NAPOLI - E due. Due sentenze, in primo grado e in appello, che scagionano i 13 militanti della rete no global «Sud ribelle» dall'accusa di «associazione sovversiva» in relazione agli incidenti accaduti nel corso del G8 di Genova e del Global forum di Napoli del 2001. A decidere l'assoluzione è la Corte d'appello di Catanzaro.
CAMERA DI CONSIGLIO - Dopo due ore di camera di consiglio la Corte, presidente Fortunato Rosaro Barone, ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in assise a Cosenza il 24 aprile del 2008 che era stata impugnata, successivamente, dalla Procura della Repubblica cosentina. La procura generale rappresentata dal pm Marisa Manzini che ha sostenuto l'accusa, dopo avere confermato solo l'accusa ad associazione a delinquere semplice e turbativa del possesso, aveva chiesto la condanna a tre anni e sei mesi per l'ex parlamentare di Rifondazione comunista Francesco Caruso, Luca Casarini, Francesco Cirillo, Anna Curcio e Antonino Campennì e due anni e quattro mesi per gli altri imputati.
I NO GLOBAL: «ACCUSE INSOSTENIBILI» - In un comunicato, il coordinamento «Liberi tutti» esprime soddisfazione per l'assoluzione: si trattava di «un impianto accusatorio insostenibile come si è intuito subito, fin dalla scelta della Procura generale di Catanzaro di rinunciare in partenza a molti dei motivi di appello presentati....Un processo durato già più di otto anni e 40 udienze complessive. Una sentenza che arriva in una data particolarmente simbolica, a nove anni dall'assassinio senza processo di Carlo Giuliani e da quelle giornate in cui fu fatto un vero agguato ai movimenti, con le cariche violente e i pestaggi in piazza, le scene cilene della scuola Diaz, le sevizie di Bolzaneto. Anche per questo il presidio che si è tenuto fuori la corte di appello di Catanzaro ha tenuto un collegamento costante con le iniziative genovesi in piazza Alimonda. Per rivendicare ancora verità e giustizia, soprattutto per il gruppo di manifestanti usato come capro espiatorio dai giudici genovesi con condanne a decenni di carcere grazie all'uso di reati da codice di guerra».