Una premessa, alcune "semplici" domande e una piccola riflessione finale.
Parma, un sabato mattina d'agosto. Un cittadino vede tre persone - una donna, col velo, una bimba con un gioco in mano e un uomo - ferme su un marciapiede; le loro borse della spesa sono a terra e un agente di polizia municipale (ma molti di loro si sentono "sceriffi" e questo sembra causare loro evidente frustrazione) vi fruga dentro mentre un altro, appoggiato alla sua luccicante moto, sta scrivendo qualcosa.
Prima domanda. Un agente di polizia, municipale o no, può perquisire delle persone senza un mandato apposito? Per quanto risulta a me - dopo aver consultato alcuni esperti avvocati penalisti e un "manuale di auto-difesa legale" pubblicato nel settembre 2005 dal Comitato promotore della "Campagna contro l'art. 270 del C. p. e contro i reati associativi" - la risposta è no.
L'episodio che vede perquisita una famigliola che torna dal mercato non sembra infatti riconducibile alla casistica prevista dall'art. 352 e seguenti del codice di procedura penale. In sostanza le ipotesi, che proverò a sintetizzare, sono sei: flagranza di reato o di evasione o quando si debba eseguire un provvedimento dell'autorità giudiziaria; ricerca di armi e/o esplosivi; in casi eccezionali di necessità ed urgenza nel corso di operazioni di polizia; operazioni per prevenire e reprimere associazioni mafiose, riciclaggio; perquisizione di interi edifici o blocchi di edifici per ricerca di armi e/o esplosivi o latitante evaso in relazione a fatti di tipo mafioso, sequestro di persona o traffico di droga; operazioni per la prevenzione/repressione del traffico di stupefacenti.
Ciascuna delle sei fattispecie richiede evidentemente che venga gestita da professionisti della "repressione del crimine" e non da agenti di polizia municipale che farebbero meglio a badare che la gente non venga investita sulle strisce pedonali e altre cose del genere. Anche perché se si fosse trattato di una qualunque delle situazioni sopra accennate - e quindi di una certa pericolosità potenziale - appare almeno deplorevole che nessuna cautela sia stata adottata per salvaguardare l'incolumità della gente e impedire la fuga dei "sospetti criminali".
Nulla di tutto questo è infatti accaduto. La famigliola poteva - per fortuna, ovviamente - muoversi liberamente mentre un agente perquisiva e l'altro scriveva. Né sono stati chiesti "rinforzi". Uno dei vigili, però, ha parlato di operazione di polizia in corso, ragion per cui il cittadino - cioè chi scrive - doveva allontanarsi.
E' avvenuto invece che al cittadino che - nutrendo dubbi sulla legittimità di quella perquisizione - si era fermato per chiedere garbatamente spiegazioni sia stato chiesto a priori di "identificarsi". Difficile negare che possa essere preso per un tentativo di "disincentivazione" della cittadinanza attiva, che facilmente potrebbe degenerare in intimidazione. E nel prosieguo della vicenda, puntuali, sono arrivate infatti le intimidazioni esplicite: la classica minaccia di essere portato in questura ma anche la più "creativa" minaccia di denuncia per interruzione per pubblico servizio.
Il cittadino esibisce comunque il proprio documento ad un agente sopraggiunto nel frattempo che pare essere di grado più elevato poiché assume il comando delle operazioni. Il documento in questione è il tesserino dell'Ordine dei giornalisti e come per incanto l'agente lo restituisce con l'invito a rivolgere eventuali richieste all'ufficio stampa. Il cittadino ribadisce di essersi fermato in quanto cittadino e non in veste di giornalista - anche se una cosa non esclude ovviamente l'altra - e il documento gli viene nuovamente ritirato e questa volta sottoposto a verifica e/o schedatura telefonica. E' corretto tutto questo? Anche in questo caso penso di no.
Il cittadino resta sul posto. Questa volta gli viene intimato di allontanarsi perché «è in corso un'operazione di polizia», al che il cittadino fa notare che nessuna precauzione per garantire lo svolgimento dell'operazione di polizia, e l'incolumità dei passanti, è stata presa, tant'è che in quel momento tra due dei vigili passa tranquilla una signora con la bici a mano, così come altri cittadini sono passati in precedenza senza problemi.
A prescindere dalla possibilità che in tali comportamenti siano ravvisabili eventuali reati e/o comportamenti censurabili - per la qual cosa mi sono attivato presso le competenti istituzioni - sicuramente non contribuiscono a cementare il già vacillante rapporto di fiducia - specie dopo i fatti del G8 2001, tanto per citare un episodio noto a tutti - tra cittadini, o gran parte di essi, e quanti sono chiamati a tutelare l'ordine.
Che io sappia, in Italia non è stato varato alcun provvedimento sul modello del famigerato "Patriot Act" americano. E sarebbe utile che governo e maggioranza si adoperassero, pur tra mille altre priorità, per riportare questo paese a condizioni di vivibilità anche per quanto riguarda i rapporti cittadino-forze dell'ordine.
Concludo con una provocazione. Se inserissimo nel reato di omissione di soccorso il comportamento di quanti, in situazioni analoghe, passano fingendo di non vedere nulla e tirano dritto? Certo, l'Italia è il paese del "tengo famiglia", ma tutto deve avere un limite, credo. E', lo ribadisco, una provocazione, anche perché credo che il problema non sia di inventarsi nuovi reati - semmai si tratterebbe di impedire un uso vergognoso di reati quali devastazione e saccheggio per colpire manifestazioni di dissenso - ma lavorare invece per una crescita di consapevolezza di diritti e doveri (senso civico se il termine risulta meno "comunista"), e di una visione solidaristica dei rapporti.