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"Fascisti a Milano. Da Ordine nuovo a Cuore nero", un libro di Saverio Ferrari
Bianca Bracci Torsi
Fonte: Liberazione, 28 ottobre 2011
28 ottobre 2011

Non fatevi fuorviare dal titolo: Fascisti a Milano. Da Ordine nuovo a Cuore nero, ultima fatica di Saverio Ferrari (Ed. Bfs - Pisa, pagg. 150, euro 14,00), è la storia, lucida e rigorosa, basata su documenti giudiziari e testimonianze inoppugnabili, della estrema destra italiana, dalle Squadre d'azione Mussolini, struttura terroristica clandestina del dopoguerra, a Ordine nuovo, nato dalla prima scissione del Msi e legato al gruppo più radicale della prima Internazionale nera, da Ordine nero ai Nar (nuclei armati rivoluzionari), coinvolti in tutte le stragi italiane, dalle organizzazioni della tifoseria al variegato mondo degli skinhead. I fondatori e i dirigenti si chiamano Pino Romualdi, Stefano delle Chiaie, Valerio Fioravanti, Pino Rauti e Roberto Fiore, tutti transitati in periodi più o meno lunghi e tempestosi, per Milano, base e rifugio delle diverse realtà neofasciste e neonaziste italiane e punto di riferimento dei gruppi dell'estrema destra americani ed europei, con solidi collegamenti nei paesi governati da regimi di destra come la Spagna, la Grecia, il Cile oltrechè con i servizi segreti, più o meno ufficiali, dell'intero campo anticomunista.
E' la storia di una realtà composita, caratterizzata da un susseguirsi di scissioni e riconciliazioni non solo all'interno dell'estrema destra ma anche nei rapporti con la destra moderata e di governo che vedono un continuo entrare e uscire di giovani e di personaggi noti e popolari. Si è verificato anche qualche caso di presa di distanze, e perfino di condanna verbale, imposta ai partiti e alle coalizioni della destra ufficiale da reati particolarmente gravi e dalle loro conseguenze giudiziarie riguardanti alcuni camerati, ma in generale anche i gruppi più violentemente antisistema si mobilitano nelle campagne elettorali - previa scelta dei candidati più vicini ideologicamente o più disposti ad intervenire in caso di bisogno - e sono numerosi e noti i casi di candidatura ed elezioni a vari livelli e di nomine a responsabilità politiche di uomini con precedenti giudiziari assai pesanti.
Un rapporto senza scosse è invece quello fra destra estrema e organizzazioni criminali nel quale la vicinanza politica è rafforzata da comuni interessi. "Non fu la sconfitta della strategia della tensione consumatasi verso la metà degli anni 70 - scrive Ferrari - a gettare nelle braccia della malavita milanese molti esponenti di spicco della piazza di destra. I rapporti, con ogni evidenza, preesistevano da tempo in termini assai solidi e ramificati".
I gruppi da stadio combattono le tifoserie avversarie, oltre ai nemici politici, ma contrattano con le proprie società i biglietti a prezzo di favore, gli abbonamenti e i gadget, cioè denaro sonante, e le trattative comprendono anche la minaccia e la tentata estorsione, con il valido (e non gratuito) aiuto di boss di Cosa Nostra. Un giovane dei Guerrieri ultras milanisti, già denunciato per avere accecato con un pugno un appartenente a un club rivale, aveva fatto da palo e portato in salvo sulla sua auto, a Segrate, il killer assassino di una avvocatessa siciliana condannata dal clan di Peppe Onorato.
Oltre a un comune impegno nel traffico di droga, di armi, di gioielli, di banconote e monete false, neofascisti e mala tentarono anche attività "produttive" come la fabbricazione di armi, in diverse officine del Veneto, che il clan di Cutulo si occupava di vendere, e il reclutamento di combattenti mercenari per conto di non precisati stati africani. I sanbabilini degli anni Settanta, che effettuarono in meno di cinque anni 180 aggressioni, 30 incendi, 35 lanci di bombe a mano, 63 di molotov e 10 accoltellamenti, uno dei quali uccise un giovane e ridusse in fin di vita la sua fidanzata, aggrediti perchè "vestiti da comunisti", erano ragazzi della Milano bene e malavitosi solitari o aderenti a bande locali che univano al terrorismo politico furti e rapine.
Uguale la composizione della banda Cavallini (anni Ottanta) il cui capo Gilberto, classe 1952, milanese di famiglia fascista per anni iscritto al Msi, assassino di uno studente di sinistra alla Città studi di Milano e, insieme a Luigi Ciavardini, del giudice Mario Amato a Roma, era legato a Valerio Fioravanti che operò con lui a Milano insieme al fratello Cristiano, a Francesca Mambro, a Stefano Solerini e a Mauro Addis, criminale comune. La banda Cavallini alternava azioni politiche a rapine e regolamenti di conti con sospetti confidenti della questura o rei di scorrettezze nei confronti della banda o dei suoi "amici".
In questa storia ogni antifascista troverà riscontri (e preoccupate riflessioni) con la realtà in cui vive e insieme una dettagliata informazione sulla estrema destra milanese che Ferrari descrive come "in continuità" con le proprie tradizioni, dal dopoguerra in avanti, di roccaforte del neofascismo più duro e squadrista della Repubblica sociale italiana e della sua tragica alleanza con il nazismo - che oggi riporta a una stretta alleanza con la destra istituzionale su un terreno che gli ultimi due sindaci hanno favorito rilegittimando quel passato e quei miti e alimentando una campagna culturale revisionista per annullare o depotenziare i valori dell'antifascismo e della guerra di Liberazione.
Il libro si chiude con questo allarme e con una speranza, che è anche un appello al nuovo sindaco e alla sua giunta che "per questi disegni e per la estrema destra milanese... potrebbero rappresentare una pesante battuta d'arresto".