Caro direttore,
voglio molto bene a Don Gallo; non per questo ho firmato l'appello "noi, quelli di via Tolemaide", di cui è primo firmatario, a scatola chiusa: l'ho letto, e ho pensato che non era il momento di sottili distinguo. La requisitoria dei pm per i 25 manifestanti sotto processo per i fatti di Genova, cui si sono aggiunte le richieste di risarcimenti, è spropositata e costituisce uno di quei segnali da cogliere. Adesso, non fra qualche mese, perché allora sarà troppo tardi.
Quell'appello l'ho firmato e non me ne pento: troppo alta la posta in gioco per vestire i panni della maestrina che sottolinea con penna rossa errori o ambiguità. E, soprattutto, in questo caso la maestrina finirebbe col giocare con 25 vite che rischiano di essere seriamente compromesse, stritolate in un ingranaggio che vuole farne un capro espiatorio, per chiudere poi la storia di Genova con condanne evanescenti alle forze dell'ordine nelle future sentenze su Diaz e Bolzaneto. Però oggi, dopo aver saputo della manifestazione indetta per il 17 novembre, annunciata da Luca Casarini e altri in una conferenza stampa, due parole critiche le voglio scrivere.
Dicevo che voglio bene a Don Gallo. Per tanti motivi; uno su tutti: sui fatti di Genova c'è sempre stato, non da ieri. Ci ha messo la faccia e la statura morale che tutti gli riconoscono. Probabilmente per la sua formazione etica anche lui non è portato a giocherellare con divisioni bizantine: su Genova ha scelto una parte, coerente col suo impegno civile di decenni. Di altri, purtroppo, non posso dire la stessa cosa: mentre i due comitati genovesi (Verità e Giustizia e Piazza Carlo Giuliani) assieme ad avvocati, mediattivisti, e ad alcuni giornalisti, da 6 anni producono una paziente e faticosa opera sul territorio, per informare e per raccogliere fondi per i processi, altri hanno lanciato i loro proclami in favore di telecamere o altre ribalte.
Non penso l'abbiano fatto del tutto coscientemente; e, in ogni caso, viviamo in una civiltà dell'immagine che impone un utilizzo strategico della comunicazione. Per la memoria di Genova la puntata di Blu Notte è stata più utile dei proclami di Casarini (di cui non metto in dubbio la buona fede), ma se non vogliamo rassegnarci a pensare che l'ultima spiaggia per ottenere uno straccio di verità su Genova sia il gabibbo, credo serva altro che non la manifestazione del 17 novembre, peraltro pericolosa in quanto trasformabile in un boomerang proprio per i 25 sotto processo. E quanto sia strumentalizzabile una manifestazione dovremmo averlo capito tutti dalla vicenda di questi 25 ragazzi.
Ecco perché mi rivolgo a te, caro Direttore. Solo pochi giorni fa Liberazione, Manifesto e Carta sono stati i principali promotori di una manifestazione in cui cultura e informazione sono stati traino e veicolo di istanze collettive. Ebbene, credo sarebbe importante se gli stessi giornali proponessero un appuntamento di informazione e dibattito sul luglio 2001, in prossimità della sentenza ai 25. Tanti, in questi anni, hanno scritto articoli e libri o realizzato video su quei giorni; non ritengano concluso il loro compito: è giunto il momento di tornare a far sentire la loro voce, ma stavolta senza disperderla in mille rivoli. Questo, sia chiaro, NON in contrasto con la manifestazione del 17 novembre.
So che avete appena speso molte energie per il 20 ottobre. Ma su Genova questi giornali hanno già dato molto: Genova è parte della nostra e vostra storia recente. E non è retorico dire che dell'appello "noi, quelli di via Tolemaide" la parte più convincente è proprio quella in cui si invitano tutte le realtà che si sono battute per la verità su Genova a far sentire ancora la propria voce. Penso ad un grande appuntamento in cui i tre giornali, assieme ai due comitati genovesi e a tutti quelli che da anni lavorano sul G8 genovese, sappiano dire a questo Paese anestetizzato "noi c'eravamo, e ci siamo ancora; non ci arrendiamo". Spero che le mille difficoltà, pratiche e logistiche, di questa idea non siano sufficienti a farla restare nel cassetto delle belle idee irrealizzabili.