«Quando sono arrivata vicino ai poliziotti ho detto, non so se a me stessa o a qualcuno attorno, che lui in quella posizione stava soffocando. I poliziotti, quando Ferrulli ha perso i sensi, erano arrabbiati con se stessi, dicevano delle cose tra loro e il concetto era che la situazione gli era sfuggita di mano».
Per la morte di Michele Ferrulli è in corso a Milano un processo che vede quattro poliziotti imputati di omicidio preterintenzionale. Quella qui sopra è la voce di una delle testimonianze, è stata ascoltata il 7 maggio in Aula. Una farmacista che lavora nella zona del delitto, via Varsavia, ha riferito quello che vide il 30 giugno di due anni fa mentre i quattro arrestavano l'uomo «prono a terra con le braccia dietro la schiena, diceva "aiuto, aiuto"».
Poco prima, in farmacia, il marito della teste le aveva detto che «fuori c'era qualcuno che mandava la musica a palla». Una banale segnalazione di schiamazzi. La testimone ha descritto la scena dell'arresto come «quella dell'arrestato a Montecitorio», ovvero di Luigi Preiti che, pochi giorni prima dell'udienza, aveva sparato a due carabinieri: «C'era uno che lo teneva fermo quasi in ginocchio e gli altri attorno». Poi, quando Ferrulli perse i sensi, «l'hanno rigirato, gli hanno dato degli schiaffetti e hanno cercato di rianimarlo e poi hanno chiamato il 118. Poi è arrivata la moglie di Ferrulli che gridava "me l'avete ammazzato di botte"».
Ferrulli, viveva in quel quartiere e la teste non lo ricorda come «un violento, anzi, aveva sempre un sorriso per noi».
Pesava 147 chili Michele Ferrulli ed era alto nemmeno 1 metro e 80. Obeso e iperteso. Il 30 giugno del 2011 stava ascoltando musica ad alto volume a Milano, in via Varsavia, davanti a un bar. Per gli uomini della volante che intervennero era troppo aggressivo e «ostile». Quindi fecero venire un altro equipaggio. Seguì una colluttazione così sopra le righe che i quattro agenti subiranno un processo ma non per eccesso colposo nell'omicidio colposo del Ferrulli - come scritto nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari - bensì per omicidio preterintenzionale perché le manganellate di quella sera e le modalità dell'intervento lo fecero fuori.
Alle 22 arrivarono sgommando le volanti. 13 minuti dopo fu avvisato il 113. Mezz'ora di manovre rianimative non servirono a nulla. Alle 22.50 verso l'ospedale si mossero ma l'uomo ci arrivò cadavere. E, il giorno appresso, secondo il pm, i quattro firmarono pure un rapporto artefatto smentiti da un telefonino di nuova generazione che li avrebbe immortalati mentre lo pestavano di brutto che lui era già a terra. L'autopsia del 5 luglio parlerà di insufficienza contrattile acuta del ventricolo sinistro con edema polmonare e cerebrale. La sbornia di quella sera, secondo i medici, non c'entrava nulla con la morte. L'avevano ucciso le botte.
Domani, nell'anniversario, la famiglia e il comitato di quartiere (oltre al circolo di zona del Prc) torneranno a chiedere verità e giustizia con un dibattito alla Cascina Colombe dove sarà possibile firmare le tre leggi su tortura, droghe e carcere. Ci saranno la figlia Domenica, il legale Fabio Anselmo, Ilaria Cucchi e Lucia Uva, Checchino Antonini di Liberazione, Italo Di Sabato dell'Osservatorio e una delegazione di Acad, l'associazione che si batte contro gli abusi in divisa e che sta per attivare un numero verde.
Poi verrà intitolato un murale alla vittima di malapolizia e una fiaccolata, dalle 21, sfilerà per via Varsavia e nel quartiere.