«Igiorni in cui non troviamo parole sono quelli in cui ci sentiamo più vicini», esordisce al microfono un mediattivista milanese. E infatti non è stato facile, ieri, trovare parole per spiegare a una città distratta, depistata, il dolore per la morte di Renato e l'orrore per un clima di sopraffazione e violenza che va montando da mesi, anzi da anni.
Così Rosa Piro, la mamma di Dax, s'è sentita chiedere, dal barista, perché mai ci fossero tutti quei ragazzi a quell'ora nel piazzale di Porta S. Paolo. Si trattava delle almeno 5mila persone, tra occupanti di spazi, studenti, precari, migranti, antifascisti giunti anche da altre città, con spezzoni di Prc e Pdci e "pezzi" della comunità gay e lesbica, che hanno deciso che il primo sabato dall'assassinio di Renato Biagetti - 26 anni, che usciva all'alba di domenica da una dance-hall sulla spiaggia di Focene - non passasse senza una manifestazione. Primo passaggio per rompere il silenzio e provare a riprendersi la città. Ma intanto a Rosa Piro è sembrato di tornare indietro di due anni e mezzo. Anche per Dax si tentò di derubricare a rissa tra balordi un'aggressione fascista. E anche allora, Milano non volle accorgersi di Dax, ricorda Rosa venuta a Roma con una delegazione dell'Orso, officina antifascista del quartiere ticinese.
"Stesse lame, stesse trame", recita lo striscione di testa portato da romani e migranti che si danno il cambio sfilando verso Trastevere e fino a Campo de' Fiori. In 20 mesi sono state registrate 134 "imprese" squadristiche. Che si debba «uscire dal torpore», è convinto anche il verde Paolo Cento, ora sottosegretario all'Economia: «E' evidente una sottovalutazione da parte delle istituzioni locali». Anche ieri le uniche figure istituzionali erano, oltre a Cento, i parlamentari Farina, Smeriglio e Bonadonna, gli assessori regionali e comunali Nieri, Tibaldi e Pomponi, il presidente del municipio Roma XI con alcuni assessori e i consiglieri di Prc e Pdci. L'assenza di Veltroni, in tutte le fasi della vicenda maturata con l'omicidio di Focene, non è passata inosservata. Come anche quella del primo cittadino di Fiumicino, dove governa il centrodestra, di cui Focene è una frazione di 2mila abitanti. «Se è per questo da lì non si sono fatte udire neanche le voci dell'Unione», aggiunge il segretario fluminense del Prc, Francesco De Santis, annunciando per la prossima settimana un'iniziativa specifica che rifletta su quanto accaduto in una cittadina dove è quasi impossibile attacchinare cose di sinistra e tantomeno aprire spazi sociali.
Gruppi di "decoro urbano", composti da manifestanti, provvedono a cancellare scritte e celtiche che abbondano sui muri mentre il corteo si snoda senza lanciare slogan. Almeno fino a quando non arriva la notizia di un'aggressione al centro sociale Pirateria di Porto, all'Ostiense. Una quindicina di squadristi contro l'unico occupante presente. Probabilmente gli stessi (sedicente Nucleo Eur) che hanno "firmato" la rivendicazione dell'omicidio di Renato sui muri dello stesso quartiere. Per sventare il peggio due macchine si sganceranno dal corteo. Volano slogan "duri", e da parte di pochi, quando il corteo è già a Trastevere. C'è da scommettere che la grande stampa si accorgerà solo di quelli tanto da farci i titoli.
Sul camioncino, intanto, "Darione", fratello di Renato, mette la musica. Sua madre Stefania è seduta davanti. Guarda lontano. Dal microfono si succedono gli interventi. Si raccontano i fatti, si prova a spiegare che non c'è par condicio, che i centri sociali di destra proprio non esistono, che non è una guerra per bande. Il problema, nota Francesco di Esc, è «sovvertire l'ordine simbolico» che vuole equiparare i "covi" agli spazi occupati per sperimentare nuova socialità. Roma è piena di luoghi in cui s'è ribaltato il senso per il quale erano stati costruiti: l'ex manicomio S. Maria della Pietà, per fare un esempio pescato tra gli striscioni che sfilano. O l'ex Cinodromo, Acrobax, dove Renato passava ogni giorno, per politica, per amicizia, per giocare a calcio. I suoi amici stanno lavorando a un libro bianco che ricostruisce quei maledetti 40-50 secondi in cui sono volate le 8 coltellate che lo hanno ucciso. I due assassini presunti sono stati arrestati. Giovanissimi. Uno, figlio diciannovenne di un brigadiere, avrebbe una celtica tatuata, dicono che sia un pischello che scimmiotta i fascisti. L'altro è minorenne. Il colonnello che gestisce le indagini ha una fretta lancinante di liquidare la pista "politica". Acrobax vuole indagare nel mix omicida fatto dall' ossessione di certa destra istituzionale contro i centri sociali, dall'ansia revisionista di altri aggressivi gruppi e dall'apologia delle lame di gruppuscoli da stadio. «Perché la logica dello stadio, aggressiva contro l'altro, il diverso, s'è riversata nei quartieri - avverte Pina, figura storica del coordinamento di lotta per la casa - loro stanno nei pub, sui muretti, nelle bische e noi non sappiamo farci riconoscere e diventiamo bersagli». «Ancora c'è chi non vuole chiamarlo fascismo - aggiunge Bianca Bracci Torsi, dirigente nazionale del Prc fin dalla fondazione - invece va spiegato, gli va dato un nome, perché è più pericoloso di prima». «Con Veltroni dovremo discutere a lungo - assicura Dante Pomponi, assessore alle periferie - coinvolgendo il più possibile la città, a partire dai valori di questa manifestazione: vita e non violenza».