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«Accidentalmente», spari ad altezza d'uomo
Gli ultimi 21 «errori» letali che non hanno fatto notizia
Dario Stefano Dell'Aquila
Fonte: Il Manifesto, 15 novembre 2007
15 novembre 2007

L'unico, tra gli esponenti istituzionali, a porre il problema è stato il presidente della camera Fausto Bertinotti. «L'uso delle armi da fuoco deve essere diversamente sorvegliata - ha detto al Gr Parlamento commentando la morte di Gabriele Sandri -. In base alla dinamica dei fatti che conosco ritengo incomprensibile che si sia potuto utilizzare un'arma da fuoco. Le armi non devono essere utilizzate se non in condizioni estreme. Con tutta la partecipazione umana anche per il poliziotto coinvolto, non è ammissibile che avvengano casi come questo».
Il dibattito ha preso invece un'altra via, quella delle problematiche relative alle tifoserie e alle trasferte. Forse perché, nonostante l'attualità del tema, quello dell'uso delle armi da parte delle forze dell'ordine rimane ancora un tabù. Tanto è vero che non si dispone nemmeno di dati ufficiali su cui provare a ragionare.
Nel 1986 Luca Rossi, studente milanese, viene ucciso da un colpo di pistola partito, accidentalmente, dalla pistola di un agente della Digos. Gli amici di Luca Rossi fondano un centro di iniziativa politica provando a ragionare sul loro dolore. Si interrogano su quanti siano i morti e i feriti per mano delle forze dell'ordine dalla introduzione della legge Reale, la norma approvata nel 1975 che ha aumentato i poteri delle forze di polizia.
Dai loro dati, che arrivano al 1989, basati sulle notizie di stampa, emerge che tra i morti (254) e i feriti (371) si arriva al numero di 625 persone. Pubblicano questi dati in un libro dal titolo «625 Libro bianco sulla Legge Reale - Ricerca sui casi di uccisione e ferimento da legge Reale». E chiamano a discuterne alcuni intellettuali tra cui Franco Fortini. Purtroppo, il loro lavoro si è fermato ad alcuni anni fa. Visto che dati recenti non c'erano, abbiamo deciso di produrli noi, con un criterio ancora più selettivo.
Abbiamo esaminato solo i casi avvenuti durante un controllo o un fermo di polizia, non abbiamo preso in esame cioè né i casi di conflitto a fuoco con altre persone armate né il caso di Carlo Giuliani. Dal 1998 ad oggi, emerge che sono almeno 18 le persone uccise da un colpo di pistola esploso «accidentalmente». A questi casi, si potrebbero aggiungere altri 3 episodi, in cui la vittima è stata soffocata (2) o si è «gettata» dalla finestra (1). Caratteristica comune di questi casi è che la versione ufficiale ha sempre un avverbio, un «accidentalmente», alla base della ricostruzione ufficiale.
Nell'elenco non manca nessuno corpo delle forze dell'ordine, dai carabinieri alla polizia, dalla guardia di finanza alla polizia penitenziaria, dai vigili urbani al corpo della guardia forestale. Quello che segue è una breve panoramica dei casi più recenti.
Solo quest'anno sono tre gli episodi. Il 4 luglio 2007 Susanna Venturini, 51 anni, incensurata, madre di tre figli, muore in un'area di servizio nel veronese. Scoperta durante un tentativo di estorsione fugge e viene uccisa, in auto, dal colpo di pistola di un carabiniere.
L'otto settembre è la volta di una donna rumena, in fuga dopo aver rubato 300 euro ad un supermercato di Ivrea. L'auto su cui viaggia non si ferma all'alt dei carabinieri.
Il ventotto ottobre a Somma Vesuviana, nel napoletano, muore Pasquale Guadagno, 20 anni. Viaggia su un'auto che non si ferma all'alt dei carabinieri. Dopo un lungo inseguimento, viene ucciso da un colpo esploso da una pistola.
Nel 2006 un cittadino nomade di 51 anni, Giuseppe Laforè, viene ucciso dopo un inseguimento dei carabinieri, a Piasco, sulla strada tra Saluzzo e Cuneo. La vittima, accanto al guidatore, viaggiava su una vettura che, secondo una prima ricostruzione, non si sarebbe fermata a un posto di blocco, viene uccisa dal colpo di pistola partito «accidentalmente».
Nel 2005, nel giro di tre mesi, muoiono due immigrati. A Milano un giovane tunisino, 26 anni, muore dopo che, durante una colluttazione, è colpito da un colpo di pistola accidentalmente partito dalla pistola di un agente della Guardia di Finanza. A Torino, cambiano nazionalità della vittima, a perdere la vita è un senegalese, e la divisa di chi ha sparato è quella di un agente di polizia. Rimane l'«accidentalmente» per l'omicidio avvenuto questa volta durante un normale controllo. Un immigrato nigeriano, a Torino, invece si getta da una finestra durante un controllo di polizia. Molto conosciuto il caso di Federico Aldrovandi che muore a Mantova durante un fermo. In questi due casi non vi è l'uso di armi da fuoco.
Molte di queste tragedie non hanno fatto notizia: sono state confinate nelle brevi di cronaca o nelle pagine dei quotidiani locali. È il caso, ad esempio, di Domenico Palumbo 30 anni, soffocato, il 31 ottobre 2004, durante un fermo effettuato da tre agenti di polizia penitenziaria di fronte la sede della loro scuola di polizia. Oppure come il caso di Gregorio Fichera che muore a diciotto anni, mentre, a Catania, è alla guida di un auto rubata. Il colpo di pistola è di un appuntato dei carabinieri. A Brescia, invece, Stefano Cabiddu muore mentre è sul bordo del fiume Mella in compagnia dei suoi fratelli. «Un doloroso incidente», lo definisce il procuratore capo di Brescia Giancarlo Tarquini.
È giugno 2003, quando ad Arzano vicino Napoli, Mohamed Kadiatou Cisse viene ucciso nell'abitazione della sorella. È a letto, soffre di una forte depressione. La famiglia ha chiamato il 118, ma arrivano i carabinieri. La sua morte si dimentica in due giorni, mentre i familiari ancora si battono per avere giustizia, o almeno la verità.
A Gorizia Bostian Brecelj, di 30 anni, è ferito con un colpo di pistola alla testa sparato - «accidentalmente», secondo la ricostruzione degli stessi carabinieri - durante una colluttazione avvenuta dopo un lungo inseguimento. Sempre dopo un lungo inseguimento, questa volta a Bari, trova la morte Michele Ditrani, 47 anni. Anche qui a sparare la pistola di un carabiniere. A Padova (2002) Nunzio Albanese, sospettato di far parte di una banda che ruba camion, viene ucciso in un'area di servizio, da una sventagliata di una mitraglietta il cui portatore, un carabiniere, scivola accidentalmente.
Infine, ecco l'unico caso che ha avuto una certa attenzione dei media, prima di cadere nel dimenticatoio. Siamo a Napoli. È il 21 settembre 2000. Mario Castellano ha solo 17 anni e come tanti gira in motorino senza casco. Non si ferma all'alt dell'agente di polizia Tommaso Leone. Il poliziotto si volta e spara o, se preferite, inciampa e accidentalmente parte un colpo. Mario Castellano muore con un polmone bucato. Tommaso Leone viene condannato definitivamente (dopo che la Cassazione annulla il processo di secondo grado in cui era stato assolto), nel 2005, a dieci anni con l'accusa di omicidio volontario.
Perché non tutto avviene sempre accidentalmente.