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Ipotesi di omicidio per Silvio Ferrari: Ros al lavoro sui rapporti con Buzzi
Wilma Petenzi
31 marzo 2014

Il fascicolo aperto dal pubblico ministero Francesco Piantoni sulla morte violenta di Silvio Ferrari aumenta di volume. L'indagine per omicidio volontario a carico di ignoti è affidata al colonnello del Ros Massimo Giraudo, l'investigatore che per primo diede corpo alla pista veneta per le stragi di Piazza Fontana e Piazza Loggia. L'ufficiale in persona nella prima decade di febbraio, prima della sentenza di Cassazione che ha ridato ossigeno anche al processo per la strage del 28 maggio 1974, ha sentito l'avvocato Arturo Gussago, coinvolto nella prima inchiesta sull'attentato e ritenuto assolutamente estraneo ai fatti (una vicenda dolorosa ripercorsa dal legale bresciano in una lunga intervista al Corriere il 19 febbraio scorso). L'avvocato è stato sentito da Giraudo in merito alla sua conoscenza di Silvio Ferrari. Tutte le rivelazioni del penalista sono state messe a verbale, l'avvocato ha sottoscritto le sue dichiarazioni: i fogli sono finiti nella cartelletta sul tavolo del magistrato. Nel fascicolo altri verbali. Anche quello delle dichiarazioni rilasciate, sempre al colonnello Giraudo, da una amica di Silvio Ferrari sentita - come anticipato dal Corriere - verso la fine di gennaio.

La donna è stata interrogata dopo le rivelazioni rilasciate al giornalista Pino Casamassima: «Ermanno Buzzi e Silvio Ferrari si conoscevano». Un'affermazione in contrasto con quanto dichiarato da chi frequentava il giovane morto il 19 maggio 1974 in piazza del Mercato per l'esplosione della bomba che portava sul predellino della Vespa. Amici e conoscenti avevano sempre negato un rapporto di conoscenza tra il giovane neofascista e Buzzi, «cadavere da assolvere» nel primo appello, ma considerato il basista bresciano degli ordinovisti veneti dai giudici di secondo grado dell'ultimo processo. La mancanza di legami tra Silvio Ferrari e Buzzi era finita anche negli atti dei processi. La dichiarazione dell'amica ha rimesso in moto le indagini. L'ipotesi a cui sta lavorando la procura è che la morte non sia stata per «imperizia nella confezione della bomba», ma che si sia trattato di un omicidio. Anche perché Ferrari non era alla prima azione, non era alla sua prima bomba e quella sera del 19 maggio di 40 anni fa doveva colpire un ufficio del Corriere della Sera in piazza Vittoria. Ma il timer della bomba si azionò prima dell'ora stabilita, mentre Ferrari era ancora sulla Vespa, con l'esplosivo tra le gambe, sul predellino della moto. Per la procura è possibile che il timer sia stato manomesso e che l'esplosione anticipata sia stata voluta.

Arturo Gussago è stato sentito, così come l'amica di Silvio, sulla eventualità di una conoscenza del giovane con Buzzi (ucciso nel carcere di Novara da Mario Tuti e Pierluigi Concutelli). Gussago non ha potuto far altro che ribadire all'ufficiale dei carabinieri quanto ha sempre dichiarato ai magistrati e ai giudici. A Gussago non risulta che Silvio Ferrari conoscesse Buzzi perché non ha mai ricevuto confidenze in questo senso dall'amico. In aggiunta Gussago è anche convinto della mancanza di legami tra Buzzi e la destra estrema. L'ultima sera di vita Silvio la trascorse al lago con gli amici, poi rientrò a Brescia, nella sua villa di viale Venezia insieme all'amico Nando Ferrari. In taverna, come raccontato da Nando, Silvio gli mostrò alcune micce che l'aveva tradito in un precedente attentato e poi gli disse che quella notte avrebbe dovuto fare un attentato al Corriere della Sera. Nando Ferrari, per ora, non ha ricevuto al visita del colonnello Giraudo, ma non è escluso che l'ufficiale possa sentire anche il veronese. Il fascicolo per omicidio volontario, sul tavolo di Piantoni, è ancora aperto e si fa più voluminoso.