Quattro ergastoli, chiesti al termine di una requisitoria protrattasi per tre udienze e con una coda, di poco più di un'ora e mezza, in quella di ieri. Una coda importante, perchè il Pm Roberto Di Martino ha chiesto la riforma della sentenza che in primo grado ha assolto i quattro imputati, secondo l'accusa, responsabili della strage di piazza della Loggia: Delfo Zorzi, Francesco Delfino, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte. Per Pino Rauti, il quinto imputato nell'attuale processo, Di Martino e il collega Francesco Piantoni avevano chiesto l'assoluzione con formula dubitativa e non hanno presentato appello. E' stato presentato da due parti civili e nei suoi confronti potrà, eventualmente, essere decisa solo una responsabilità civile in sede di pagamento delle spese processuali. LA REQUISITORIA ieri è iniziata con il completamento della posizione di Francesco Delfino. Poi, quando Di Martino ha ripercorso sinteticamente le singole posizioni e gli elementi considerati di maggior rilievo a carico di ciascuna di esse, un verbo è stato ripetuto più volte: «Saldare». L'accusa chiede, alla Corte d'assise d'appello di Brescia, di saldare i singoli elementi portati a sostegno delle proprie tesi dopo quella che più volte è stata definita, nella requisitoria, la «polverizzazione» dei giudici di primo grado. Il pm è partito dagli elementi ritenuti a carico di Zorzi e Maggi. «Abbiamo ragione - ha detto - di ritenere Digilio attendibile con riferimento alle cose più importanti: i rapporti con Maggi e Zorzi e per i tre episodi della cena di Rovigo, di Colognola e per la descrizione dell'ordigno. Non è fondata l'inattendibilità di Digilio con riferimento al fatto che avrebbe detto tutto ciò che si riferisce alla strage di piazza Loggia, nell'aprile del 1996, solo per le pressioni che sarebbero state esercitate nei suoi confronti da parte del capitano Giraudo». Questa è stata una delle linee difensive in primo grado. Di Martino ieri ha spiegato che «Digilio parla già il 31 gennaio 1996 della strage di piazza Loggia». Inoltre il magistrato ha contestato ai giudici di primo grado «d'aver accusato Zorzi solo perchè mosso da astio nei suoi confronti. Non è così perchè Digilio muove contro Delfo Zorzi delle accuse molto tempo prima». L'attendibilità di Digilio scaturisce poi anche dalla natura dell'esplosivo, sulla base di «quello che dicono i periti della prima istruttoria». SU UN'ALTRA delle considerazioni dei giudici di primo grado, cioè il mancato ritrovamento, dopo la strage, di pezzi di sveglia, che Digilio aveva descritto come facente parte dell'ordigno, il pm ricorda che «secondo i periti di allora possono essere finiti anche molto lontano». Ma, ha proseguito, se «la corte non ritiene Digilio attendibile sotto qualche profilo, sovviene come elemento di riscontro individualizzante l'intercettazione Raho - Battiston. Il contenuto intercettato non può essere una combinazione. I due hanno paura d'essere coinvolti nelle indagini». E ci sono poi gli appunti di Maurizio Tramonte, la «Fonte Tritone» del Sid. Secondo il magistrato «ci sono elementi per provare che l'organizzazione veneziana facente capo a Zorzi, Digilio e quanti altri aveva commesso attentati già prima del 1974 e quindi non era come è stato detto in primo grado, in fieri». E il «rapporto tra Maggi e Zorzi è stato solidissimo anche in anni recenti». Di Zorzi ha ricordato poi, tra l'altro, che «il fatto che stesse svolgendo il servizio militare è compatibile con la sua presenza alla riunione del 25 maggio ad Abano Terme». La sintesi della ricostruzione accusatoria si è protratta per una cinquantina di minuti. Poi, sempre Di Martino, ha chiesto alla corte di condannare all'ergastolo Zorzi, Delfino, Maggi e Tramonte.