Torna l'immagine di quell'angolo di Piazza Alimonda: jeep dei Carabinieri, il milite Placanica con la mano sul grilletto del revolver puntato all'esterno. Puntato dritto verso la testa celata di Carlo Giuliani, contro due braccia che stringono un estintore, rosso come il sangue che seguirà. Pistola contro estintore. Lo scontro era quello il 20 luglio di cinque anni fa nella Genova blindata del G8, nella città proibita predisposta da Berlusconi a trappole concentriche per i manifestanti. Sappiamo come finì: Giuliani morto ammazzato dal proiettile "deviato" da un sasso (sic!), praticamente un suicidio fra no global. Così un omicidio di regime venne raccontato da un'informazione di regime e ratificato da un magistrato con nessuna voglia di sbugiardare il neo insediato governo nel suo dissennato abuso di forza.
Ora Placanica, ex braccio armato zelante e al tempo incosciente dello Stato, scaricato dalla Benemerita vuota il sacco e racconta al quotidiano Calabria ora le porcherie politiche e militari che i suoi superiori avevano programmato con piano preconfezionato. Placanica rischia di non essere né il primo né ahinoi l'ultimo, c'è da augurarsi che i suoi epigoni non siano più come di se stessi si proclamavano i camerati del Tuscania davanti al milite sparatore ("Benvenuto fra i killer, mi dicevano"), attizzati non sappiamo se solo da esaltazioni ideologiche da "faccetta nera" o da stimolanti chimici alla "Policeman".
Comunque gli intrighi che per decenni hanno insanguinato le piazze del Belpaese non sono tramontati, anzi. L'uso criminale della politica sancito dall'illegalità diffusa del sistema Tangentopoli e giunto a introdurre nuclei crescenti di malaffaristi nelle formazioni politiche con sigle vecchie e nuove sono segnali inquietanti quanto i tentativi di riproporre l'azzeramento fisico dell'oppositore politico come faceva la legge Reale nei Settanta. Nei giorni del G8 genovese con l'alibi dell'ordine pubblico Polizia e Carabinieri vennero istigate all'omicidio, il parafascismo istituzionale nella persona del vicepremier Fini complimentandosi coi responsabili visitava il "Garage Olimpo" di Bolzaneto e della Diaz dove nelle ore seguenti l'omicidio di Giuliani ventenni vennero picchiati e torturati.
L'inchiesta parlamentare all'acqua di rose che ne seguì ha visto un centrosinistra attento a non disturbare troppo una destra vogliosa di mani libere per un ordine pubblico "sudamericano". Centinaia di denunce per le aggressioni e i maltrattamenti su corpi impossibilitati a reagire sono cadute nel vuoto. Si cercava di rimuovere come fosse stato un attimo di follìa un disegno programmato e teorizzato che è proseguito su altri terreni. L'uso dei Servizi per servizi tutt'altro che democratici, basati su spiate e costruzioni di montature seppure dal sapore di grossa bufala, come sta scaturendo dalle rivelazioni sulla commissione Mitrokin gestita dal servo sciocco Guzzanti (il senatore forzista Paolo, naturalmente).
Oppure dal tentativo, in stile amerikano, di manipolare il voto elettorale utilizzando la tecnologia e il ruolo ministeriale di garante - nella fattispecie il dicastero degl'Interni gestito dal vassallo berlusconiano Pisanu - come il sospetto lanciato da Enrico Deaglio sta mostrando. Sospetto per nulla ipotetico. Inquietante e pericoloso in un momento in cui la Sinistra è sempre più morbida e pensa all'avversario politico come incapace di attuare soluzioni antidemocratiche. Sarebbe bene invece meditare. Di peggio il Belpaese ha avuto solo i tentativi di golpe e lo stragismo.
Enrico Campofreda, 2 dicembre 2006