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I compagni di Renato: «Basta bugie. Non è stata una rissa, ma un'aggressione»
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione, 31 agosto 2006
31 agosto 2006

«Io sono il fratello di Renato, la cosa che ci fa più male è leggere versioni che infamano la memoria di mio fratello». Dario parla seduto nel cerchio di sedie e panchine che ospita l'assemblea nell'ex cinodromo che lui stesso ha contribuito a trasformare, occupandolo quattro anni fa, in un laboratorio sociale occupato e autogestito. L'Acrobax di Ponte Marconi che ieri era pieno di gente per l'assemblea cittadina, la prima da quando Renato, suo fratello, è stato ammazzato alla fine di una festa reggae sulla spiaggia di Focene, frazione di Fiumicino. Dario parla a nome della sua famiglia, parla in mezzo ai suoi compagni e agli amici di sempre. «Amici di una vita», si firmano quelli che hanno voluto scrivere una lettera alla città che poi è una lettera a Renato. E la vita anche era di Renato. C'è un silenzio interminabile tra un intervento e l'altro. Dolore e rabbia, occhi lucidi. La prima analisi dopo le notizie sui due arresti della notte. «Non erano "camerati" - dice ancora Dario - ma sono figli di quella cultura è importante che questa cosa esca fuori».

No, non è stata una rissa ma un'aggressione. E non nasce dal nulla. Una dopo l'altra, le voci precisano i fatti e il contesto in cui è maturato quello che Danilo di Acrobax chiama «l'ultimo livello, estremo, l'omicidio», di una cultura che prescrive di colpire, eliminare, chi è diverso. L'aggressione non è avvenuta in un posto qualsiasi ma in uno spazio, il chiosco Buena Onda, gestito da persone di sinistra. Caso unico in una città, Fiumicino, dove si smerciano magliette con scritte agghiaccianti: "Proteggi i tuoi simili, distruggi il diverso". E le vendono in un negozietto appiccicato alla sezione locale di Azione giovani. Si chiama "2.11" quel negozio. 2 come la B di Benito, 11 come la undicesima lettera dell'alfabeto, la M di Mussolini. Fanno lo stesso in Germania con l'88 per designare Hitler ed eludere la legge. E poi c'è il Faro 753, erede del Foro 753, coccolato da Storace e sfrattato da Roma dove s'era impadronito con la forza della prima casa del popolo. «A Fiumicino la destra aggrega tantissimo, ha un suo consigliere nella maggioranza di centrodestra e determina comportamenti, organizza presentazioni di libri, concerti degli Zeta Zero Alfa e spedizioni allo stadio», aggiunge Luca proponendo che il prossimo sabato non passi senza una manifestazione. Dove, a Roma, come sarà deciso solo in serata. «Che sia una mobilitazione che sappia parlare alla città. che spieghi che non si tratta di una guerra per bande, che sveli il clima brutto», auspica Massimiliano Smeriglio, deputato e segretario romano del Prc, presente all'assemblea con l'assessora regionale Tibaldi e il presidente del decimo municipio Andrea Catarci. Smeriglio condivide l'analisi dell'insorgere in città di un'identità forte basata sull'annientamento della diversità. E se fosse confermata la contiguità tra destra radicale e istiuzionale starebbe a dire che, da quelle parti, «l'acqua di Fiuggi non l'hanno bevuta». Poi avverte un elemento di «omertà» che potrebbe aver ritardato gli arresti.

L'aggressione di Focene, dunque, sembra una caccia alle "zecche", come vengono chiamati quelli con i capelli lunghi e di sinistra, da parte di due "pischelli", uno 19 l'altro 17 anni, che sembrano «fomentati da una cultura dominante». Questo aveva detto Danilo e gli sono restate in gola le ultime parole. «Non può succedere ancora».

«Aspettavamo su un muretto che Laura arrivasse con la macchina - racconta Paolo che era con Renato sulla spiaggia - s'è avvicinata la Golf grigia, hanno urlato che dovevamo andarcene, tornare a Roma. Il guidatore ci insultava». Così quando capisce che si stava mettendo male, Paolo ha provato a bloccare l'autista premendo sullo sportello. Ma l'altro è riuscito a scendere anticipando Renato. La colluttazione sarà brevissima. Una decina di coltellate in quaranta secondi. «Lauretta urlava». Paolo trova l'amico a terra, gli mantiene le gambe alzate in attesa del 118, gli domanda come sta. Renato rispondeva: «Bene».

Poteva accadere a chiunque. E' questo il punto. Lo scrivono gli amici (vedi a fianco). Viene di nuovo spiegato in assemblea. Lo fa Sandro. «Il sociale, nei territori, ha sorpassato il politico». Ecco com'è che due pischelli possano aspettare fuori da una dance-hall un ragazzo come loro. «Non è normale, come non è normale che, mentre si sgombera il Foro 753 per far posto al museo della Shoah, si trovi un posto da riassegnare ai fascisti», denuncia Sandro pensando a certi gesti "equidistanti" di Veltroni. E nessuno si scandalizza come invece è accaduto l'11 marzo per una manifestazione antifascista. L'assemblea ricostruisce il clima dentro cui è maturato il delitto di Focene, si annuncia un dossier sulle aggressioni degli ultimi due anni. Sarà lunghissimo. Si tenta di non lasciare alle veline della questura e ai pezzi di colore dei giornali il compito di scrivere la verità su Renato che amava la vita e odiava la violenza, che nessuno ha mai visto incazzato.