Un dolore che non si diminuisce con il tempo ma capace di non offuscare la forza e "di un ricordo in grado di unire tanta gente". Stefania Zuccari, a otto anni dall'uccisione di suo figlio, Renato Biagetti, ricorda quel tragico evento la cui memoria è ormai diventata un appuntamento fisso per la città. Era la notte tra il 26 e il 27 agosto del 2006 quando Renato, 26 anni, uscendo con degli amici da una serata reggae sulla spiaggia di Focene, venne aggredito da due ragazzi. Giovanissimi, 17 e 19 anni. Sulle braccia tatuati i simboli del fascismo. "Tornatevene a casa, zecche di merda" gli insulti prima delle coltellate. Otto colpi, su una gamba, al petto, al cuore. Renato morirà poche ore dopo in ospedale. Come ogni anno Roma ricorda Renato con una serie di appuntamenti e con un festival a lui dedicato, Renoize.
Come ha passato l'ottavo anniversario della morte di suo figlio?
Il dolore che provo non diminuisce con il tempo. E come ogni anno, man mano si avvicina questa data si acuisce. È un dolore interiore ma anche fisico. Nonostante questo, la giornata dell'anniversario è stata meravigliosa. Sono tornata insieme a tanta gente nel posto dove è stato ucciso mio figlio, a Focene. La spiaggia era piena di persone, di ragazzi e anche di bambini. Perché i ragazzi che mi sono stati vicini in quei tragici giorni oggi sono diventati adulti e alcuni di loro hanno anche avuto dei bambini. Naturalmente c'era la musica. È difficile da spiegare ma il dolore per la morte di mio figlio è stato in grado di trasformarsi in un momento di leggerezza. Un lutto in un momento positivo. Un ricordo che unisce.
Qual è il modo migliore per ricordare suo figlio?
Proprio così. Ricordo il giorno in cui mi hanno mostrato il suo corpo all'ospedale Grassi. Fin da quel momento ho pensato che Renato doveva essere ricordato per i suoi occhi, per il suo sorriso e per la sua musica. E così ogni anno accade. La musica è in grado di unire tante realtà e allo stesso tempo trasformare un lutto in un momento di leggerezza. Anche questo è un messaggio politico importante.
A proposito di trasformazione del lutto. Lei, insieme a tante altre madri, dalla tragedia della perdita del figlio ha dato vita al Comitato madri per Roma città aperta creando un fortissimo legame capace di trasmettere un messaggio politico inscalfibile in merito a tanti, troppi, casi di morti violente.
Il legame che ci unisce rimane sempre molto forte. Penso a Rosa la madre di Dax, ad Haidi Giuliani, come una sorella, a Daniela la madre di Fausto. Fino ad arrivare alle morti di Uva, Aldrovandi. L'elenco è lungo. In occasione di questo anniversario della morte di Renato sarà a Roma anche la madre di Zotti e parteciperà con la sua testimonianza. Siamo rimaste molto unite sotto il segno di queste morti che non hanno mai trovato giustizia. Il nostro sguardo si è allargato fino alla difficile situazione delle carceri italiane.
Lei lo ha ripetuto più volte: suo figlio è stato ucciso per mano fascista. Perché è importante ricordare quanto accaduto quella notte di otto anni fa?
E' importante ricordare perché questo non si ripeta più e perché il fascismo non è mai morto. Ha solamente cambiato abito ma non è mai stato estirpato. Non solo in Italia. In tutta Europa si assiste a una recrudescenza preoccupante di queste idee.
Continuare a vigilare è importante anche a Roma. La città di Marino è cambiata rispetto a quella di Alemanno? Ha mai incontrato l'attuale primo cittadino?
Come comitato Madri per Roma Città Aperta avevamo chiesto al sindaco Marino un incontro. Del resto avevamo parlato sia con il predecessore Walter Veltroni che con Gianni Alemanno quando, nel 2008, un altro ragazzo era stato oggetto di un accoltellamento di matrice fascista. L'appuntamento che ci aveva accordato la segreteria di Marino è stato annullato e mai più riconvocato. Quindi non abbiamo mai incontrato il sindaco Marino. In quanto alla prima domanda non saprei dire se Roma è migliorata nell'ultimo anno. Diciamo che molte nostre speranze di donne antifasciste sono state disattese.