Sono passati 9 anni da quel fine di luglio del 2001 in cui gli «8 grandi» si riunirono a Genova nei loro palazzi blindati, mentre centinaia di migliaia di manifestanti si riunivano per contestare sia la loro titolarità a prendere decisioni per l'intera umanità che le linee stesse di tali scelte. I fatti sono ormai cristallizzati in 6 sentenze (3 di primo e 3 di secondo grado) che riguardano il comportamento in piazza di 25 manifestanti, l'assalto della polizia alla Diaz e le violenze su cittadini inermi detenuti a Bolzaneto. La ricostruzione operata da queste sentenze ben difficilmente potrà essere grandemente modificata in futuro. Chi andrà in Cassazione potrà ottenere l'annullamento di una sentenza o di parte di essa per motivi di diritto, ma la ricostruzione quella è e quella rimarrà.
Ma questa ricostruzione storico-giudiziaria corrisponde a ciò che tutti ricordiamo che accadde in quei drammatici giorni? A me pare di sì, almeno a grandi linee. Per quanto riguarda i manifestanti (25 processati rispetto a centinaia di migliaia) è vero che alcuni si lasciarono andare ad atti gratuiti di vandalismo. Così come è vero che la reazione talora violenta dei manifestanti fu scatenata dal comportamento illegittimo e gratuitamente violento delle forze dell'ordine. Proprio per questo solo alcuni dei 25 sono stati pesantemente condannati, mentre altri, per altri episodi, sono stati assolti.
Per quanto riguarda Bolzaneto, la responsabilità di molte delle forze che avevano in mano la caserma è stata riconosciuta e sanzionata. Lo stesso per la Diaz. E in ambedue i casi non è stata condannata solo la bassa manovalanza, ma anche i responsabili sul campo: una novità del tutto inedita rispetto all'abitudine dell'insabbiamento in casi simili, soprattutto per i gradi alti. Senza voler fare analogie, pensiamo che l'indignazione attorno al caso Cucchi ci sarebbe stata se il processo di Bolzaneto non avesse svelato ciò che può accadere quando si è in mano a chi dovrebbe custodirci?
Per la Diaz la ricostruzione è stata più complessa perché risultava incomprensibile l'intero episodio. L'ultima sentenza ci ha detto che l'ordine della mattanza ci fu; i gradi intermedi sapevano ciò che sarebbe accaduto e lo vollero, per «recuperare» la «debolezza» dimostrata sul campo in quei due giorni; altri cercarono di occultare le responsabilità.
Non siamo molto lontani da come le cose andarono, per il bene (poco) e per il male (moltissimo). Le tante sentenze sui cosiddetti «fatti di strada» - in genere rubricati sotto «resistenza» - in cui prevalgono nettamente le assoluzioni, attestano arbitrii e arresti pretestuosi compiuti dalle forze dell'ordine.
Si può dunque essere moderatamente soddisfatti di questo faticosissimo cammino giudiziario. Finora, in genere, in altri casi tutto rimaneva avvolto nella nebbia più profonda. Qua l'abbiamo diradata: a sprazzi e solo in parte, ma le linee accertate sono chiare.
Eppure, ci rimane un senso di insoddisfazione, anche di fronte a una magistratura che si è espressa ricostruendo almeno parte della verità. Il primo motivo salta agli occhi: 9 anni sono troppi. Secondo motivo: non si è indagato sulle responsabilità apicali. Fatti così gravi come la Diaz, Bolzaneto e la tenuta dell'ordine (si fa per dire) in piazza durante il G8 non avvengono senza coinvolgere ora per ora, minuto per minuto chi aveva in mano il potere di indirizzo generale (i ministri competenti e le direzioni ad esso afferenti). Vi è il forte sospetto che quei vertici, ancora molti anni dopo, abbiano tentato di manipolare i processi. Sulle pene, stride che nessuno del fronte dell'ordine andrà mai in carcere per ciò che ha fatto (questo era lo scopo dell'indulto del 2006: creare un paracadute per i poliziotti di Genova), mentre una decina di manifestanti sono stati condannati a pene che di solito si comminano solo per omicidio, mentre si trattava di aggressione a beni materiali e mai a persone. Inoltre, i rappresentanti delle forze dell'ordine sono stati tutti promossi e oggi sono ai vertici dei corpi d'appartenenza. In Italia, si sa, nessuno paga fra i governanti, ma qui si è fatto una carriera folgorante. Questo manipolo di uomini poteva e può - come si dice volgarmente - «tenere per le palle» i superiori e il silenzio andava retribuito. A fronte d'una magistratura che faticosamente ma onestamente si è espressa, la politica (tutta, vedi le titubanze della sinistra su una commissione di inchiesta) ha fatto quadrato attorno ai responsabili delle nefandezze.
Infine, nulla è stato chiarito sulla morte di Carlo Giuliani, l'unico episodio (il più grave) su cui non si è fatto il processo. Ciò costituirà sempre un vulnus per chi, anche storicamente vorrà ricostruire quei drammatici giorni.