La Cassazione ha annullato le assoluzioni di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Dovrà essere celebrato quindi un nuovo processo d'appello a carico di due degli imputati assolti in appello per la strage di piazza della Loggia a Brescia. I supremi giudici hanno quindi accolto il ricorso della Procura generale di Brescia contro le due assoluzioni. Esce definitivamente dal processo Delfo Zorzi, l'ex estremista di destra oggi imprenditore in Giappone. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso della Procura generale di Brescia e delle parti civili contro la sua assoluzione, che è quindi diventata definitiva.
Il verdetto è stato accolto dalle lacrime da parte dei superstiti e dei parenti delle vittime la sentenza della V sezione penale. "Meglio di così non poteva andare. Finalmente dopo 40 anni", ha detto commosso Redento Peroni, uno dei 103 feriti dalla bomba piazzata sotto il colonnato. "Ritrovo il senso di una giustizia che ha dato risposte alla storia - così Manlio Milani, presidente dell'associazione delle vittime -. Ritrovo qui i compagni che non ci sono più". La decisione della Cassazione di non chiudere il sipario sulla strage di piazza della Loggia ma anzi di annullare due assoluzioni mostra che "dopo 40 anni i fatti vengono storicamente accertati - prosegue Milani che nella strage del 1974 ha perso la moglie - La Cassazione è andata ben oltre le nostre richieste, annullando anche l'assoluzione di Maurizio Tramonte. Questo certifica che nella strage ci sono stati i depistaggi e, a nostro modo di vedere, è importante perché la Cassazione ha voluto dire che Tramonte non aveva solo un ruolo di informatore ma il suo ruolo era ben più pregnante". Riflette ancora: "Finalmente si certifica fino in fondo che la strage è ascrivibile all'estrema destra e che ci sono stati depistaggi. Dopo 40 anni potremo aprire nuovi discorsi", l'auspicio è che a questo punto "il Paese rifletta senza spirito di rivalsa".
Ieri il procuratore generale della Cassazione aveva chiesto di annullare anche l'assoluzione di Zorzi. "Verrebbe meno la mia coscienza di cittadino se non chiedessi alla Corte di colmare, con gli strumenti che ha a disposizione, le lacune di una sentenza che non può essere accettata" aveva detto Vito D'Ambrosio. La Cassazione ha anche annullato la sentenza della Corte d'assise d'appello di Brescia nella parte in cui condannava le vittime, costituitesi parti civili, al pagamento delle spese processuali in ragione dell'assoluzione degli imputati. Il nuovo processo in appello che dovrà essere celebrato dovrà anche pronunciarsi su questo punto. È confermata invece la sentenza nella parte in cui escludeva il risarcimento da parte del generale dei Carabinieri Francesco Delfino. Su questo punto, il collegio non ha accolto le richieste del sostituto procuratore generale Vito D'Ambrosio che aveva chiesto il rinvio in sede civile per il risarcimento ad una delle vittime che aveva presentato ricorso.
La decisione della Cassazione di tenere in piedi il processo per la strage di Piazza della Loggia dopo 40 anni è "una vittoria morale che compensa tanti anni di frustrazioni" dice Roberto Di Martino, il pm che per vent'anni ha cercato di dare un nome ai mandanti della strage. Il magistrato all'Admkronos non nasconde la soddisfazione per la sentenza e rivolge il primo pensiero a quanti con lui hanno combattuto: "Sono contento per i familiari delle vittime. Ho sempre impresse negli occhi le immagini di quella giornata. Una cosa terribile ma ora dopo 40 anni arriva una decisione che è motivo di soddisfazione e che compensa tante frustrazioni". Il pm Di Martino dedica questa "vittoria" ai familiari delle vittime che, come dice, "non hanno creduto all'inutilità del nostro impegno. Centosettantacinque le udienze che il pm Di Martino ha sostenuto tra il primo e il secondo grado. "Già la requisitoria del Pg dellaCassazione - dice Di Martino - ieri era stata per noi motivo di speranza. Ora si aggiunge la parola fondamentale della Cassazione, un coronamento positivo".
Erano le 10.12 del 28 maggio 1974 quando in Piazza della Loggia, a Brescia, cuore del dibattito politico della città, durante una manifestazione antifascista dei sindacati una bomba provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre 100. Da quel giorno, i magistrati bresciani non hanno mai smesso di indagare per individuare la mano che pose l'ordigno e l'ultimo processo, scaturito dalla terza inchiesta, riguarda un gruppo di ex ordinovisti veneti, già coinvolti ma poi usciti di scena nei procedimenti sulle stragi milanesi di piazza Fontana e della Questura, e il generale Francesco Delfino, il primo a indagare sull'eccidio quando era a capo del Nucleo operativo dei carabinieri. Fu proprio Delfino a indirizzare le prime indagini su un gruppo di neofascisti e di balordi bresciani imputati nel primo processo.