La sera del 30 giugno 2011 Michele Ferrulli stava ascoltando musica e ballando con due suoi amici davanti a un bar in via Varsavia, a Milano. Un inquilino infastidito dagli schiamazzi chiama le forze dell'ordine. Arriva una volante e dopo un veloce scambio di battute un poliziotto sferra uno schiaffo a Michele, senza alcuna ragione, nel frattempo giunge un 'altra volante.
E' un attimo e scatta il pestaggio: Michele, un uomo di 51 anni viene buttato per terra e i quattro agenti di polizia iniziano a picchiarlo selvaggiamente. Smetteranno solo quando l'uomo sarà morto.
I quattro agenti, quella notte, firmano un verbale di servizio descrivendolo come un violento che ha tentato di aggredire uno di loro. Secondo la versione ufficiale la causa di morte sarebbe stata un malore.
In altri paesi c'è un nome diverso, si chiama tortura. Mentre era a terra Michele Ferrulli gridava «Aiuto... Basta!».
Diverse persone vedono tutto, qualcuno riprende la scena con un telefonino. Grazie alle ricerche di Domenica, la figlia di Michele, è stata rintracciata la donna che ha girato quel video e grazie a tutto ciò è stato possibile arrivare a un processo che domani entrerà nel vivo con le testimonianze dei familiari di Ferrulli e delle persone che erano in via Varsavia. Nel pubblico gli amici che hanno dato vita a un comitato per verità e giustizia su questo ennesimo caso di malapolizia.
Ma arrivare al capo di imputazione non è stato facile. Il 19 aprile 2012, la procura termina le indagini derubricando l'omicidio preterintenzionale a omicidio colposo e dichiarazioni false. Il 20 luglio, l'udienza preliminare vede Fabio Anselmo, legale dei Ferrulli ma anche degli Aldrovandi, dei Cucchi e di Lucia Uva, chiedere che venga ripresa in considerazione l'originaria imputazione. Il 17 settembre il Gup accoglie la sua richiesta ma la prima udienza registra, il 4 dicembre un primo rinvio rimanda all'udienza di domani che inizierà con la decisione sulla presenza o meno di telecamere in aula.