un sistema eversivo articolato e complesso, che aveva importanti centri decisionali nei servizi segreti militari, ma anche negli uffici riservati del ministero dell'Interno, e complicità estese nella polizia, nei carabinieri e nell'alta magistratura. Questo sistema, che taluno ha definito " dispositivo ", ha utilizzato come esecutori prevalentemente neofascisti - molti dei quali perfettamente consapevoli di operare nell'ambito di una strategia di stabilizzazione, altri in parte inconsapevoli - ma anche elementi della mafia e dell'alta criminalità. L'input per questa attività eversiva protratta nel tempo giunse, con ogni probabilità, dall'estero, ma questo non sminuisce le responsabilità di chi promosse, organizzò e protesse l'attività terroristica.

Auspico che il parlamento Italiano approvi le proposte di legge che garantiscono più diritti e solidarietà alle vittime, contemplando anche l'istituzione del " Giorno della memoria " a favore dei caduti per strage, terrorismo, mafia e criminalità comune....così sconfiggeremo quella lungimiranza da grande politico, cinica, di quel Tancredi Falconeri, rosso di pelo, che " affilava i propri coltelli " perché tutto cambiando niente cambi.....