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Abbattiamo il muro dell'indifferenza
Fonte: Centro Sociale Acrobax
2 settembre 2006

Questa lettera parla di: territori, cultura, fascismi, la morte in una sera di festa. Questa lettera parla a tutti coloro che non riescono a chiudere un occhio.

Roma, pur avendo un tessuto democratico consolidato, come molti altri territori del nostro Paese, è da qualche tempo e con una forza significativa, aggredita da proposte politiche che usano stereotipi, banalizzazioni, negazione della diversità, autoritarismo, che costruiscono valori e morali basati sulla supremazia. Che, nella fantasie di onnipotenza definiscono nemici tutti quelli che stanno fuori da queste logiche. La destra sociale e politica ha avuto per molto tempo troppo spazio per potersi insinuare e attestarsi sul territorio romano, sostenuta nella sua avanzata da un'idea di normalizzazione e di equidistanza che passa anche attraverso la riscrittura di una storia che vede i torturatori assomigliare sempre più ai torturati.

Questo strano obiettivo della normalità, o piuttosto della normalizzazione, ha visto e vede alcuni attori protagonisti e altri spettatori.

I protagonisti sono tutti coloro che negli ultimi anni hanno voluto riscrivere pezzi di storia, costruendo nel presente giustificazioni ideologiche per la rifioritura di tutti i fascismi; tutti quelli che hanno alimentato il tessuto per le aggressioni, intimidazioni, limitazioni della libertà di esprimere creatività e opinioni sui corpi come nelle parole; tutti quelli che hanno fatto alleanze con forze politiche di estrema destra per candidarsi a governare.

Quelli che hanno fatto campagna elettorale viaggiando su camionette di camicie nere in giro per la città.

Roma quindi, allo stesso tempo città dei movimenti, dell'autogestione, dei conflitti sociali e laboratorio di una destra neofascista che qui sta tentando di mettere in atto una strategia politica chiara, con obiettivi precisi. Un laboratorio sociale e politico che crea loghi, slogan, linguaggi e azioni ormai "normalmente" inclusi e compresi nel suo paesaggio.

Una città che vorremo riconoscere capace di rompere questa normalità tornando a scandalizzarsi, a rifiutare l'idea che è possibile far convivere sullo stesso territorio il museo della Shoah, il mausoleo alle fosse Ardeatine accanto ai covi di organizzazioni neonaziste.

Gli spettatori sono invece tutti quelli che di fronte a questo processo non hanno saputo guardare con la dovuta attenzione.

Agli spettatori si propone una storia, quella della morte di Renato dopo una sera di festa. Un ragazzo di 26 anni aggredito e assassinato all'interno di questo contesto, per mano di questa cultura. Una morte che non ha più bisogno di individuare nel suo assassino il militante neofascista per gridare a un nuovo allarme.

Il silenzio prodotto da questa idea di normalità, l'indifferenza che ha avvolto la città in un clima in cui la diffusione della cultura della sopraffazione emerge dal centro fino alla periferia, questa volta ha prodotto morte.

Questa lettera aperta alla città di Roma vuole cominciare ad essere uno spartiacque, una presa di parola di tutti quelli a cui invece non appartiene il silenzio. Che sentono l'urgenza di interpretare questo fenomeno in una chiave sociale, culturale, diversamente politica, che sentono la necessità e vogliono reagire.

Questa lettera vuole affermare che l'indifferenza non può essere la nostra, che la voglia di vivere e cambiare il mondo significa innanzitutto opporsi a qualsiasi forma di sopraffazione, ai diversi modi in cui i fascismi si esprimono, togliendo loro ogni spazio di legittimazione ed agibilità.

Al sindaco, alle forze politiche e sociali e a tutti i cittadini, questa lettera chiede di rompere questo muro di indifferenza, di chiudere con la falsa idea dell'equidistanza condannando le violenze neofasciste e reagendo attraverso una forte mobilitazione democratica che sappia attraversare e riconquistare ogni angolo di questa città.

Oggi, 2 Settembre 2006, ore 17
Appuntamento a Porta San Paolo Roma
Centro Sociale Acrobax