E' impacchettata la stazione quest'anno, ci sono i lavori di ristrutturazione ma l'orologio è sempre lì ben visibile e fermo a segnare le 10.25. L'ora del boato, dello scoppio della bomba che causò 85 morti e più di 200 feriti il due agosto 1980. Il piazzale della stazione si riempie, venticinque anni dopo più o meno alla stessa ora. Molte persone hanno affollato piazza Medaglie d'Oro, anche sul viale di fronte e ogni tanto guardano il cielo che ha regalato qualche gocciolone. E' stata la gran parte di quella piazza a far partire la bordata di fischi al vicepresidente del consiglio Giulio Tremonti, quest'anno in rappresentanza del governo. Fischi annunciati ma non organizzati. Fin sotto il palco degli oratori. Tremonti parte citando Sant'Agostino e si becca dei sonori «Vattene a casa!». Prova a ripartire e gli urlano «lo devi dire che è stata una strage fascista!». Allora il vicepremier, piccato e un po' a disagio guarda il sindaco Sergio Cofferati: e commenta: «Che bella piazza!». Seimila secondo la questura, diecimila per gli organizzatori, tanti comunque quelli che prima di arrivare in stazione hanno sfilato per il centro della città accanto ai familiari delle vittime. La giornata si apre presto per i parenti, per i sopravvissuti che ancora portano addosso i segni della bomba. Anche loro sono molti, con i figli e i nipoti, ragazzi che non erano ancora nati nel 1980. Di prima mattina, alle 8.45, il ricevimento delle istituzioni nella sala del consiglio comunale, stipatissima. Ci sono il presidente della regione Vasco Errani e il sindaco Cofferati con Paolo Bolognesi il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime e da subito Bolognesi parla della pista medio orientale dietro la strage che in questi giorni ha riacceso la discussione sulla non colpevolezza di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti condannati come esecutori materiali. «Le nuove piste non sono altro che l'insieme dei vecchi depistaggi tirati fuori dal presidente Cossiga e dalla commissione Mitrokhin, una commissione parlamentare che mesta nel torbido» dice Bolognesi e il suo pensiero, trova sostegno in Errani e Cofferati.
Dalla sala del consiglio alla piazza cominciano anche ad arrivare i politici nazionali. Romano Prodi sale a Palazzo d'Accursio sul finire dell'incontro. Quando il professore scende una donna che nella strage venne ferita si ferma con lui, gli parla delle cicatrici che porterà per sempre addosso, gli dice che il suo ricordo non è carico d'odio. A suo modo, Rosa che oggi ha 47 anni è diventata il volto di quest'anno anche per le sue lacrime commosse. Si capisce subito che quest'anno sono in tanti. I familiari li riconosci perché hanno una gerbera bianca sulla camicia o sul bavero della giacca. In prima fila come sempre Lidia Secci, la vedova di Torquato che dell'associazione fu il primo presidente. Non ci sono solo quelli della strage di Bologna. Ogni anno arrivano anche i protagonisti, loro malgrado, di altri lutti. C'è ad esempio Manlio Milani che è il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime di Piazza della Loggia a Brescia, qui per venticinque volte in questi anni. Gli applausi lungo il percorso scandiscono il passaggio del corteo che accoglie ad un certo punto il segretario Ds Piero Fassino, prima di lui è arrivato il capogruppo alla camera Luciano Violante. Tra chi non rinuncia a quest'appuntamento accomunato ai familiari dalla richiesta di verità e giustizia ci sono dal 2001 Haidi e Giuliano Giuliani, i genitori di Carlo, che stanno dietro lo striscione della rete degli Invisibili, un progetto con un sito che merita di essere visitato (www.reti-invisibili.net).
La piazza non è tenera nei confronti di Giulio Tremonti scelto per un ruolo che forse pochi suoi colleghi di coalizione avrebbero voluto visto che generose bordate di fischi i rappresentati dei governi Berlusconi se le sono sempre prese a Bologna. Nessuno sconto anche per gli esecutivi di centrosinistra, neanche per Giuliano Amato che nel '99 era presidente del Consiglio.
Le contestazioni si temevano anche per Sergio Cofferati viste le molte polemiche di questi ultimi mesi che hanno contrapposto il sindaco a Rifondazione Comunista e al movimento. Ma di fischi per lui non se ne sentono, al massimo qualcuno isolato. In diversi invece abbandonano la piazza durante il discorso del rappresentante del governo. Tiziano Loreti, segretario cittadino del Prc, non fischia ma se ne va. E a chi gli chiede un commento, fermo sul binario uno della stazione, risponde secco: «I fischi a Tremonti? Si vede che li meritava».