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Giustizia: l'assassino ha la divisa? è sempre "omicidio colposo"
Sandro Padula
Fonte: L'Altro, 16 luglio 2009
16 luglio 2009

Una riflessione e una proposta all'indomani della sentenza per l'agente Spaccarotella. No al fine pena mai. Ma 14 anni per gravissimo omicidio volontario sì. Prendere la mira, sparare ed uccidere una persona è un omicidio volontario, ma per i giudici diventa un omicidio colposo quando l'assassino è un pubblico ufficiale.

L'ennesima dimostrazione di questo modo schizofrenico di intendere la giustizia è la sentenza del 14 luglio con cui, per l'omicidio di Gabriele Sandri, la Corte d'Assise di Arezzo ha condannato l'agente Luigi Spaccarotella ad una pena di sei anni di detenzione.

La Corte ha infatti derubricato il reato da omicidio volontario in omicidio colposo, cercando pure di apparire "equilibrata" allorché si è presa la briga di precisare che tale omicidio colposo sarebbe avvenuto con l'aggravante della previsione del fatto.

Uccidere una persona prevedendo la possibilità di ucciderla, diciamolo a chi ha la mente libera da ogni forma di pregiudizio e dalle idiozie del codice penale monarchico-fascista ancora vigente in Italia, è di fatto un omicidio volontario. Perché allora prendere in giro l'intelligenza collettiva di coloro che amano la giustizia e la verità?

L'11 novembre del 2007 l'agente Luigi Spaccarotella ha ucciso il giovane tifoso della Lazio Gabriele Sandri nell'area di servizio di Badia Al Pino sull'A1. A distanza di alcune decine di metri prese la mira in direzione di un'autovettura di alcuni tifosi della Lazio. Di fronte a sé aveva una rete metallica e allora si mise in perpendicolare rispetto ad essa affinché i colpi non fossero troppo deviati. Fece l'esatto contrario di quello che ha sostenuto la sua difesa nel processo. Sparò ed uccise. Sapeva che le pallottole uccidono. Sapeva che poteva mandare al cimitero questo o quel ragazzo ma sparò ugualmente.

Il colpo mortale fu deviato in parte dalla rete metallica ma era indirizzato proprio verso l'autovettura in cui si trovava Gabriele Sandri. Se non fosse finito su quest'ultimo avrebbe ucciso un altro ragazzo. Tutti gli elementi concreti dimostrano scientificamente che siamo di fronte ad un omicidio volontario e in una delle rare occasioni in cui si sa esattamente chi è l'assassino e quale sia stata l'arma del delitto.

Forse l'agente Spaccarotella si trovava in uno stato di coscienza alterato, ma un agente professionale dovrebbe essere in grado di avere piena coscienza di sé durante il proprio lavoro. Oppure si sentiva legittimato a sparare, con tanto di previsione di uccidere, da un determinato clima politico-culturale.

Ad ogni modo, secondo la Costituzione della Repubblica italiana la responsabilità penale è personale. Quindi, a rigor di logica, considerando pure che per un generico omicidio volontario l'articolo 575 del codice penale prevede una pena non inferiore a 21 anni di detenzione, un omicidio volontario compiuto direttamente e per motivi futili avrebbe dovuto essere condannato col massimo della pena detentiva possibile nel nostro paese. Non con 14 anni, come aveva chiesto il Pubblico Ministero, ma semplicemente con l'ergastolo.

Finché in Italia esisterà il "fine pena mai" sembra logico che un gravissimo omicidio volontario di cui si sa esattamente chi ne è l'autore materiale sia punito con l'ergastolo.

Occorre a questo punto però una precisazione. Nel nostro paese la maggior parte degli attuali "fine pena mai" è stata condannata senza prove concrete; spesso non ha neanche ucciso materialmente ed è stata condannata all'ergastolo per "concorso morale" o per concorso ad un concreto omicidio compiuto da altre persone. In altre parole ha ricevuto condanne sulla base dei "sentito dire" dei "pentiti" (pluriomicidi a volte) e basta; non certo con prove concrete come quelle evidentissime nel caso dell'omicidio del giovane tifoso della Lazio.

Ma come, dirà qualcuno, sei favorevole all'abolizione dell'ergastolo e poi auguri il "fine pena mai" all'assassino di Gabriele Sandri?

No, le cose stanno diversamente. Non auguro a nessuno l'ergastolo, lunghe pene detentive o torture di vario ed analogo tipo. Poiché quasi tutti coloro che compiono un omicidio volontario agiscono in stato di coscienza alterato e in maniera che in gran parte risulta sovra determinata da uno specifico contesto sociale, vorrei soltanto che l'ergastolo fosse abolito e sostituito da una pena detentiva di 14 anni, come aveva chiesto il Pubblico Ministero per l'agente Spaccarotella e come grosso modo - sia pur con oscillazioni di qualche anno - succede in gran parte dei paesi dell'Unione Europea.

Risulta perciò comprensibile l'attuale rabbia dei parenti e degli amici di Gabriele, ma tutti dovremmo lottare in modo saggio contro l'ingiustizia che l'ha ucciso una seconda volta. Non serve la logica della vendetta. Occorre l'unità dei giovani tifosi delle diverse squadre di calcio, magari costituendosi parte civile nel processo di appello. Occorre l'unità nella lotta per una società libera da oppressioni e ipocrisie vecchie e nuove. Bisogna trasformare le nostre lacrime suscitate dalla duplice morte di Gabriele in lotta per una giustizia finalmente giusta, equilibrata e libertaria.