Invisibili ai moderati dell'Unione chiedono da anni, talvolta da decenni, verità e giustizia. E sopportano da soli l'impresa della memoria. Esperienze di immenso dolore privato li hanno scaraventati sulla scena pubblica: sono madri, sorelle, compagni, di persone uccise "in ordine pubblico", nelle stragi di Stato, per mano di mafia e neofascisti, o morti in caserma in "tempo di pace".
All'indomani dell'omicidio di Carlo Giuliani rubarono le parole al Che scoprendo di «aver conservato la capacità di indignarsi». Così provarono a vincere differenze e diffidenze reciproche grazie alla caparbietà di una come Haidi Giuliani. Ne è scaturita una rete, un sito (www.reti-invisibili.net), una piattaforma. «Manifesto ideologico», la definisce Francesco Barilli, piacentino e curatore del sito. L'hanno spedita a tutti i candidati alle Primarie dell'Unione ricevendo solo le risposte di Bertinotti e Pecoraro Scanio. Si incontrano in città a metà strada o nelle commemorazioni. Come ieri a Roma dove una sala della III università ospitava un convegno sulla "giustizia negata" in occasione del trentennale della morte del
diciottenne Piero Bruno, militante di Lc (la sua storia è a pagina 7 di Liberazione della domenica).
I suoi compagni (www. ass-pierobruno.org) gli hanno dedicato una scuola popolare nel quartiere della Garbatella dove presto il Municipio Roma XI gli intitolerà una strada. Nulla a che vedere con la toponomastica bipartizan: «Gliel'abbiamo intitolata perché stiamo dalla sua parte», spiega un assessore disobbediente, Luciano Ummarino. Lucia, sorella piccola di Piero, riferisce orgogliosa i primi risultati della scuola: «Sei ragazzi rom portati agli esami di III media da condizioni di partenza disastrose. E, con le nuove domande di partecipazione ai corsi, cresce anche il numero dei volontari ».
Ma Lucia e gli altri vogliono guardare negli occhi chi si candida a sostituire Berlusconi. «Vorrei che i politici non pensassero a noi come a un tram da cui scendere al volo. Li vorrei trovare al capolinea. Non firmeremo deleghe in bianco». In sala, però, non c'è traccia di esponenti di Quercia e Margherita. Nessuna risposta da Rutelli, Prodi, Occhetto, Di Pietro, Veltroni, cercati invano nella selva dei loro portaborse. Ci sono, però, tanti messaggi d'affetto degli assenti per cause di forza maggiore - «purtroppo arrivano anche i tramonti», scrive Lydia Franceschi, madre dello studente Roberto ucciso nel '73 - e la presenza dei "soliti" compagni di strada: Gigi Malabarba, capogruppo Prc al Senato, il verde Paolo Cento, Pietro Folena, indipendente in Rifondazione, Nando Simeone, vicepresidente del consiglio provinciale di Roma, l'attrice Cloris Brosca - che leggerà un reading spedito da Daniele Biacchessi - e Angelo Garro, padre dell'alpino Roberto, uno dei 10mila soldati morti in tempo di pace tra il '78 e il'98 per uranio, plutonio, benzene, elettrosmog e negligenza: «Ci sono tutte le caratteristiche di una strage di stato». Garro, con le Reti,cerca «un antidoto all'indifferenza », chiede che cada ogni forma di segretazione perché «il segreto cancella la memoria», ripete Falco Accame, mezza vita ammiraglio, l'altra mezza a denunciare delitti degli stati maggiori.
Dai tavoli dell'Unione arriva la notizia, ma non è definitiva, che nel programma potrebbe essere inserita la vera commissione d'inchiesta sui fatti di Genova. «E' importante sfondare quel muro, ma non ci basta», dice Lucia Bruno.
Scetticismo d'obbligo per Malabarba: «A Palazzo Madama, da tre anni una richiesta di inchiesta sul G8 è al secondo posto dell'odg. Senza che il centrosinistra si sia dannato l'anima per farla calendarizzare. D'altronde Genova e, tre mesi prima, Napoli videro scene da "fronte interno della guerra permanente" ad opera di apparati di polizia piazzati lì dai governi dell'Ulivo con logiche indotte da Bush». «Anche la blanda indagine che seguì i fatti del 2001 fu sabotata dalla maggioranza ds», spiega Cento. Non c'è da farsi illusioni: «Dopo le elezioni - è convinto Folena - si aprirà una nuova stagione di conflitto e si riproporrà l'urgenza di una discontinuità ai vertici delle forze dell'ordine».
Si discute del ruolo del Pci negli anni della Legge Reale, o di come intercettare le lotte per la smilitarizzazione, per l'amnistia e la depenalizzazione dei reati legati al conflitto - suggerisce Paolo Cento: «Verità, giustizia e libertà». O, ancora, del lavoro sui territori e nelle scuole per tramandare una memoria degli anni '70 non appiattita sulla versione del Viminale: «Non furono anni di piombo - sintetizza Simeone - ma di lotte e grandi conquiste sociali.