Sono passati due anni dall'omicidio di Renato Biagetti, due anni in cui la città è vorticosamente cambiata. In peggio. Fu quello di Renato l'atto finale di una lunga stagione di aggressioni a centri sociali, pestaggi a sfondo razzista e omofobico, agguati preparati o frutto di uno spontaneismo impastato con le peggiori ideologie e le sostanze dello sballo adrenalico. La perdita di Renato è stata una ferita profondissima che ha attraversato Roma, i suoi funerali al centro sociale Acrobax un evento struggente dove si mischiavano i compagni dell'area antagonista e i militanti della sinistra, gli amici d'università, le signore della parrocchia con il velo in testa e i dipendenti del Municipio XI dove lavorava la mamma Stefania. Un'unica visibile assenza, il sindaco Veltroni che non seppe capire e scegliere per tempo e che lo fece solo dopo (meglio dopo che mai) dedicando a Renato il mercato dell'altra economia di Testaccio. Due anni che hanno segnato il clima democratico della città di Roma. E un processo, difficile e doloroso per i compagni di Renato, difficilissimo per mamma Stefania che ha dovuto sopportare provocazioni e una falsità diventata, senza prove, verità processuale: morte per rissa per futili motivi.
Almeno questo dice la motivazione della sentenza di primo grado. A nulla è valsa, sinora, la lettera aperta inviata ai giudici da Stefania e pubblicata da Liberazione il 6 agosto in cui si ricorda l'aggressione a freddo, le testimonianze, le otto coltellate, le mani pulite di Renato, le mani appunto di chi è stato aggredito e che non ha partecipato ad una rissa. A nulla sono valse alcune considerazioni sul contesto: l'odio dei due imputati per l'altro da sé, i tatuaggi esplicitamente neofascisti, il luogo dell'aggressione, l'uscita da una festa reggae sulla spiaggia. A nulla sono servite alcune considerazioni di buonsenso su chi dovesse indagare sull'omicidio, certamente non i carabinieri della locale stazione visto che uno dei due imputati era figlio di un militare dell'arma che lì operava. Il secondo avvenimento, composto da mille episodi distinti, è il continuo peggioramento del clima sociale e culturale della città. Fino al moltiplicarsi delle forme più disparate di violenza e arroccamento contro tutte le diversità. Sino ai militari per le strade. Fino alle incredibili dichiarazioni del sindaco Alemanno sulla imprudenza dei due cittadini olandesi colpevoli di essersi fermati a riposare sulla Portuense. La destra ha costruito un clima da caccia alle streghe alimentando e costruendo paure, Veltroni gli ha corso dietro, noi non siamo stati in grado di arginare questa marea nera. Oggi questo gigantesco blob fatto di paure ancestrali, crisi economica, rancore sociale, assuefazione alla violenza pubblica, lotta ai poveri e non alle povertà, fastidio per i gay, odio per il rom e diffidenza verso i migranti ha fatto vincere le elezioni alla destra di Alemanno. Ma non ha esaurito il suo compito, si muove spontaneamente tra le fatiche della città, producendo mostri e comportamenti che hanno a che fare con la banalità del male, come i vigili che rincorrono i senza tetto o quelli che provano a chiudere in un bagagliaio un venditore ambulante.
Per queste ragioni oggi è ancora più importante ricordare Renato, curarne la memoria, ricordarsi il suo sorriso che sapeva di curiosità e vita. E' compito nostro, di quel che rimane di una opinione pubblica democratica capace d'indignarsi ancora, di non lasciare sola Stefania e i compagni di Acrobax di fronte alle prossime sfide politiche e processuali. Il silenzio e l'indifferenza potrebbero uccidere ancora. Venerdì pomeriggio al parco della basilica di San Paolo, Renato verrà ricordato con il linguaggio che più preferiva, quello della musica (presenti tra gli altri Apostoli della Strada, Filippo Gatti, i 24 Grana, Rancore e Bobo Rondelli). A presenziare anche questa iniziativa il "Comitato madri Roma città aperta", l'associazione a cui Stefania, insieme ad Haidi Giuliani e la mamma di Federico Aldovrandi, sta dedicando tutte le sue forze provando e riprovando a trasformare il dolore e lo strazio in passione civile. Provando e riprovando in una città incattivita e spesso indifferente. Non lasciamola sola. Non lasciamo solo Renato Biagetti.