Abbiamo conosciuto Lorenzo in un pomeriggio di maggio. 2004. A trent'anni esatti da Piazza della Loggia. Tra i capannelli di persone che avevano assistito ad un dibattito a Palazzo Dogana. C'era anche Manlio Milani. "Il fratello di Luigi", ci dissero.
In un quel modo ironico e crudele al tempo che la memoria ha di trascinarsi. Di imprimere sugli individui il dolore e renderne impossibile la cancellazione. Quel dolore che ci rende testimoni involontari, senza meriti e senza colpe. Luigi era morto a Brescia, assassinato una prima volta dalle bombe dei fascisti; e ripetutamente in seguito nelle aule dei tribunali senza giustizia e senza verità. Lorenzo ha lottato. Da fratello, per la memoria di un fratello. Da militante, per la memoria di un compagno. Per restituire a lui e alle altre vittime uno scampolo di verità in un Paese di indifferenti che tendono a ignorare per viltà, a dimenticare per pigrizia.
Tre anni dopo, sempre di maggio, nel sipario precario del nostro laboratorio politico, tra manifesti impolverati, libri e quotidiani, venne a parlarci della sua lotta. Del suo passato, del suo presente. Della perdita e della resistenza all'oblio. C'era una telecamera a riprendere le sue riflessioni. Lucide, amare, nette, senza gli orpelli dell'estetica. Montammo un video di mezz'ora. Avevamo deciso assieme quale titolo dargli. Ne nascono altri cento. Come la parte finale di quel coro triste sui compagni assassinati. Eravamo d'accordo: un modo di sentirci parte della stessa comunità a sottendere ad una frase che poteva sembrare cinica. Ma che era piena d'amore e rabbia. Il giorno della presentazione, Lorenzo era lì. Emozionato e sereno. Prese posto in prima fila. E sul telo si modellarono le sue parole. Coinvolgenti senza nessuno sforzo, senza ruffianeria. Lo studio del neofascismo d'allora, la tesi di laurea sullo stragismo, l'impegno nella Casa della Memoria come tributo resistente e, al tempo stesso, come cura per le ferite del tempo. Alla fine la tensione si sciolse in un lungo abbraccio collettivo, e sulle note di un pezzo di Zulù, ci disse: "Mi avete fatto emozionare, ragazzi". Lo disse a noi, quando era lampante il contrario. La sua disponibilità era stata il vero dono.
Quel video l'abbiamo portato in giro per l'Italia. Ed ogni volta il refrain era lo stesso: "Lorenzo Pinto è il fratello di Luigi, militante antifascista ucciso a Brescia a soli venticinque anni".
Ancora. Quel ruolo del fratello. Ingiusto e profondissimo.
È tornato a trovarci, Lorenzo, diverse volte. Da relatore, ad un convegno alla Facoltà di Lettere nel 2007. Da militante, il 25 aprile del 2008, a portare un fiore ai nostri partigiani, a ripulire gli oltraggi alla memoria fittizia, alla memoria di facciata. Da amico fraterno, quando a Foggia scese Daniele Biacchessi. Coi suoi amici dell'epoca, attorno ad una tavola di ricordi e propositi. Sereno come sempre, fermo, e inquieto. Sembra ieri.
Lorenzo Pinto è morto a Roma, dove lavorava come macchinista.
"Il primo gennaio", ci hanno detto per telefono. Con quell'agghiacciante senso di smarrimento che si prova dinanzi alla morte. Aveva 54 anni.
Senza retorica, da oggi siamo più soli.
Ne nascono altri cento, Lorenzo. Ne nascono altri cento.
I tuoi compagni del Laboratorio Politico Jacob di Foggia