Tornare sul luogo dell'aggressione. A distanza di un anno. Per combattere il silenzio e l'omertà dei molti, per sconfiggere ogni forma di fascismo. Nessuno a Roma ha dimenticato l'uccisione di Renato Biagetti, giovane ingegnere di 26 anni e frequentatore del centro sociale Acrobax. Nessuno vuole far cadere quell'episodio nel dimenticatoio. «Porta il tuo fiore per Renato» è l'iniziativa organizzata per oggi a Focene, dalle 17 al tramonto di fronte al locale Buena Onda, lo stesso dove il giovane aveva trascorso la serata prima di essere ucciso. L'hanno voluta i suoi amici e familiari, e tutta la galassia dei centri sociali e dell'associazionismo romano, ma anche nazionale. L'invito è a una partecipazione attiva, «a costruire - si legge sull'appello - insieme la giornata del primo settembre, a portare le proprie idee, i propri percorsi di lotta quotidiani, la propria testimonianza in questa manifestazione che immaginiamo fortemente comunicativa e determinata, fatta di musica e parole, di rabbia e amore». Un presidio per denunciare la violenza fascista e sperare di evitare nel futuro un altro Renato, altre morti premature di giovani rei di essere «alternativi, di sinistra». Come è avvenuto quel 27 agosto 2006 quando Biagetti era andato insieme alla sua fidanzata e a degli amici a divertirsi come tanti in una dance-hall reggae sulla spiaggia. Questa la sua unica colpa. Lì è stato aggredito da due giovani, vicini all'estrema destra (uno dei due aveva una celtica tatuata), di 17 e 19 anni, che hanno scagliato su di lui la propria intolleranza. Gli hanno sferrato 8 coltellate tutte dirette a punti vitali, con l' evidente intenzione di uccidere. «È finita la festa? E allora che cazzo ce state a fa qua! Tornatevene a Roma!», queste le uniche parole dette dagli aggressori prima di infliggere i colpi. Frasi che manifestano odio per chiunque venga considerato «diverso» o estraneo al territorio.
Dopo l'assassinio di Biagetti buona parte di media e opinione pubblica hanno supportato l'ipotesi di una rissa tra balordi escludendo qualsiasi movente politico. Uno dei tanti litigi che avvengono sul litorale laziale nel periodo agostano. Magari per uno sguardo di troppo alla ragazza dell'altro. Ma l'associazione «I sogni di Renato» si è battuta quest'anno per ristabilire la verità ribadendo l'importanza dell'antifascismo e il rifiuto della cultura del coltello: «Renato non era un balordo e quella è stata un'aggressione». Inoltre l'associazione ha fatto emergere il ruolo della politica nella vicenda: «Anche se non avevano tessere di partito, i due giovani provengono da un brodo culturale fascista, facendo propria anche la violenza squadrista».
In effetti l'istruttoria, divisa in due tronconi visto che uno dei due aggressori è minorenne, ha supportato questa tesi. Il 12 luglio è arrivata la sentenza di primo grado per il diciannovenne a cui è stata inflitta una pena di 15 anni per omicidio volontario.
Purtroppo a Roma dopo il «caso Biagetti» non sono finite le scorribande di neofascisti: le aggressioni a Villa Ada (dove solo per caso non c'è scappato il morto) e all'occupazione abitativa di Casal Bertone hanno dimostrato il vero volto di una città che non riesce a estirpare la violenza squadrista. Cristiana, una attivista di Acrobax, è consapevole di questo e non risparmia frecciate a Veltroni: «Da lui sono giunte solo dichiarazioni e non fatti concreti. Dopo l'omicidio di Renato speravamo che la città prendesse una posizione forte e chiara contro ogni forma di fascismo, cercando di capire le responsabilità e le coperture politiche, invece niente».
Intanto la Ram (rete antifascista metropolitana), che sarà presente oggi alla manifestazione, ha indetto un'assemblea nazionale per domani nello spazio occupato Acrobax. Un filo diretto tra le due mobilitazioni, che Dario, il fratello di Renato, può spiegare meglio di chiunque altro: «Sono due giornate per condividere le modalità di lotta antifasciste e per creare un unico fronte democratico. A dispetto di chi si dimentica, troppo spesso, che il fascismo è vivo nella nostra società».