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Bologna ricorda e fischia Tremonti
Davide Turrini
Fonte: Liberazione 3 agosto 2005
15 agosto 2005

Haidi Giuliani arriva a Bologna che sono già le 10. Il suo treno ha perso venti minuti alla stazione di Modena. Lei si infila, piccola piccola e controcorrente, nel corteo che provenendo da Palazzo d'Accursio è quasi a cento metri dalla stazione. Si avvicina al sindaco Cofferati, scansando a fatica uno stuolo di autorità locali. Lui la riconosce, lei lo abbraccia quasi aggrappandosi e gli sussurra qualcosa all'orecchio: "la legalità deve essere rispettata prima di tutto dai più forti, dai potenti". Il Cinese la guarda, sorride come rappresentanza vuole e le dice: «deve essere rispettata da tutti». Legalità. Una parola che il sindaco di Bologna ama usare da diversi mesi come clava o forse boomerang, verso una parte della sua maggioranza. Rispetto delle leggi per chi occupa le case pubbliche (vuote), per chi vuol bere alcolici dopo le nove di sera (un caffè corretto può però passare). Legalità a trecentosessanta gradi, insomma. E il 2 agosto del 1980, i terroristi fascisti Mambro e Fioravanti così hanno concluso ben cinque processi non si posero di certo il problema del rispetto delle norme e delle consuetudini del buon cittadino: 85 morti, 200 feriti. Uno squarcio, una crepa nel cuore delle famiglie delle vittime, in quello pulsante e vivo di una città che si tiene lì proprio in mezzo al viavai delle vacanze un muro sbrecciato con i nomi dei morti.
E' il 25esimo anno che la ricorrenza si ripete e come ogni dodici mesi rispuntano le dichiarazioni di Cossiga, le piste arabe, l'idea che la verità sia un gioco al rilancio di un tavolo da poker zeppo di sangue. «E' incredibile vedere nei vari telegiornali, terroristi fascisti che danno lezione di democrazia», sostiene il presidente dell'Associazione vittime del 2 agosto Paolo Bolognesi, «come vedere che esiste una commissione del Parlamento di questo paese che rimescola nel torbido per smuovere le acque e nutrire dubbi sulle sentenze passate in giudicato sulla strage di Bologna». Così la rabbia e il dolore dei familiari non si placa, mai. Come quella signora vestita di turchese che nascosta da grossi occhiali neri e abbracciata a un'ipotetica figlia, fin dalle otto e mezza della mattina comincia a piangere ancor prima dell'incontro tra familiari e autorità. Non le chiediamo il nome, non le chiediamo chi ha perso e quanto le manca. Lei rimane affranta e abbracciata alla figlia per tutta la mattina. Anche Giuliano Giuliani, che sta dietro allo striscione delle "Reti meno Invisibili", è visibilmente commosso: «Siamo qui anche noi, per ribadire il fatto che si deve sconfiggere la logica dell'impunità e il filo nero che unisce tutte le vittime degli attentati fascisti, delle porcherie delle armi come Ustica, dei morti ammazzati ingiustamente dalle forze dell'ordine. Su nessun episodio da Portella delle Ginestre fino ad oggi in Italia c'è stata voglia di fare chiarezza». Un messaggio forte e preciso quello delle "Reti meno Invisibili" (www. reti-invisibili. net) spedito ai mittenti prossimi del governo che pare verrà. Che poi sono tutti lì i papabili ministri dell'Unione: Prodi, defilatissimo; Fassino che arriva in mezzo al corteo e metà manifestazione, con un'entrata degna di Wanda Osiris; Violante e Caselli, silenziosissimi. Mai tanta partecipazione e presenza fisica per il due di agosto. Speriamo sia interesse reale e non semplice comparsata elettorale, perché nessuno si ricorda a memoria grandi passi avanti, all'epoca dell'Ulivo, sulla questione bolognese, su omissis e silenzi di stato, sui morti e sulle vittime di mezza Italia ancora senza un colpevole. Come nessuno ricorda, nei venticinque anni passati, la pioggia che cade sulle teste delle persone in corteo il due di agosto. Piove a sprazzi, per qualche minuto, giusto per far riecheggiare un "piove governo ladro". Fino a quando letteralmente sbuca dal nulla il vice-ministro Tremonti che dopo Cofferati e Bolognesi, prende la parola a nome del governo della Repubblica italiana. Ma l'ex gestore del dicastero delle finanze è subissato ancor prima di aprire bocca da una bordata assordante di fischi. La situazione è quasi comica, perché Tremonti pare ci tenga a far bella figura e magari i fischi, che in questa piazza non sono mai stati risparmiati a nessuno, proprio non se li aspettava. Abbozza un tentativo stridulo, tipicamente tremontiano, con un «Sono...» che si strozza in gola. Il vice-ministro si gira alla sua destra, cerca con lo sguardo Cofferati. Il sindaco si avvicina, impettito, palliduccio e si becca un sussurro governativo che i microfoni registrano nitidamente: «Bella piazza, eh?». Poi Tremonti riparte con «Sono onorato e commosso di essere qui oggi». La gente - quasi tutta e non i famosi quattro gatti - si volta e se ne va urlando improperi e segnalando il proprio dissenso. L'ex ministro della finanza creativa si lancia in un'oratoria creativa dove si citano Sant'Agostino e la tolleranza, i morti per la resistenza e Sant'Anna di Stazzema, fino a giochi di parole marzulliani come «questi segreti di stato o questo stato dei segreti». Esilarante. La malaparata si conclude in pochi minuti. La piazza si svuota. Si registra l'algida assenza dell'ex sindaco Guazzaloca e del presidente Casini che da lontano tuona: «Con l'odio e con gli insulti non si onorano i nostri morti: ancora una volta il macabro rituale dei fischi offende Bologna e i suoi cittadini»: da una bella piazza, signor vice ministro Tremonti, piena di tanta bella gente. Come da 25 anni a questa parte.