Come madre di Renato Biagetti sento la necessita' di esprimermi riguardo all'omicidio ed alle accuse con cui il Pm cita in giudizio Amoroso Gioacchino. Io non sento l'esigenza di una giustizia punitiva per il crimine che ha tolto la vita a mio figlio, solo su una cosa non transigo: sulla verità che mi è dovuta e che è dovuta a Renato, che non ha compiuto nessun reato. Di una giustizia menzognera non so che farmene, non mi appartiene se la motivazione sarà ancora 'morte per rissa avvenuta per futili motivi tra balordi'. Se questa deve essere la modalità per avere giustizia, preferisco che vengano dichiarati entrambi innocenti e mandati liberi! Solo attraverso una oggettiva verità dei fatti si può ottenere una giustizia. Perché io conosco Renato e il suo modo di vivere come nessun altro. Non accetterò mai una lettura di questo evento tragico come un semplice e banale diverbio degenerato per futili motivi! Per tante ragioni: perché Renato non era un rissoso e nella sua vita non ha mai fatto a botte, non ha mai cercato lo scontro fisico con nessuno, ha sempre anteposto al suo il bene del prossimo. Era un ragazzo che ha dedicato la sua giovane vita allo studio, ottenendo sempre ottimi risultati e non riportando mai note disciplinari...potrei allegare tante dichiarazioni dei suoi insegnanti e in special modo da chi lo ha visto come allievo nell'ultimo periodo della sua generosa vita.
E così è stato anche quella notte. Perché Renato Laura e Paolo sono stati aggrediti-mentre stavano tornando a casa dopo una tranquilla serata reggae sul litorale di Focene-da due individui, scesi dalla loro auto già armati di coltelli. Perché quei due armati di coltelli gli sono saltati addosso con violenza inaudita urlando loro di tornarsene a casa perché non erano del luogo. Signor Giudice, Signor Pm chi scende dalla propria auto con coltelli alla mano per aggredire chiunque possa considerare estraneo e diverso, non sta cercando una lite. E' un aggressore, è un potenziale assassino [come i fatti hanno dimostrato]. Le mani di mio figlio erano bianche, non ha mai impugnato nulla che potesse offendere l'altro, anche nel momento dell'estremo saluto accanto ad un medico del Policlinico Gemelli, notavamo come fossero perfette, senza segni, né escoriazioni. Non è possibile ridurre la violenza di questo atto alla degenerazione tragica di un banale diverbio, perché sarebbe come uccidere mio figlio un'altra volta. Renato ha ricevuto 8 coltellate violentissime e non soltanto Laura e Paolo-che erano direttamente coinvolti-ma anche altri testimoni hanno visto che tutti e due avevano in mano un coltello e che entrambi hanno colpito Renato. Nel giudicare l'imputato di questo processo si deve tener conto delle testimonianze di chi era presente quella notte, di chi era al suo fianco, di chi insieme a Renato è stato aggredito e ha avuto lesioni, per ricostruire l'accaduto in modo corretto senza omettere le responsabilità di entrambi gli assassini.
Vi chiedo, nel processo, di raccontare l'aggressione con oggettiva verità e trarre le conseguenti conclusioni. Lei, giudice, ha in mano uno strumento di comunicazione e di educazione verso i giovani. Gli atti devono raccontare la verità, una verità semplice: che due ragazzi per odio verso l'estraneo, verso il diverso da sé e dal proprio contesto, hanno aggredito e ucciso Renato e ferito Paolo e Laura. La sentenza sulla morte di mio figlio può avere una valenza per altri giovani se viene raccontata negli atti la verità sull'aggressione violenta e devastante che ha subito mio figlio, oso dire scannato come un agnello sacrificale. Per dare un senso alla morte di Renato si deve chiarire quanto siano orribili la sopraffazione e l'uso delle armi, quanto sia terribile non riconocere nell'altro un proprio simile, ma solo un nemico da battere. In tal modo la sua sentenza deve servire a convincere un ragazzo a fermarsi, a riconoscere la supremazia della vita, deve fermarlo prima che una vita ancora sia strappata. Se lei scriverà una sentenza che possa fermare un'altra aggressione, avrà restituito a mio figlio la vera essenza della vita che è l'amore universale o anche semplicemente e non secondariamente la giustizia. Certa di essere compresa la ringrazio e le porgo i più distinti saluti.