Sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo sulla strage di piazza della Loggia (28 maggio 1974, 8 morti e 100 feriti) conclusosi il 16 novembre scorso con l'assoluzione di tutti gli imputati, gli ordinovisti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, l'informatore dell'Ufficio Affari riservati Maurizio Tramonte, l'ex
generale dei carabinieri Francesco Delfino e l'ex segretario dell'Msi Pino Rauti.
Le motivazioni sono riportate in 435 pagine. In uno dei passaggi si legge: «I risultati, in termine di ricostruzione del fatto, appaiono potenzialmente schizofrenici. Ed, infatti, in base alle regole oggi vigenti, potrebbe giungersi a ricostruire un fatto differente (sebbene naturalisticamente identico) per ogni imputato, a seconda degli elementi utilizzabili nei suoi confronti e per alcuni potrebbe giungersi, in astratto, a negare la stessa
sussistenza del fatto».
Nelle motivazioni si legge quindi: «Le attese, pertanto, di chi pretenda di ricevere dal processo l'accertamento della verità su un determinato avvenimento non può che restare delusa, potendo, tuttalpiù, il processo ricostruire una verità processuale per ogni imputato del medesimo reato, a seconda degli elementi utilizzabili nei suoi confronti. In altri termini, anche alla luce delle regole processuali da ultimo affermatisi, si è preferito assicurare al cittadino chiamato a difendersi dall'accusa in ordine ad un determinato reato, la possibilità di difendersi nella sua massima estensione, attribuendogli la possibilità di paralizzare la valenza
probatoria di quegli elementi che lo hanno visto assente al momento della loro acquisizione (ad eccezione naturalmente di quelli per i quali sussista la impossibilità di ripetizione).
In sostanza il processo penale non serve a stabilire la verità su un accadimento (costituente evidentemente reato), ma solo a stabilire se nei confronti di un determinato soggetto, in base alle regole processuali vigenti all'epoca del procedimento, quell'avvenimento si sia realizzato e lo abbia visto coinvolto al punto da potersene attribuire la responsabilità».
«Si tratta - hanno scritto i giudici - di una scelta di civiltà che questo collegio non può che tener presente e da cui va prestata osservanza pur non esimendosi, nei limiti del possibile, di ricercare una unitarietà della vicenda processuale che riguarda una pluralità di soggetti chiamati a rispondere del medesimo reato».
Nelle motivazioni della sentenza sulla strage di piazza Loggia si legge inoltre: «Non è stata consentita l'acquisizione integrale dei precedenti procedimenti sia sulla strage di Brescia che sulla strage di piazza Fontana, che pertanto, sebbene prodotti, hanno valenza solo nei confronti delle parti (e qui viene in risalto la
posizione degli imputati Maggi, Zorzi e Rauti) che non si sono opposti alla loro utilizzazione».
«Di talchè - hanno scritto i giudici - si è reso necessario riassumere i testi più significativi escussi in quei procedimenti verificando direttamente gli inevitabili inconvenienti derivanti dall'assunzione di una testimonianza a distanza di oltre 30 anni dagli avvenimenti che il teste è chiamato a ricordare e raccontare, non senza sottacere i sospetti di interessate dimenticanze od omissioni, mascherate da asseriti non ricordo, che riguardano alcuni dei soggetti coinvolti in azioni delittuose di matrice asseritamente politica chiamati a rievocare le loro condotte ed il contesto, molto spesso eversivo, nel quale si muovevano».
«Ciò nonostante - hanno concluso - vi sono parti di quei procedimenti, anche se la meno rilevante, che valgono solo per alcuni degli imputati, e non per tutti. I risultati, in termini di ricostruzione del fatto, appaiono potenzialmente schizofrenici».
L'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino,invece, va assolto «essendo gli elementi a suo carico ambigui e non univoci» . Nelle motivazioni, sempre su Delfino, è anche scritto: «Orbene, a tutto
voler concedere ed anche ammettendo che il Delfino fosse stato informato da Del Gaudio del contenuto degli appunti di Felli e non ne abbia tenuto conto, ciò non prova che egli fosse a conoscenza della strage prima che fosse realizzata ma, tutt'al più, che gli sia stata fornita una pista di cui non ha tenuto conto. In altri termini, si può parlare tutt'al più di favoreggiamento nei confronti del gruppo di Padova, del quale peraltro non vi è prova che abbia commesso l'attentato, non già di concorso in strage».