«Digilio, dunque, ha sostituito se stesso con Zorzi». Sono parole della Corte d'assise d'appello di Brescia, contenute nelle 600 pagine di motivazioni della sentenza d'appello della Strage di piazza della Loggia. La sentenza che ha confermato le cinque assoluzioni è del 14 aprile scorso. Il riferimento in quello che è senza dubbio uno dei passaggi chiave è all'esplosivo utilizzato per la Strage. Esplosivo che secondo Carlo Digilio sarebbe stato consegnato da Zorzi a Marcello Soffiati, morto nel 1988. In realtà, secondo la Corte non andò così e l'uomo dell'esplosivo sarebbe stato proprio Carlo Digilio, ordinovista morto nel 2005. I giudici arrivano alla conclusione analizzando diversi elementi. Innanzitutto c'è Digilio che esclude che «Soffiati, quando venne a Verona, nel maggio 1974, con la famosa valigetta, mi abbia riferito d'aver prelevato l'esplosivo proprio allo Scalinetto». DIGILIO prende sì atto di uno degli elementi più rilevanti del processo, l'intercettazione «Raho - Battiston». Ma lo fa dicendo, tra l'altro, da collaboratore: «Prendo atto altresì che uno dei due riferisce che era trapelato che io avevo a mia volta riferito che il giorno prima della strage Soffiati si era trasferito in treno a Brescia con una valigetta contenente esplosivo. Voi mi chiedete come Raho e Battiston possano avere appreso questi fatti che in qualche modo somigliano a quanto effettivamente io ho dichiarato ai magistrati. Mi chiedete altresì se io sono a conoscenza delle ragioni che potevano essere alla base delle suddette preoccupazioni dei predetti. Non sono in grado di fornire alcuna spiegazione a riguardo, in quanto non ho mai affrontato tale argomento nè con Raho nè con Battiston e non so come possano aver appreso della valigetta del Soffiati. Quanto alle loro preoccupazioni posso soltanto immaginare che le stesse siano legate a circostanze che il Soffiati aveva trasportato proprio a Milano, dove Battiston frequentava l'ambiente della destra, quell'esplosivo». E a domanda specifica risponde: «Non ho mai saputo o avuto notizie della presenza di esplosivo presso la trattoria lo Scalinetto». Per la Corte però vi sono elementi per ritenere che la negazione di Digilio dell'episodio sia menzognera. E alla domanda quale interesse possa esserci per Digilio a mentire su una simile questione, ritiene esservi una sola risposta. Se Digilio non avesse negato avrebbe accreditato la versione dei fatti per cui Soffiati sarebbe partito dallo Scalinetto con l'esplosivo per andare a Brescia. Ma poichè « Scalinetto significa esplosivo a disposizione , non soltanto di Maggi, ma anche di Digilio, qui si scorge chiaramente l'interesse dello stesso Digilio a smentire Battiston». E per la Corte è appunto lo stesso interesse che Digilio «ha avuto nel raccontare quella versione secondo la quale l'esplosivo sarebbe stato prelevato a Spinea- Mirano da Zorzi». In questo contesto si colloca anche la falsa descrizione dell'ordigno, con una sveglia come temporizzatore. Come a dire, spiega la corte che lui mai lo avrebbe realizzato in quel modo. Digilio, in sostanza doveva «prendere le distanze da tutto ciò che avrebbe potuto portare su di lui sospetti sull'attentato». Ma Digilio prende anche distanza dall'esplosivo presente allo Scalinetto descrivendo come scuro quello nella valigetta di Soffiati. Digilio quindi cerca d'attribuire a Zorzi la fornitura d'esplosivo, ma secondo la corte «il gruppo ordinovista veneziano non avrebbe avuto alcuna necessità del mestrino, disponendo della gelignite allo Scalinetto e di Digilio in qualità d'esperto». Ma secondo la Corte la miglior dimostrazione della provenienza dell'esplosivo dallo Scalinetto, viene offerta proprio da Digilio davanti al Pm, quando gli si chiede della cena di Rovigo e lui risponde «L'apprendo quando lui è andato a Venezia a prendere la valigia dell'esplosivo». E LA CORTE evidenzia lo scivolone su Venezia, dove ha appunto sede lo Scalinetto, in luogo di Mestre. Una risposta che «non può essere un mero refuso, ma è una scheggia di verità che il dichiarante ha lasciato venire alla luce». Ma questa per la Corte non sarebbe l'unica verità inconsciamente confessata da Digilio. In particolare a un certo punto afferma: «doveva pure darmi il tempo di prendere la valigetta e le altre cose, visto che ormai Zorzi si era rifiutato d'eseguire l'attentato». Quindi Digilio «ammette addirittura d'essere stato lui (e non Soffiati) a prendere la valigetta a Venezia!». Digilio quindi che nella vicenda di piazza Loggia diventa la persona che ritira l'esplosivo diretto a Brescia, con tutto ciò che ne consegue. Esplosivo che, pochi giorni prima della strage finirà nelle mani di Marcello Soffiati. Due nomi, quelli di Digilio e di Soffiati che dopo il deposito delle motivazioni vengono letti in modo diverso.