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NON capisco. E NON mi adeguo.
un commento all'articolo di Alessandro Mantovani apparso sul Manifesto dell'11 giugno 2006, articolo in cui si sostiene l'inutilità della Commissione sul G8 di Genova 2001
Francesco "baro" Barilli
7 luglio 2006

A sorpresa (ma neanche troppo...) Alessandro Mantovani, sul Manifesto dell'11 giugno 2006, scrive che tutto sommato la commissione parlamentare sul G8 di Genova potrebbe non essere utile. Anzi, di più, potrebbe risultare controproducente.
Per sostenere la sua tesi, Mantovani nel suo articolo mischia affermazioni condivisibili (sulla regia e sullo svolgimento della mattanza genovese) ad altre al limite della banalità, ricordando l'inutilità storica delle commissioni in Italia e la loro strumentalizzazione fatta in passato.
Molte di quelle affermazioni possono essere confutate, ma altri si sono già assunti questo compito, svolgendolo egregiamente. Fra gli altri segnaliamo Enrica Bartesaghi, Presidente del Comitato Verità e Giustizia per Genova, e alcuni avvocati del team legale (http://www.reti-invisibili.net/veritaegiustizia/articles/art_7781.html)
Ma è sulla frase iniziale dell'articolo di Mantovani che mi voglio soffermare. Un po' perché quella frase, senza troppi giri di parole, mi fa incazzare, un po' perché da essa discende "a cascata" tutto il resto: "Del G8 di Genova sappiamo abbastanza". Concetto, peraltro, ribadito ed esteso poco più avanti: "Ma oggi grazie a una parte della magistratura, delle forze dell'ordine e della stampa - più quella genovese che quella nazionale, allevata a pane e Viminale - del G8 sappiamo quasi tutto...".
Del G8 genovese NON si sa "abbastanza". Anzi, il Paese in generale ne sa poco o nulla, ma aggiungerei pure che quel poco lo si deve più all'opera capillare (e faticosa, e lenta, e dolorosa...) dell'informazione alternativa su internet, e non certo "a una parte della magistratura, delle forze dell'ordine e della stampa".
Non capisco, sinceramente non capisco dove vuole arrivare Mantovani col suo pezzo. Se, ripeto, l'analisi di base può essere condivisibile, le conclusioni mi sembrano segnare una doppia sconfitta (della ragione e della politica). Una sconfitta ancora più grave perché sembra unita ad un pessimismo e ad una indifferenza di fondo. "Le commissioni parlamentari non sono mai servite a nulla. Per cui non serviranno mai", sembra sostenere l'autore dell'articolo.
Io credo che la Giustizia non passi solo per le aule dei tribunali (peraltro anche in quelle aule non sempre ha vita facile...). Passa anche per la società, di cui il Parlamento dovrebbe fare parte integrante e rappresentarne, per certi versi, il motore propositivo di evoluzioni e correzioni di rotta rispetto al passato. Ad una commissione non si chiede di sostituirsi all'aula di un tribunale, ma di andare al di là delle sole responsabilità individuali, individuando cause ed effetti di una gestione dell'ordine pubblico che a Genova (ma pure prima E dopo...) è stata criminale, per evitarne il ripetersi in futuro.

E' da un po' di tempo che, purtroppo, lo slogan caro al Movimento ai tempi di Genova, "un altro mondo è possibile" non gode di buona salute. Sembra finito in soffitta, senza neppure che si sia provato a dargli concretezza. Voglio provare a riscriverlo oggi, dicendo che "un altro mondo sarà possibile se troveremo un altro modo di fare politica". E quel "modo" passa anche dalla Commissione sul G8 del luglio 2001.
La commissione non è un fine, ma un mezzo. Dovremmo ricordarcelo tutti. E conseguentemente, invece che arrovellarci sul fallimento di questo mezzo in occasioni passate, potrebbe essere più utile rimboccarci le maniche per sostenere la richiesta di una nuova Commissione d'inchiesta sui giorni del G8. Lo dobbiamo a quelli che a Genova c'erano e hanno sofferto per quella che Amnesty International ha definito "la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale".

Francesco "baro" Barilli