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Strage di Viareggio, «Camusso da che parte stai?»
Checchino Antonini
26 luglio 2014

La vicenda è nota ma non molto frequentata dai media nazionali: è la notte del 29 giugno di cinque anni fa, nella stazione di Viareggio si stacca un binario, deraglia un treno, si capovolge una cisterna. 35mila litri di Gpl si spandono nell'aria, entrano nelle case dove si dorme ormai con le finestre aperte. Succede il finimondo. 32 morti nell'esplosione, bruciati vivi sul colpo o dopo un'agonia di ore o giorni, sfracellati contro i muri o schiacciati dai crolli. Nomi di persone di tutte le età, viareggini di origine o per forza come i migranti.

Un sopravvissuto, con addosso tutti i segni di quella notte, legge i nomi di ciascuno e chiama l'evento per nome: strage. Si tratta di Marco Piagentini che nella strage ha perso la moglie Stefania Maccioni e due dei tre figli, Luca e Lorenzo, di 5 e 2 anni. Intorno a lui, all'ombra della pineta di Viareggio, duecento persone almeno, arrivate da tutta Italia per la festa dell'opposizione Cgil (Il sindacato è un'altra cosa). I superstiti intendono avere un faccia a faccia pubblico con Susanna Camusso, ospite del dibattito in cartellone. Un'altra familiare delle vittime, Daniela Rombi, ricorda che non è la prima volta che si cerca un confronto con la segretaria generale di Corso Italia. Prima il 2 aprile scorso: volevano parlare al congresso Filt Cgil di Firenze perché era annunciata lì la presenza di Moretti, l'ad milionario di Trenitalia e imputato per la strage. Avrebbe discusso di sicurezza e trasporto sostenubile ma, vista la parata di familiari, avrebbe rinunciato. La Filt, il sindacato di cui lo stesso Moretti è stato leader, tira fuori un comunicato imbarazzato che peggiora il clima. Il comunicato parla di tensioni locali estranee al congresso. Estranee al congresso di chi dovrebbe occuparsi di sicurezza del lavoro? I familiari non riuscirono a entrare e restarono fuori con Riccardo Antonini, sindacalista ferroviere licenziato in tronco per infedeltà all'azienda dopo essere stato nominato consulente da chi perse per sempre qualcuno di caro quella notte infame. Per lui la Filt avrebbe trovato solo il tempo di qualche ora di sciopero provinciale.

Il 6 maggio, a Rimini, si ripete la scena al congresso nazionale della Cgil che accoglie in platea il ministro Lupi e l'immancabile ad, ex burocrate, Moretti che più tardi sarebbe stato mandato da Renzi a dirigere Finmeccanica. Moretti passò da una porta non principale e i familiari delle vittime della strage restarono fuori un'altra volta.

Così, l'opposizione in Cgil ha voluto organizzare in proprio quel faccia a faccia dando la parola ai familiari delle vittime, all'Assemblea 29 giugno. «Riccardo è un simbolo per noi - dirà Sergio Bellavita, portavoce di Il sindacato è un'altra cosa - e la Cgil sta con i lavoratori e con i familiari delle vittime».

«Noi pensavamo che fosse, la Cgil, il sindacato degli ultimi, quella grande organizzazione che accoglie e difende - dice alla Camusso la rappresentante delle vittime, mamma di Emanuela Menichetti, morta a 21 anni dopo oltre 40 giorni di agonia per le ustioni - in cinque anni ci siamo dovuti ricredere. Cosa avete fatto per noi? E che cosa per Antonini? Coccolate Moretti e noi non siamo ospiti graditi al congresso. Perciò la Cgil (che s'è costituita nel frattempo parte civile, ndr) non è gradita al nostro processo! Chiediamo un aiuto "fisico", materiale: vi dovete arrabbiare!».

La risposta della segretaria generale della Cgil si farà attendere, sembra che stia per partire una contestazione ma i familiari delle vittime restano in prima fila fino alla fine del dibattito di due ore tra Camusso, Rinaldini, Masini e Bellavita. Solo allora Camusso spiega la sua fatica a parlare di fronte a un dolore così grande. Ma sarà piuttosto netta nel ribadire che lei con le controparti ci deve parlare. Un conto è un tavolo di trattativa - dice più di qualcuno dalla platea - un conto è invitarlo a un congresso! E i familiari insistono, indignati dalla carriera di Moretti, un rinviato a giudizio, grazie a Renzi. Camusso a questo punto tira fuori la faccenda del garantismo, sia rispetto a Moretti che non è ancora stato condannato, sia rispetto ad Antonini, il cui licenziamento è stato avvallato da un tribunale.