È agghiacciante il racconto di Stefano Gugliotta che urlava le sue ragioni e loro lo menavano, è orribile quel suo sorriso sdentato che ci coinvolge tutti, ci commuove e ci spaventa. Ma ad inchiodare la polizia italiana è soprattutto la sua pulitissima difesa della polizia italiana.
«La maggior parte degli agenti sono in buona fede e non si abbandonano ad abusi di potere». È questa l'accusa più forte, l´idea di un povero ragazzo che si consegna alla polizia come Lucia si consegna alla monaca di Monza: pensava che lo avrebbero protetto e invece lo hanno pestato. E fanno i prepotenti con i ragazzini disadattati. Non sono la versione italiana del 'Dirty Harry´ impersonato da Clint Eastwood. Non fanno i duri con i malandrini ma con i poveracci. Rompono i denti al fragile Stefano e non ai casalesi. Ammazzano di botte il drogato Cucchi e non i boss mafiosi. Non sono insomma giustizieri della notte che si sentono assediati ma, al contrario, sono vigliacchi impuniti tutti questi picchiatori in divisa che si sono accaniti su quattro ubriachi a Ferrara, e su Giuseppe Uva, e su Federico Aldrovandi...: su tanti, troppi poveri cristi, la cui spavalderia è fatta di dolcissima debolezza e spesso di marasma psicologico, giovani disgraziati che hanno bisogno di aiuto e non di botte, di severità ma non di pugni in faccia, di controllo ma non di brutalità.
E va bene che ogni caso fa storia a sé, ma il numero degli abusi, dei pestaggi registrati dai video amatoriali, delle denunzie non campate in aria e persino dei morti ammazzati comincia ad inquietare anche chi non crede alla polizia fascista, ai carabinieri che sarebbero per natura sceriffi sadici o, per scelta politica, la mano armata di un qualche imperialismo multinazionale. Insomma è come se un pezzo di polizia si fosse organizzata in banda e avesse assunto su di sé i valori della società del male.
Ma Stefano Gugliotta ci insegna che la polizia italiana non è più quella di Scelba o di Tambroni, non è quella con la 'k´ e non è neppure quella che a Genova si permise abusi e violenze che rimasero comunque isolati e che stavano dentro gli scontri di piazza, dentro l´impreparazione politica di alcuni funzionari spiazzati dalla rabbia organizzata dei no global.
Invece qui ci sono agenti che si abbandonano all'odio contro i fermati, contro gli indifesi, contro quelli che dovrebbero tutelare anche quando devono reprimerli. Da un lato loro, protetti dalla divisa, e dall'altro questi ragazzi sospetti, fermati ed esposti all´autorità; loro armati e quelli inermi; loro organizzati e in tanti e quelli soli con se stessi e con le loro paure.
E va bene che il questore di Roma ha chiesto scusa alla mamma di Gugliotta ed è vero che il poliziotto è in contatto con il peggio del mondo e magari non ha modelli culturali molto forti, ma sono diventate davvero troppe queste orribili violenze. Sarebbe dunque necessario che ora la polizia indagasse sulla polizia, che riflettesse sul reclutamento, che denunziasse se stessa.
E ci vogliono colleghi che isolino colleghi perché il volto di un qualunque poliziotto è il volto di tutta la polizia e non è giusto che gli italiani, dietro ogni divisa, scorgano un mostro. Niente indulgenza, né tolleranza né comprensione per chi, a calci e schiaffi, non ha avuto rispetto per stesso e per il proprio ruolo, per chi rischia di trasformare un simbolo di difesa in un simbolo di vessazione. Ci sono nel paese troppi luoghi di impunità, troppi poteri che si autoassolvono. L'impunità è un modello che l'Italia ha prodotto in una sorta di laboratorio, insieme con la pizza, gli spaghetti e gli abiti firmati. Ma il rapporto tra la polizia e gli italiani non può tornare ad essere teso come ai tempi di Pasolini. Gli italiani sono troppo occupati a combattere con il presente e con il proprio paese. Ci sono politici che rubano e commettono abusi e delitti di Stato, e può persino succedere che una guardia si tramuti in ladro e che alcuni poliziotti scoprano di avere in corpo l'odio e la violenza. Ma deve essere la polizia a fermare la polizia. Il processo di identificazione deve ritrovare i suoi valori positivi: è vero che il poliziotto che si comporta da criminale rappresenta tutta la polizia, ma è altrettanto vero che il poliziotto che ferma - arresta! - il poliziotto criminale diventa tutta la polizia.