ROMA - Era reo confesso dal 1967. Ma Otmar Muhlhauser, il capitano della Wehrmacht che fucilò a Cefalonia, il 24 settembre '43, alla Casetta Rossa, il comandante della Divisione Acqui, il generale Gandin, e 150 ufficiali, è morto impunito. Ottantanove anni, nato l'8 settembre - giorno che gli segnò il destino - è stato inseguito dalla giustizia tedesca e italiana per tutto il dopoguerra, ma è sempre sfuggito alle condanne. La procura di Monaco lo prosciolse con una sentenza shock il 27 luglio 2006 («Gli italiani - fu la motivazione - erano dei traditori da mettere sullo stesso piano di truppe tedesche che avessero disertato»). La procura militare italiana, per dirla con Marcella De Negri, figlia di uno dei fucilati, il capitano Francesco, «non ha mi voluto fare il processo e ha sempre usato sapientemente il tempo per aspettare che morisse». L'ex capitano Muhlhauser, ricorda con amarezza la signora De Negri, «fu ignorato nel 1960 dal pm militare, Carlo Del Prato, che indagò, ma prosciolse vergognosamente "per non aver commesso il fatto" le alte gerarchie tedesche responsabili dell'eccidio. Nel '94, quando il fascicolo sulla strage spuntò nuovamente dall'"armadio della vergogna", la procura militare lo archiviò dicendo che era già stato trattato nel '60». «Fui io, allora - continua la figlia del capitano trucidato - a costringere il procuratore militare Antonino Intelisano ad aprire un'indagine presentando un esposto col quale denunciavo Muhlhauser, l'uomo che fucilò mio padre».