Non è ancora finita, per i 13 no global assolti il 24 aprile scorso dal Tribunale di Cosenza. La procura della città calabrese, infatti, ha deciso di impugnare la sentenza che scagionava la Rete Sud ribelle dalle accuse di associazione sovversiva.
Il processo era cominciato nel 2002: il teorema Fiordalisi, come venne soprannominato dal nome del magistrato titolare dell¹inchiesta, in sostanza sosteneva che la Rete del Sud ribelle fosse una vera e propria associazione sovversiva, responsabile di numerosi episodi (tra cui gli scontri del 2001 a Genova e Napoli) volti a turbare l'esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare l'ordinamento del mercato del lavoro. Chi più ne ha più ne metta.
Il pm Fiordalisi aveva chiesto condanne per un totale di 50 anni: le più severe - sei anni di reclusione e tre di libertà vigilata erano quelle nei confronti degli imputati più noti: l'ex parlamentare di Rifondazione Comunista, Francesco Caruso, il leader delle Tute bianche Luca Casarini e Francesco Cirillo.
Dopo un processo durato sei anni, per i 13 giovani imputati era arrivata la completa assoluzione, «perché il fatto non sussiste», diceva il giudice. Ora, a sei mesi di distanza, si riaprono i fascicoli. L'impugnazione sarebbe stata firmata dal Procuratore Capo della Repubblica, Dario Granieri, e dai sostituti Claudio Curreli, Antonio Tridico e Francesco Minisci. Nell'atto si evidenzia la presenza di gravi indizi nei confronti degli imputati. La Procura contesta anche la sostituzione, dopo 13 udienze, dei giudici popolari che componevano la Corte d'assise chiamata a valutare la posizione dei 13 imputati.