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«Basta violenza, basta omertà», Ferrara vuole giustizia
di Francesco Ruggeri
Fonte: Liberazione, 26 gennaio 2006
26 gennaio 2006

Sul cancello dell'ippodromo di Ferrara c'è un cartello che avverte: "Zona del silenzio". Serve alle macchine che potrebbero infastidire i cavalli ricoverati. Tuttavia dall'alba del 25 settembre scorso quel cartello ha un che di sinistro dal momento che a pochi passi un ragazzo è morto durante un misterioso fermo di polizia e chi ha visto non s'è ancora deciso a deporre ma sussurra particolari inquietanti che stanno facendo il giro della piccola città.

La versione ufficiale scricchiola non poco se procura e questura si dannano l'anima a rettificarla ogni volta che la stampa si decide a rispolverare la vicenda. L'autopsia ci metterà almeno un altro mese per essere completata ed è inquietante anche questo. A "violare" la zona del silenzio, però, sono state le centinaia di fiaccole che ieri sera, a quattro mesi esatti dalla morte, hanno rischiarato lo spiazzo dove il disegno di un angioletto in kimono ricorda Federico Aldrovandi, 18 anni due mesi prima di essere trovato morto dal 118, ammanettato con la faccia in una pozza di sangue e segni di manganellate davanti e dietro la testa, lividi da compressione sul collo e lo scroto schiacciato. Che non fosse il malore fatale, che la questura suggerì ai cronisti, fu chiaro da subito bastò guardare la salma e i vestiti zuppi di sangue dalla cintola in su, bastò leggere la perizia tossicologica che dice di tracce di sostanze insufficienti a spiegare la morte e perfino i rapporti degli stessi agenti, che riportarono due manganelli spezzati alla centrale, per capire che non reggeva manco la versione corretta, che dipingeva - più o meno - "Aldro", come lo chiamavano gli amici, come un tipo "tossico" violento per sé e per gli agenti che dovettero chiamare i rinforzi. Grazie al blog, un diario su internet, compilato da sua madre Patrizia e dagli amici, è nato un comitato per chiedere verità e giustizia che sta crescendo in città dove ogni sabato si tiene un sit-in che verrà presto replicato a Bologna e a Venezia, sono spuntati striscioni negli stadi estensi del calcio e del basket, il sindaco, diversi parlamentari e la provincia si sono espressi duramente contro i ritardi in unâindagine affidata alla stessa polizia sebbene chi guida la polizia giudiziaria della procura sia legato sentimentalmente all'unica donna a bordo delle due volanti.

Ma, soprattutto, è stato possibile reperire dettagli grazie a testimonianze informali ma giudicate attendibili dai legali della famiglia. E' così che Liberazione (poi anche manifesto, Corriere della Sera e ora Chi l'ha visto) ha potuto raccontare l'agitazione dei poliziotti intorno al cadavere, il fatto che quella mattina rifiutarono di ricoverarsi dopo essersi fatti repertare, le frasi pronunciate da chi lo fermò e lo tenne immobile a terra con un ginocchio sulla schiena e un manganello sotto la gola.

Una storia in cui tutto accade con un ritardo finora inspiegabile. Tutto fuorché quei due proiettili da caccia, due calibro 12, ficcati nella busta indirizzata a Severino Messina, il capo della procura, e trovata nel centro di smistamento postale la notte di martedì. Ora la digos estense si sta occupando di vagliare il messaggio, una improbabile condanna a morte per un procuratore capo accusato di voler coprire la polizia. A chi giovi un simile plico intimidatorio non è dato sapere. Certo non giova al comitato "Verità per Aldro" già alle prese con l'ostilità dei poteri forti della città. "Senza se e senza ma", la solidarietà del comitato è la prima ad arrivare a Messina. Un gesto del genere, scrivono gli amici del ragazzo morto, serve «a creare uno scontro inaccettabile fra chi chiede verità e chi, per ruolo istituzionale, la deve ricercare». L'intimidazione non è nella cassetta degli attrezzi della folla che sfida nebbia e freddo per parlare a una città, apparentemente indifferente, con la luce delle fiaccole fornite da don Bedin, prete dei poveri di qualsiasi "razza". Uno striscione chiede "Basta violenza basta omertà". Al Viminale, intanto, ci sono corridoi in cui rimbalza la vicenda ferrarese. C'è molta fiducia nell'esito dell'autopsia ma insofferenza per le testimonianze che potrebbero saltar fuori visto che quelle raccolte dalla polizia subito dopo il fatto sarebbero state ottenute con un fare definito intimidatorio e arrogante. Sempre al Vicinale c'è chi promette di tirar fuori le foto della volante (perché così tardi?) danneggiata nella colluttazione di quella mattina e si mette il dito nel clima di sfiducia nella questura che starebbe crescendo ma «quel clima - manda a dire finanche l'Italia dei valori - è alimentato proprio dai massimi vertici della questura contro chi osa chiedere verità e giustizia».


Note: