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Omicidio Tommasoli. Riparte il Processo
Paola Bonatelli
Fonte: Il Manifesto, 10 settembre 2009
10 settembre 2009

Ieri la prima udienza davanti la Corte d'Assise di Verona per la morte di Nicola, aggredito la notte del primo maggio dello scorso anno per «futili motivi» (una sigaretta rifiutata) e morto dopo quattro giorni di coma
È ripreso ieri, alla Corte d'Assise di Verona, il processo per l'omicidio di Nicola Tommasoli, aggredito la notte del primo maggio dello scorso anno per «futili motivi» (una sigaretta rifiutata) e morto dopo quattro giorni di coma.
Avrebbe dovuto essere un'udienza particolarmente vivace, visto che ci si aspettava uno scontro tra i vari periti e consulenti (in tutto circa una quindicina tra medici legali, anatomopatologi, neuroradiologi, specialisti cardiovascolari) sulle cause dell'emorragia cerebrale, che provocò l'arresto cardiaco e il coma di Nicola. Ma l'indubbio carisma (e la capacità da equilibrista) del perito nominato dalla Corte, Carlo Torre, hanno evitato l'annunciata battaglia. Nella sua relazione Torre ha escluso che Nicola presentasse una patologia pregressa (ipotesi cara alla difesa dei cinque imputati). Ma ha anche detto che, data la presenza di una dilatazione arteriosa (rilevata dall'angiografia eseguita al momento del ricovero) e in assenza di traumi gravi - Nicola fu colpito ma non «massacrato» - è impossibile stabilire se la rottura del vaso sia stata traumatica o spontanea. Cioè a dire che più o meno ne sappiamo come prima e che in realtà la parte interessante arriva oggi, con la requisitoria del pubblico ministero e gli interventi degli avvocati di parte civile (famiglia Tommasoli e Comune di Verona).
I cinque giovani imputati, accusati di omicidio preterintenzionale in concorso (per Tommasoli) e rapina - il «prelievo» delle spillette del giovane punk Luigi «Red» Paoli, precedente all'incontro con Nicola - erano tutti presenti in aula. Nessuno di loro è detenuto in carcere, hanno ottenuto tutti, in tempi diversi, gli arresti domiciliari. Nel frattempo due di loro, Raffaele Dalle Donne e Federico Perini, hanno sostenuto l'esame di maturità, mentre Andrea Vesentini, l'unico ad avere accettato di sottoporsi all'esame della Corte e il primo ad essere scarcerato, ha avuto dal giudice il permesso di lavorare nella biblioteca comunale del suo paese.
Il processo, che è iniziato esattamente sette mesi fa, il 9 febbraio, e si dovrebbe concludere entro il 16 settembre, non ha lesinato i colpi di scena, qualcuno da thriller. I toni gialli non riguardano gli imputati, di cui si sapevano già parecchie cose: due di loro, Raffaele Dalle Donne «Raffa» e Nicolò Veneri «Tarabuio», sottoposti alla misura del Daspo (divieto di partecipare a manifestazioni sportive), erano nel gruppo dei 17 ultras/simpatizzanti della destra radicale, indagati e perquisiti nel luglio del 2007 per una serie di episodi di violenza contro i «diversi». Federico Perini «Peri», candidato in circoscrizione per Forza Nuova alle ultime amministrative, ha già una condanna (dieci mesi con pena sospesa) per il lancio di oggetti contundenti durante una partita. Non bastasse, i cinque, dopo l'aggressione a Tommasoli e ai suoi due amici - Edoardo Cazzarolli e Andrea Csontala, che testimoniarono nella prima udienza - se la diedero tutti a gambe. Perini e Veneri fuggirono addirittura a Londra, pare con l'aiuto di un paio di conoscenti (denunciati per favoreggiamento in un procedimento a parte), Dalle Donne si costituì qualche giorno dopo l'aggressione, Corsi e Vesentini furono arrestati dalla polizia. In carcere il gruppo tenne comportamenti diversi, Corsi e Vesentini in una cella, gli altri tre in un'altra. Furono questi ultimi a imbrattare la loro con scritte che andavano da «infami» (gli altri due che avevano «parlato») a slogan inneggianti all'Hellas-Verona fino all'esposizione di una fotografia di Adolf Hitler e simili facezie. Fatti di cui i tre «si scusarono» nel corso della «dichiarazione spontanea» (cioè senza possibilità di essere interrogati), resa nell'udienza del 23 marzo scorso, in cui espressero anche, per la prima volta, il loro «cordoglio» alla famiglia di Nicola Tommasoli. Non arretrarono di un passo, però, sullo svolgimento dei fatti: per loro fu «rissa» e non aggressione, e certamente non a sfondo politico.
Una versione buona per tutte le stagioni, tanto che gran parte delle aggressioni fasciste o nazi-tifose avvenute da queste parti finiscono per essere etichettate in questo modo. Ma tant'è, l'udienza di oggi dovrebbe essere chiarificatrice. Il giallo di cui sopra riguarda l'autopsia e le successive perizie di cui furono oggetto le parti prelevate dal corpo di Nicola, che poi fu cremato. L'imponente collegio di difesa degli imputati lanciò da subito (vedi il manifesto 9/5/08) l'ipotesi che Nicola non fosse entrato in coma per le botte ma per una patologia pregressa, tipo un aneurisma. Lo scontro, durante la quarta udienza (6 marzo 2009), tra la consulente del pm, Federica Bortolotti, autrice della relazione autoptica, e i consulenti della difesa, fu piuttosto duro. La Bortolotti venne in pratica accusata di scarsa professionalità - l'uso di tecniche non corrette o non sufficienti - e si puntualizzò la «discrepanza tra le lesioni osservate e la tragica fine di Nicola». Tanto da indurre la Corte alla decisione di nominare dei propri consulenti, indicati in Carlo Torre, ordinario di Medicina legale all'università di Torino, e Guido Stura, neuroradiologo. I due specialisti lavorarono per un paio di mesi, in collegamento con tutti gli altri consulenti.
L'appuntamento per l'udienza risolutiva con illustrazione delle perizie fu fissato al 23 giugno. Ed ecco il colpo di scena: cinque giorni prima dell'udienza la consulente del pm comunicò al magistrato Francesco Rombaldoni e agli avvocati di parte civile di aver «ritrovato» un reperto in formalina, che sarebbe parte dell'arteria cerebellare posteriore di Nicola (su cui c'era stato scontro il 6 marzo). Prelevato durante l'autopsia (ma non interamente), regolarmente refertato ma non inviato al laboratorio di analisi, di questo piccolissimo tratto di arteria (circa 8 mm) c'erano le fotografie ma mancava il «pezzo». Il ritrovamento costò un supplemento di perizia e un ulteriore rinvio, appunto, a ieri.