UN altro mondo è davvero possibile. Genova lo ha dimostrato per la seconda volta. Con la differenza che ieri pomeriggio cinquecento tra agenti e militari se ne sono stati discretamente da parte. E il movimento no-global ha potuto marciare così come ha sempre voluto fare - ieri, dieci anni fa: pacificamente - , riconquistando la città ed una Zona Rossa che nel 2001 erano state solo sinonimo di repressione e morte. Il capoluogo ligure aspettava questa rivincita dal pomeriggio del 21 luglio, quando in trecentomila erano stati barbaramente caricati in corso Italia.
E´ la vittoria delle idee, del coraggio, della speranza. Di tutti. Di Rita Lavaggi, portavoce degli organizzatori, che in cuor suo forse non credeva ad una partecipazione così forte: «Si può curare tutto quel male procurato dieci anni fa. Adesso il futuro è davanti a noi: c´è bisogno urgente di un nuovo», dice. E di padre Zanotelli, che con la sciarpa arcobaleno al collo quasi si commuove: «Abbiamo salvato sorella acqua, adesso salviamo Madre Terra». E la vittoria di Haidi e Giuliano Giuliani, e delle vittime del massacro della scuola Diaz. «Noi aspettiamo ancora giustizia e un gesto responsabile da parte dei colpevoli di quelle violenze. Mi vergogno come cittadino che certa gente sia ancora al proprio posto», spiega Lorenzo Guadagnucci. Ma intanto questa folla fa bene anche al suo cuore, riconcilia con la vita.
Partono da piazza Montano, dalla stazione ferroviaria di Sampierdarena, che sono dieci, forse quindicimila. Si comincia con lo slogan «Giù le mani dalla Val Susa», poi i valsusini gridano: «Carlo Giuliani uno di noi». Il corteo continua a ingrossarsi, la gente attende ai lati delle strade e poi si unisce - «Venite, i Black Bloc sono un´invenzione della polizia», urlano quelli che marciano: e dai balconi rispondo applaudendo - , alla fine è un fiume in piena. «Siamo cinquantamila», dicono gli organizzatori. Un mosaico straordinario due volte, perché non c´è nemmeno un partito di quelli presenti in parlamento.
Perché ci sono tante sigle - dai cattolici agli operai, dagli anarchici agli ambientalisti - ma soprattutto ci sono persone arrivate per conto proprio. Unite dalla voglia di cambiare, dall´insopprimibile bisogno di un mondo nuovo. Ci sono gli striscioni dei No Tav e quelli per l´acqua pubblica, Legambiente ed Emergency, il movimento di Beppe Grillo e quello contro il gassificatore di Scarpino, il Forum sociale del Ponente genovese, quello che chiede giustizia per i 5 cubani sequestrati negli Usa e mille altri ancora. Ne viene esposto uno enorme che ricorda dieci dei venticinque condannati per la «devastazione e saccheggio» della città: ragazzi che hanno rotto delle vetrine di banche o multinazionali, e pagano con la reclusione fino a 15 anni, roba che neanche un omicida. Sfilano bandiere rosse e tricolori, quelle arcobaleno e della Palestina, del sindacato e degli anarchici. Un arcobaleno in pace, con un furgone che in coda diffonda musica a tutto spiano e don Andrea Gallo che all´improvviso ci salta sopra, sventolando un drappo rosso. Nichi Vendola aspetta all´altezza della Commenda, prova a giustificarsi con gli organizzatori per alcune parole pronunciate il giorno prima e che agli altri non sono andate giù. Dice che sono i giornalisti che hanno male interpretato, qualcuno abbozza ma va bene così.
I cinquantamila raggiungono piazza Caricamento, il gruppetto degli anarchici - preceduto dallo striscione «Loro le forbici, noi il sasso» - prova ad infilarsi nel tunnel ma nessuno ha voglia di seguirli e allora la gente si sparpaglia tra il Porto Antico e i vicoli. Finalmente senza le grate, si riprende quella parte di città che doveva essere sua anche nel 2001. «Da domani torneremo a lavorare tutti insieme per trovare risposte di giustizia sociale alla crisi. Era già successo dieci anni fa, poi il movimento si è disgregato in maniera stupida. Questa volta non accadrà», promettono Vittorio Agnoletto e Piero Bernocchi, leader dei Cobas. Sul palco di Caricamento il concerto comincia con un omaggio a tutti e alla città: «Bentornati a Genova».