Il Dna lo hanno estratto da una tibia dello scheletro trovato in una foiba di Roccabusambra, a Corleone, accanto a una cintura e a una moneta di 10 centesimi coniata negli anni Venti. A 64 anni dalla sua scomparsa la polizia scientifica di Palermo è riuscita ad attribuire a Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil ucciso dalla mafia il 10 marzo del 1948, alcuni resti ossei ritrovati nel 2009 proprio nel posto in cui il cadavere di Rizzotto venne gettato dal boss di Corleone Luciano Liggio.
Una scoperta eccezionale dopo anni di appelli da parte della famiglia Rizzotto, che ha chiesto di far luce sulla scomparsa dei resti che erano stati recuperati nel 1949 durante le indagini condotte dal giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. "A Corleone - ha più volte ribadito il nipote di Rizzotto, che porta lo stesso nome del sindacalista - i mafiosi hanno tutti una tomba nel cimitero. Placido Rizzotto ancora no". Il Dna estratto dai resti ritrovati a Corleone è stato comparato con quello del padre di Rizzotto, Carmelo, morto anni fa. La compatibilità, dopo mesi e mesi di studi di laboratorio, ha dato ragione all'ipotesi avanzata dalla polizia.
Placido Rizzotto fu ucciso a 34 anni dalla mafia per il suo impegno, a partire dal 1945, a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Un pastorello assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini. Venne ucciso con un'iniezione letale somministrata dal medico-boss Michele Navarra, indicato come il mandante dell'omicidio Rizzotto. Le indagini sull'omicidio furono condotte dall'allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Agli arresti finirono Vincenzo Collura e Pasquale Criscione. Fino al 1964 restò invece latitante Luciano Liggio, detto Lucianeddu, la primula rossa di Corleone. Il boss venne catturato nella casa di Leoluchina Sorisi, presunta fidanzata di Placido Rizzotto. I tre killer furono assolti per insufficienza di prove.
Il sindaco di Corleone, Antonino Iannazzo, ha accolto con grande soddisfazione la notizia. "Si chiude - dice - un mistero italiano che abbiamo chiesto di risolvere allo Stato. Già ci avevano provato i carabinieri con altri resti trovati nelle foibe, ma la comparazione del Dna non diede esito positivo. Questo risultato, mi hanno spiegato gli investigatori, dà una certezza al 76 per cento. La famiglia, dopo tanti anni, avrà finalmente una tomba su cui piangere".