A due settimane dalla manifestazione di Roma e ad una da quella della Valsusa è possibile una valutazione non solo di questi eventi ma della complessiva situazione dell'ordine pubblico e delle politiche autoritarie nel Paese.
La nostra analisi deriva dalla conoscenza diretta delle situazioni che gli avvocati presenti nei legal team locali hanno potuto monitorare.
La manifestazione di Roma ha visto all'inizio gravi episodi di danneggiamento che si sono potuti svolgere indisturbati, in quanto le violenze non potevano certo essere fermate dalle proteste del corteo.
Parallelamente, senza alcuna contiguità fisica nè spaziale, in Piazza San Giovanni sono iniziate cariche violente e non giustificate, dato che non vi era stato il benchè minimo turbamento dell'ordine pubblico.
A queste violenze si sono opposti migliaia di manifestanti, che vedevano minacciata la loro incolumità (al termine si conteranno circa 130 feriti "ufficiali" oltre a quelli che non sono andati in Ospedale a Roma) e si sono trovati costretti a difendersi.
La polizia in serata ha arrestato dodici persone, che non facevano parte dei gruppi che hanno causato danni alle cose all'inizio del corteo.
Nove di esse sono ancora in carcere, nonostante siano accusate soltanto di resistenza e quindi non vi siano a loro carico elementi che indichino la loro partecipazione ad attività violente.
Nei giorni successivi sono stati arrestati a Roma alcuni minorenni e in altre città si sono avuti arresti, identificazioni e perquisizioni, che non hanno dato alcun risultato, se non di aumentare il generale clima di intimidazione contro il movimento.
L'imponente corteo della Valsusa si è svolto senza alcun episodio di violenza e deve far riflettere il fatto che i media prima hanno evocato e quasi pregustato lo scontro fisico e poi, svoltasi e conclusasi la manifestazione in modo pacifico, hanno relegato la notizia nelle pagine interne.
Lo spropositato spiegamento di forze da parte di polizia e carabinieri, rafforzato da reparti militari dotati di mezzi blindati abitualmente impiegati in Afganisthan, ha prodotto un artificiale clima di tensione che non ha dissuaso migliaia di persone dal partecipare alla protesta.
Occorre comunque ricordare che nelle settimane e nei mesi precedenti sono state arrestate o denunciate decine di persone colpevoli soltanto di aver manifestato attivamente il loro dissenso rispetto ad un'opera inutile e dannosa.
A Roma si è visto come gli scontri siano provocati essenzialmente dalle modalità operative delle forze di polizia. Esse sono state assenti durante i danneggiamenti iniziali e hanno avuto invece un ruolo decisivo e nefasto nel dar luogo ad attacchi ingiustificati che hanno provocato la naturale opposizione dei manifestanti e sono stati utilizzati per attizzare campagne di stampa volte a comprimere il diritto di manifestare.
In Valsusa le forze di polizia si sono limitate ad un ruolo di controllo (oltre che di intimidazione), anche perchè la configurazione del terreno rende impossibili le tattiche usualmente utilizzare nelle città; di conseguenza non si è verificato alcun incidente, mentre i cittadini non hanno desistito dalle pratiche non violente che caratterizzano le lotte della Valsusa.
Subito dopo i fatti di Roma in molti hanno chiesto un ripristino della Legge Reale (che in realtà per molti aspetti è tuttora in vigore) e nuovi interventi legislativi volti a reprimere il dissenso e il diritto di manifestare.
Per intanto non vi è stato alcun provvedimento, ma le voci che trapelano indicano la possibilità di estendere alle manifestazioni politiche le norme utilizzate per reprimere la violenza negli stadi (DASPO ed altre misure amministrative), la creazione di nuove figure di reati e altre misure atte a rendere più difficile l'organizzazione di manifestazioni (cauzione a carico degli organizzatori per gli eventuali danni provocati durante i cortei).
Si tratterebbe in paete di misure amministrative di polizia, emanate senza alcun controllo dell'Autorità Giudiziaria, non ammissibili in uno stato di diritto.
Una bozza del c.d. "decreto sviluppo" indica la volontà del Governo di classificare il tunnel geognostico di Chiomonte come opera di interesse strategico, rendendo di fatto il tunnel e tutta la valle zona militare, analogamente a quanto deciso in Campania per le discariche.
In questo modo verrebbe praticamente eliminato il diritto costituzionale di manifestare in una vasta area del Paese.
Come detto non vi è certezza sulle norme che saranno eventualmente introdotte, per cui daremo un commento approfondito se e quando le nuove norme saranno approvate.
Denunciamo però la tendenza, certamente non nuova, di individuare la repressione come unica risposta al disagio della maggioranza della società e alle speranze di cambiamento.
La criminalizzazione della protesta e dell'opposizione sociale, acuita in questi ultimi giorni dalle elucubrazioni del ministro Sacconi, è la sola risposta che stampa, Magistratura, forze di Polizia, Governo e grande maggioranza delle forze politiche sono in grado di dare alle tante facce della nuova povertà.
Milano, 28/10/2011
Legal Team Italia
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