Assolto, anche se non con formula piena ma per insufficienza di prove. Il che fa dire ai famigliari di Massimo Casalnuovo, morto a 22 anni "andremo avanti". Oggi era il giorno della udienza per la morte del giovane di Buonabitacolo, deceduto dopo essere caduto dal motorino. Il pm Michele Sessa aveva individuato nel vicecomandante dei carabinieri Michele Cunsolo il colpevole di quella assurda morte. Tanto da arrivare a chiedere il massimo della pena per omicidio preterintenzionale e danneggiamenti.
Un'attesa, quella della famiglia di Massimo, che è durata quasi due anni: quella maledetta sera del 20 agosto Massimo stava tornando a casa dopo aver fatto un giretto su un motorino appena riparato, lui che lavorava nell'officina meccanica del padre. Svoltò a una curva poco distante da casa, e proprio lì dietro si era "appostati" i carabinieri che avevano deciso di multare tutti quelli senza casco. Nessun segnale che informasse automobilisti e motociclisti che c'era un blocco. Secondo la versione dei carabinieri Massimo tentò di evitare il blocco, per questo scivolò e morì. Secondo la versione di alcuni testimoni, invece, Massimo aveva preso la curva alla larga solo perché non si era accorto che c'era un blocco, e il vicecomandante, che voleva fermarlo a tutti i costi, diede un calcio al motorino provocando la rovinosa caduta del ragazzo.
Una versione che ha convinto il pm, che aveva raccolto anche prove di fatto, come l'impronta del calcio sul motorino. Indagini lunghe, lunghissime, più di un anno e mezzo. E oggi, in un'altra giornata di estate, la famiglia di Massimo - che non è mai stata chiamata in Procura - attendeva l'inizio di un processo, in cui speravano di poter ascoltare i testimoni, veder ricostruita la vicenda davanti agli occhi imparziali di un giudice.
Ma è stata una attesa vana: come era prevedibile il difensore di Giovanni Cunsolo, Renivaldo Lagreca, ha consigliato al maresciallo il rito abbreviato, quello che si svolge solo sulla lettura degli atti. E gli atti ci sono ma - ad esempio - le testimonianze sono riportate in forma riassuntiva. Non è la stessa cosa sentire i testimoni, e poter loro fare delle domande.
La Camera di Consiglio è durata quattro ore. Poi la sentenza del giudice Enrichetta Ciuffoli: assolto per insufficienza di prove. "Aspettiamo di leggere le motivazioni, la formula è dubitativa, bisogna ragionare. Nel nostro ordinamento vale il brocardo in dubio pro reo: in mancanza di prove sicure, la sentenza è favorevole all'imputato", spiega l'avvocato di parte civile Cristiano Sandri.
La strada del rito abbreviato era sicuramente la meno impervia per l'imputato in un caso come questo. Un caso che ha molti risvolti oscuri e poco chiari, come il fatto che in ospedale arrivò prima il maresciallo per farsi curare una ferita che il povero Massimo in fin di vita. In paese e sui social network è molto attivo il Comitato "Verità e Giustizia per Massimo", che non ha mai smesso di denunciare sospette collusioni di potere. Come quando qualche giorno fa su un sito di informazione locale venne pubblicato un incredibile panegirico del maresciallo Cunsolo, a solo pochi giorni dall'avvio del processo.