I cavalli sono la vita di Isidro Luciano Diaz: cittadino argentino di 41 anni, di cui 23 passati in Italia, un allevamento tutto suo, El Gaucho, e una brutta storia che gli ha rovinato l'anima. Il 5 aprile del 2009 stava tornando da un rodeo, dove aveva gareggiato e vinto, per tornare al suo ranch vicino Lecco: una cavalla doveva sgravare, lui voleva esserci. Una pattuglia dei Carabinieri ferma il suo Suv che fila veloce, e qui la verità comincia a smarrirsi.
Secondo i militari l'uomo li minaccia con un coltello, è ubriaco, bisogna ammanettarlo con la forza e portarlo in caserma a Voghera. Secondo Isidro, invece, è lui a consegnare spontaneamente il coltello che tiene in macchina, protetto dalla fodera di sicurezza: gli serve per lavoro, ma ha avuto in passato una condanna per minacce e non vuole altri guai. La reazione dei due carabinieri, secondo Isidro, è subito violenta: botte, minacce e insulti. Trattamento che continua in caserma. Una notte da incubo, sbattuto contro le pareti e preso a calci, spaventato a morte. "Chiedevo di vedere un medico, di chiamare il pronto soccorso, non mi hanno neanche mandato in bagno - ha raccontato Isidro. Ho urinato sul pavimento, e il giorno dopo la guardia mi ha detto: "A casa tua fai così"? Ha avuto anche il coraggio di dire questo...".
La mattina dopo, davanti al giudice di Tortona che doveva valutare la sua posizione, Isidro accetta il patteggiamento a un anno di reclusione con arresti domiciliari, e pure la condanna a resistenza a pubblico ufficiale. Ma, una volta uscito dal tribunale, Isidro capisce che la storia non può finire così. Ha i timpani sfondati, gli occhi tumefatti, la schiena abrasa.
Da casa sua chiama il 118, ma l'ambulanza non arriva: sappiamo chi sei e cosa hai fatto, devi arrangiarti. Decide quindi di andare all'ospedale da solo, gli dicono che dovrà curarsi, operarsi: i danni all'udito e alla vista saranno permanenti anche dopo sei interventi chirurgici e tre anni passati da un dottore all'altro.
Isidro decide di sporgere denuncia, e cominciano le indagini. Inizialmente i due carabinieri che l'avevano fermato in auto sono accusati di lesioni, violenza, omissione e falso in atto pubblico, ma vengono rinviati a giudizio solo per il falso. Tutte le altre accuse decadono, caso archiviato. Il pm però ricorre in Cassazione, e la corte decide per un nuovo processo. Si torna a ricostruire quella giornata, si guardano le foto, i referti medici, le cartelle cliniche di Isidro. Intanto, lo scorso gennaio, uno dei due militari viene condannato a due anni e tre mesi di reclusione per lesioni: è un procedimento che viaggia in parallelo, un verdetto che delude Isidro.
"Perché solo un condannato? E l'altro?" si domandava temendo che la giustizia italiana si fermasse lì. Invece ieri qualcosa è cambiato. Il processo scaturito dalla decisione della Cassazione ha portato a un risultato che l'avvocato di Isidro giudica importante: i sei carabinieri che componevano il Norm, nucleo operativo radio mobile, sono stati rinviati a giudizio per lesioni e falso. "Speriamo stavolta si faccia chiarezza fino in fondo" dice Fabio Anselmo, legale che, oltre al caso Diaz, ha seguito le vicende Cucchi e Aldrovandi.
L'Associazione A Buon Diritto è stata ammessa come parte civile al processo, e anche questa è una novità, perché i pestaggi in caserma e la violenza per mano delle forze dell'ordine sono diventati temi sensibili. A Vigevano però il clima è ostile alle indagini. Chiudere la storia con una singola condanna poteva essere un buon compromesso, ora il discorso si riapre. I sei carabinieri sono tutti in servizio effettivo, e uno di loro opera direttamente per la Procura di Vigevano.