Cinquant'anni dopo il 30 giugno 1960, il giorno della rivolta di Genova contro il governo Tambroni e il suo alleato Msi, una serie di inziative ricoderanno una pagina di storia che ha cambiato l'Italia.
L'iniziativa è della Camera del Lavoro di Genova, Reggio Emilia, Roma e Palermo, le città dove poi la protesta di popolo si sposta, e poi della Cgil, dell'Anpi, della Fondazione Di Vittorio con il patrocinio di Comune, Provincia, la Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale. Sono state presentate ieri da Walter Fabiocchi, segretario della Camera del Lavoro di Genova, da Fulvio Cerofolini, presidente provinciale dell'Anpi, da Fabrizio Loreto storico della Fondazione Di Vittorio.
Ci sarà una mostra fotografica, arricchita da video, documenti preziosi, come la ristampa del libro di Anton Gaetano Parodi, giornalista dell'Unità, "Le giornate di Genova". E poi, ogni lunedi sera, alle 21, alla sala Sivori proiezione di film. Il 21 giugno toccherà a "I Ribelli" girato da Mimmo Calopresti.
Il 30 giugno si aprirà con un dibattito al mattino nel salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, al pomeriggio un corteo, alle 17. Si parte da piazza della Vittoria poi su per via XX Settembre con una sosta al sacrario dei caduti partigiani e l'arrivo a De Ferrari. Parteciperà anche Paolo Rossi. Alla fine, alle 19 e 30, via al concerto di Cisco e Africa Unite.
Piazza De Ferrari brucia, quel 30 giugno del 1960. La protesta dei lavoratori, degli studenti, dei ragazzi con le "magliette a strisce", è esplosa. Non vogliono che il Msi, alleato del governo Tambroni, tenga il suo congresso a Genova, città medaglia d'oro della Resistenza.
L'insurrezione è preparata da tempo, da almeno un mese, la Camera del Lavoro tiene contatti non ufficiali con i partiti dell'opposizione; si vuole capire, come dice la voce fuori campo "qual è la verità". Che cosa ha in mente di fare il governo guidato da Mario Tambroni che per restare in sella si è scelto il Msi, dove hanno trovato casa gli ex fascisti, come alleato.
Il clima in città è teso, via via che arrivano le notizie dalla capitale, via via che si diffondono all'Università, in porto, nelle fabbriche, già duramente provate, in quel primo dopoguerra, da una serie di scioperi, all'Ansaldo, come alla San Giorgio. Al loro fianco si schiera la Camera del Lavoro e dalla Prefettura arriva l'ordine di scioglimento. E' l'ultima scintilla. Viene proclamato lo sciopero generale, per il 30 giugno.
Due giorni prima la protesta, ha come protagonista, in piazza della Vittoria, il futuro presdidente della Repubblica, Sandro Pertini. Con quello che passerà alla storia come il discorso de "u bricchettu", il fiammifero, Pertini incita alla ribellione. Si deve difendere la Resistenza e i suoi valori, dice Pertini " e noi faremo il nostro dovere fino in fondo". Il 30 giugno la città è sotto assedio, la polizia è schierata in forze, c'è un primo corteo che si scioglie in piazza della Vittoria, di fronte al luogo scelto per il congresso missino. Da lì i manifestanti risalgono fino a piazza De Ferrari.
Tra loro, ex partigiani, politici, ragazzi. Iniziano gli scontri, durissimi, una camionetta dalla "Celere" viene rovesciata. Saranno gli uomini del servizio d'ordine, molti ex combattenti del Cln, il Comitato di Liberazione nazionale, a far desistere quelli che, davvero, vorrebbero andare fino in fondo. Il congresso salta, la rivolta si estende: a Reggio Emilia, ci saranno dei morti, come a Licata, in Sicilia e poi ancora rivolte a Roma e Palermo. Un mese dopo Tambroni si dimette. Finisce il centrismo, si apre l'epoca dei governi di centrosinistra con il Psi alleato della Dc. Genova, ancora una volta, è stata la prima, in Italia a ribellarsi. A vincere una battaglia di popolo.