Chi ha ucciso Renato è sceso da una macchina grigia con il coltello in mano. E ha mirato direttamente al petto. Poi ha ferito chi era con lui. La sua ragazza e l'amico di sempre. Erano le cinque del mattino di domenica. Renato Biagetti aveva 26 anni ed era stato a un concerto reggae sul litorale romano, a Ficene, una frazione di Fiumicino. Una serata tranquilla, come tante altre. Fino all'alba quando sta per tornare a Roma, nel quartiere di Grotta Perfetta. Proprio fuori dal chiosco, sulla spiaggia, una macchina grigia metallizzata accosta la vettura dove Renato e i suoi amici sono appena saliti. «E' finita la festa?». «Sì? E allora perché non ve ne andate a Roma?!», ha detto uno dei due che era a bordo prima di scendere con la lama tra le dita. Tre colpi al cuore e ai polmoni di Renato. E ferite più lievi per i suoi compagni di sventura. Lei ha trent'anni, l'altro 29. Saranno loro e qualcuno accorso dal chiosco a fornire ai carabinieri le prime notizie sull'accaduto. Poi ieri sera, quella che sembra una svolta nelle indagini. E, mentre Liberazione va in stampa, una colonna di cronisti si avvia verso la questura di Fiumicino.
Ma parlerà coi carabinieri anche Renato. Lo farà al Grassi di Ostia mentre aspetta un paio d'ore, pare, prima di entrare in sala operatoria. E' lì che morirà, intorno a mezzogiorno. «Dopo un'attesa inspiegabile e inaccettabile», scrivono gli amici e le amiche di Acribax. Perché Renato era un compagno, dei tanti che si riconoscono nelle attività del Laboratorio occupato che una volta era il Cinodromo di Ponte Marconi.
Renato era un ingegnere fresco di laurea e faceva il precario nel rutilante mondo della musica. Tecnico del suono. Un ragazzo come tanti, dolcissimo, amato da tutti. Che altro possono dire di lui alla Montagnola, il suo quartiere, attraversato dai cronisti per tutta la domenica, fino a buio.
Passava ad Acrobax tutti i giorni. Per amicizia, per politica. Suo fratello Dario, "Darione", è proprio uno degli occupanti e animatore della squadra di rugby, gli All Reds, palla ovale e impegno politico per sfatare il brutto mito che avvolge quello sport, un mito che lo vorrebbe macista e fascisteggiante e non denso di lealtà. socialità, rispetto. Renato, invece, gli stessi principi li applicava nel calcio con la maglia tutta rossa. E gli piaceva la musica, il reggae specialmente.
Oggi è attesa l'autopsia, domani o dopodomani, probabilmente, i funerali, anzi «un ricordo di Renato ne suo spazio, Acrobax», dicono i suoi compagni che da 48 ore cercano di capire, di trovare testimoni. Solo ieri sera un primo comunicato: «Non si è trattato di una rissa tra balordi all'uscita di una delle discoteche del litorale ma di uno dei tanti episodi che si iscrive dentro un clima sociale, politico e culturale di intolleranza determinato dalle destre in Italia. Non sappiamo chi sono questi delinquenti ma queste pratiche ci ricordano da vicino le tante aggressioni agli spazi sociali e alle persone che li attraversano che si sono ripetute a Roma e altrove».
«So come la pensava Renato», ha detto la mamma del ragazzo, morto, ai compagni di Acrobax, chiedendo loro di ospitare l'ultimo saluto a suo figlio. Renato era rimasto impressionato da altri funerali, pochi mesi fa nell'ex Cinodromo. Quelli di Antonio, giovane come lui e come lui morto al Grassi di Ostia. Lo stesso annuncio, la famiglia lo ha fatto a Massimiliano Smeriglio, segretario romano di Rifondazione che, prima di essere eletto deputato è stato presidente del Municipio dove vivono i Biagetti e dove ha trovato casa Acrobax. «Il suo assassinio - dice Smeriglio - oltre a costringerci a prendere atto di un'immensa tragedia, ci condanna a troppe domande al momento senza risposta. L'assurdità delle dinamiche in cui sembra essersi consumato sta dando adito a varie ipotesi che vanno dall'atto casuale di "balordi" a quella dell'agguato politico premeditato; ma forse quello che non viene indagato è il terreno esistente tra questi due estremi, un luogo dove l'intolleranza si trasforma in violenza inaudita, in sé già sproporzionata per qualsiasi movente. In questo clima sconcertato, i compagni e gli amici di Renato meritano un plauso per il grande senso di responsabilità e civiltà con cui stanno gestendo la loro rabbia sacrosanta. Ma ciò non significa che dobbiamo rassegnarci tutti a convivere con l'ipotesi di poter morire per aver partecipato ad una dance hall su una spiaggia».
La serata di sabato a Focene era promossa dalla cooperativa sociale che gestisce il chiosco sulla spiaggia, il "Buena Onda". Ieri pomeriggio c'era poca gente, come tutti i lunedì. Ma non c'era la solita musica. «Per rispetto», spiegano Piero ed Ennio. L'altro socio, Vladimiro, è in caserma per la testimonianza. Da quattro anni gestiscono il chiosco, forniscono servizi a chi frequenta la spiaggia libera e organizzano feste con musica. Dal reggae all'elettronica al jazz. Dopo un avvio un po' difficile per la diffidenza dei residenti tutto sembra filare liscio. Focene, 2mila abitanti, è solo un vialone stretto schiacciato tra il recinto dell'aeroporto e il mare. A nord c'è Fregene, a sud, oltre la foce del Tevere, ci sono Fiumicino e poi Ostia. Non c'è nemmeno una vera e propria piazza. Ma certo non è un ghetto. Piuttosto è un classico paese di mare nato alla rinfusa ma sostanzialmente tranquillo. Certe sere d'inverno anche troppo. Si dice che anche la "mafia dei chioschi", virulenta soprattutto sotto Roma, non sia ancora arrivata. «Con Gela, quello di Fiumicino è il posto più abusivo d'Italia anche se negli ultimi anni la situazione sembra cambiare. Non crediamo alla pista politica, altrimenti non sarebbero venuti in due», spiegano al cronista i gestori del Buena Onda. Una signora che abita proprio di fronte indica i cerchi di gesso che segnano le tracce di sangue e i tratteggi della scientifica intorno al corpo di Renato. Sembrano scarabocchi di un ragazzino. Qualcuno ha sentito e visto, è sceso attirato dall'aria strana denunciata dai cani irrequieti dietro i recinti delle villette. Ci sarebbe un identikit e, in serata, si sparge la voce di un nuovo teste che confermerebbe la testimonianza di Laura e Paolo che erano con Renato quando sono arrivati i due della macchina grigia: «Alti, sul metro e ottanta, corpulenti». E italiani. La frase chiave potrebbe essere quella che rimbomba da ore nella loro testa: «Andatevene perché Focene non è un posto per voi». Un'altra voce che circola sul tardi a Ostia dice che potrebbero essere già sotto la custodia dei carabinieri. Al momento di andare in stampa non esiste conferma. Vicinanza alla famiglia e ad Acrobax è stata manifestata anche dal successore di Smeriglio al Decimo Municipio, Andrea Scatarci, dall'assessora regionale al Lavoro, Alessadra Tibaldi, da Anna Pizzo, giornalista di Carta e consigliera per il Prc alla Pisana.