Esiste un filo conduttore in molti articoli/interviste che ho scritto finora; un filo fatto di indignazione e di rabbia, che unisce vicende che vanno da Giuseppe Pinelli a Carlo Giuliani, passando per Bologna e Ustica. E più percorro questa strada più m'accorgo che si tratta di una strada costellata da altre vittime, altre storie di cui si perderebbe la memoria (dopo non essere riusciti ad ottenere giustizia) se non fosse per il coraggio e l'impegno dei familiari e degli amici di quelle vittime. Familiari, amici, compagni che non si sono arresi di fronte alla sistematica opera di copertura ed insabbiamento che ha affossato nelle aule dei tribunali la richiesta di verità, e che si sono spesso costituiti in associazioni. Lungo questa "strada" ho incontrato un'altra storia e un'altra associazione, l'Associazione Piero Bruno.
Partiamo, come sempre, dai fatti. E' il 22 novembre del 1975 quando a Roma una manifestazione in sostegno del popolo Angolano finisce in tragedia. Mentre il corteo si snoda per le vie di Roma, un gruppo di manifestanti si stacca per una protesta dimostrativa davanti all'ambasciata dello Zaire. I manifestanti, una volta accortisi della presenza massiccia di forze dell'ordine, si danno subito alla fuga, ma contro di loro polizia e carabinieri cominciano un vero e proprio tiro al bersaglio, alle spalle. Tre ragazzi vengono colpiti; due di loro riescono a fuggire, mentre Piero Bruno crolla sull'asfalto. Verso di lui, già a terra, e verso un suo compagno che prova a soccorrerlo, un agente in borghese apre nuovamente il fuoco, colpendoli entrambi. Le forze dell'ordine, per rafforzare da subito quella che sarà la loro tesi difensiva, trascinano il ferito verso l'ambasciata, in modo da poter sostenere la tesi di intenti aggressivi da parte dei dimostranti. Piero Bruno morirà il giorno successivo, piantonato in ospedale.
L'inchiesta della Magistratura arriverà ad individuare alcuni degli agenti che quel giorno aprirono il fuoco, fra cui i due che colpirono Piero. Ma nel 1976 il giudice istruttore archiviò il caso, ritenendo in sostanza che gli agenti avessero avuto una reazione "commisurata all'offesa", e quindi non giudicandoli perseguibili.
E' una storia, quella di Piero Bruno, simile a molte altre di quegli anni, ma che soprattutto ricorda drammaticamente, nella sua dimensione processuale, quella più attuale di Carlo Giuliani. In entrambi i casi abbiamo prima "un aggiustamento" delle prove e della scena dell'omicidio (al fine di costruire uno scenario in cui le forze dell'ordine potessero passare da aggressori ad aggredite) e poi una sentenza che pone il sigillo sulla vicenda inquadrandola nella "legittima difesa" e/o nel "legittimo uso delle armi". Mi viene spontaneo pensare purtroppo che, oltre che nelle aule dei tribunali, l'analogia fra la storia di Piero e quella di Carlo si sia sviluppata anche a livello mediatico: difficile pensare che, sulle pagine dei giornali, al primo sia stato risparmiato il trattamento riservato a Carlo, denigrato dai principali media nazionali e dipinto come un folle aggressore... Dubito che l'offensiva e superficiale considerazione riservata a Carlo ("cosa faceva in Piazza Alimonda? Dopotutto se stava a casa sua non gli sarebbe successo niente...") non sia stata fatta a suo tempo anche per Piero...
Ma, anche se è solo una parziale consolazione, le analogie fra Piero e Carlo non si fermano qui: un punto di contatto lo possiamo trovare anche nell'energia che alcune persone hanno saputo trarre da quella tragedia: come nel caso di Carlo Giuliani, anche per Piero Bruno è nata, come accennato in premessa, un'associazione, dotata anche di un proprio sito internet che vi invito a visitare: http://www.ass-pierobruno.org/. Presidente dell'associazione è Lucia Bruno, sorella di Piero.
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20 maggio 2004
L'associazione si è costituita nel novembre 2002, a 27 anni di distanza dalla morte di Piero. Mi viene spontaneo pensare che, dopo tanti anni, abbiate visto qualcosa che univa le istanze del movimento di cui fece parte Piero con quelle che animano l'attuale movimento... E' stata questa la molla che vi ha portato alla costituzione dell'associazione?
LUCIA BRUNO:
Direi che non è proprio andata così. La verità è che alla morte di Piero è susseguita la caduta di Lotta Continua e subito dopo dei movimenti. Questo ha causato grandi problemi a tutti noi ed ognuno ha reagito in modo diverso ma sicuramente individualistico. Ci siamo incontrati dopo 20 anni perché alcuni giovani del centro sociale "La strada", incuriositi dalla vista della ex sezione di L.C. intitolata ancora a Piero Bruno, hanno cercato tutti noi per avere delle risposte alle loro domande. Probabilmente era quello di cui avevamo bisogno, perché abbiamo risposto (io purtroppo per ultima) subito a queste sollecitazioni. Poi, la gioia di essere di nuovo tutti insieme, seppur con vite e realtà completamente diverse da allora, il desiderio di far rivivere Piero, di ricordare a tutti che non abbiamo dimenticato, sono stati gli imput per partire con l'Associazione. Ancora oggi dico grazie ai ragazzi del centro per averci dato questa possibilità.
Ad un anno e mezzo dalla sua costituzione, è possibile tracciare un primo bilancio sulle iniziative che avete realizzato e indicare quali siano i vostri progetti per il futuro?
LUCIA BRUNO:
Abbiamo fatto iniziative per Emergency, collaboriamo con il centro sociale per altre iniziative; ogni anno promuoviamo "Sinergie", un concorso per immagini aperto a tutti purchè non professionisti. L'esposizione e la premiazione avviene tutti gli anni durante la festa della cultura che si tiene il 5 giugno alla Garbatella.; stiamo portando avanti un progetto di "Scuola popolare" che si occuperà di dare sostegno ed aiuto a tutti i bambini e ragazzi che hanno problemi di inserimento scolastico. Ti invierò il progetto.
Quale è il vostro rapporto con altre associazioni costituitesi su casi analoghi a quello di Piero? E una domanda più personale, che ho rivolto a suo tempo a Licia Pinelli: dopo tuo fratello, hai dovuto assistere, questa volta esternamente, a tanti altri casi simili. Ma come hai vissuto quei fatti? Hai sperato "almeno per loro ci sarà giustizia" o ti sei rassegnata pensando "nemmeno loro ce la faranno"?
LUCIA BRUNO:
A parte la Walter Rossi e la Franceschi, che già conoscevamo, con le altre ho preso contatto a Genova lo scorso anno.
Passando alla seconda domanda: è stata sempre molto dura, straziante; ed ogni volta è stato come se Piero morisse nuovamente. Li ho tutti nella mente, nel cuore, ma non ho mai creduto ad una giustizia. Non ho mai sperato che nel paese delle "non verità", quale è il nostro, si potesse arrivare ad un processo giusto, equo; alla condanna dei responsabili, dei mandanti, degli esecutori; no, non abbiamo mai avuto uno Stato con "le palle", uno stato in grado di ammettere i propri errori.
Pensi mai alla possibilità di una riapertura del caso giudiziario di tuo fratello?
LUCIA BRUNO:
No, assolutamente, però penso che la giustizia la si può avere anche fuori delle aule dei tribunali. La divulgazione della verità, dello stato delle cose, spetta a noi. Il nostro compito inesauribile è quello di informare l'opinione pubblica, di raccontare, di chiarire i punti oscuri delle vicende. La nostra forza è proprio nella divulgazione della memoria affinché tutti possano sapere, tutti possano valutare con consapevolezza.
Stiamo vivendo una nuova stagione di forti tensioni sociali e di nuove istanze da parte del Movimento che gravita attorno alla sinistra. Penso alle lotte per il diritto alla casa, a quelle per la difesa dei diritti degli immigrati, alle nuove battaglie dei lavoratori, e - ovviamente - alle manifestazioni contro la guerra. Nuova stagione di lotta, e, purtroppo, nuove repressioni, che operano spesso in modo più subdolo (cominciando con gli attacchi alla informazione). Vedi un filo comune tra le lotte di ieri e quelle di oggi e, soprattutto, tra le strategie repressive di ieri e quelle attuali?
LUCIA BRUNO:
Direi che la famosa "strategia della tensione" si stia replicando in ogni sua forma, dalla repressione nelle piazze alle cariche violente, alla ricerca del "morto". Sono cambiate le facce, ma la sostanza è sempre la stessa. Certo che a distanza di 25 anni è stravolgente ritrovarsi in questo clima. Anche se oggi la situazione mi pare molto più grave, siamo in pieno stato di regime e questo porta nelle piazze un movimento molto variegato, persone di ogni età, condizione sociale, etc... C'è sempre un filo comune nelle lotte, anche a distanza di anni, perché i motivi che portano migliaia di persone in una piazza, sono poi gli stessi: disoccupazione, sanità, scuola etc..; di certo, in questo momento non è facile trovare un motivo per non scioperare, viste le condizioni politiche in cui stiamo affogando.
So che ti costa molto umanamente, ma vorrei chiudere questa intervista con un ricordo di Piero.
LUCIA BRUNO:
Ti girerò molto semplicemente una lettera che ho scritto per Piero...
DEDICATO A PIERO
"Dedico questa lettera a Piero, l'unico ragazzo, l'unico uomo che ho veramente amato nella mia vita.
A lui ho dedicato tutta la mia vita fatta di ricordi, di 1000 rimpianti, di cose non dette e non fatte, la morte è stata più veloce delle nostre parole e dei nostri gesti.
E' a lui che ho dedicato ogni momento di gioia, le mie emozioni sono state anche le sue, i miei occhi hanno osservato anche per i suoi, il mio cuore si è spezzato anche per il suo di fronte all'idiozia ed all'ingordigia umane, le nostre vite sono unite da una catena che la morte non è riuscita a spezzare. Nel dolore più profondo che a volte ci rende così poco razionali, vorrei avere una bacchetta magica per poter giocare con il tempo; poter rivivere l'infanzia serena senza sottintesi, odio le cose non dette perchè scontate, non sempre la vita ci regala una seconda opportunità. A tutti coloro che l'hanno conosciuto posso dire ben poco, ma a chi non ha avuto questo piacere posso raccontare di lui oltre le solite banalità. Rammento di come, dietro il pianto di una bambina, tentò inutilmente di salvare un topolino; quanto grande fosse la sua tenerezza, quanto radicato il suo senso di giustizia e di libertà, gli stessi per cui è morto. Le pagine della mia memoria sono piene di episodi della sua breve ed intensa vita e mi scopro a fare sforzi sovrumani per ricordare ogni istante vissuto insieme. Un giorno mi hanno chiesto quale fosse la cosa più terribile che potesse capitarmi ed io ho risposto: "perdere la memoria". Sono quei frammenti di vita che mi danno la forza e la determinazione per guardare al futuro ed andare avanti, continuare la sua vita, semplicemente. A tutti coloro che non l'hanno conosciuto, io dico: immaginate il figlio da lodare, il fratello da emulare, il marito da amare, il padre da ammirare; questo era Piero, un ragazzo da amare. Di quegli anni ne hanno già parlato in molti, di quanto fosse teso il momento politico, degli errori strategici che hanno scatenato sensi di colpa e rimorsi. In quel periodo troppi morti ci hanno costretti a scendere in piazza per urlare la nostra rabbia ed il nostro dolore; quando si è sciolto il movimento e ci siamo dispersi tutti come randagi, io nella mia infinita delusione per tutto ciò che non era stato fatto e per l'inutile morte di Piero, mi sono rinchiusa nel mio eremo per 20 lunghi anni. Non sono bastate le analisi e le riflessioni politiche a farmi superare questa delusione e soprattutto la consapevolezza che altre inutili morti sono seguite alla morte di Piero. Oggi osservo l'immagine di Carlo Giuliano in terra, incredula e grottesca immagine. Sostituisco Carlo con Piero e ci siamo, è accaduto di nuovo dopo 25 anni. Mi chiedo dove abbiamo sbagliato e la risposta l'ho sotto gli occhi: eravamo troppo occupati a curarci le nostre ferite. Non so a voi, ma a me la morte di Carlo pesa nel cuore come il più grande dei macigni. Tra i ricordi, i rimpianti ed il dolore, ho un solo augurio per colui che ha premuto quel grilletto, forse peggiore della morte stessa: io gli auguro che nella sua vita non incontri mai nessuno che sappia amarlo quanto io ho amato mio fratello e che un bel mattino, al suo risveglio, possa scoprire di non avere più il suo passato."