28 maggio 1974, piazza della loggia Brescia. Scoppia una bomba: 8 morti, 102 feriti. 16 novembre 2010, dopo 36 anni e 166 udienze la sentenza della corte d'Assisi di Brescia ha assolto dal reato di concorso in strage: gli ordinovisti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, l'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino ed il fondatore di ordine nuovo Piano Rauti. 'Assoluzione per insufficienza di prove'. Parole vecchie e già sentite forse troppe volte. Parole che dovrebbero pesare sulla coscienza della gente e che invece pesano solo sui parenti delle vittime che hanno accolto in lacrime quella sentenza. Persone che quel giorno si trovavano anche loro in Piazza della Loggia per prendere parte alla manifestazione antifascista organizzata dai sindacata e per difendere la democrazia, la stessa democrazia che oggi, dopo 36 anni, non trova ancora la giustizia per dare 'a Cesare quel che è di Cesare' , cioè i nomi e i cognomi non solo delle vittime delle stragi del terrorismo ma anche dei colpevoli. I morti delle stragi sono morti perché qualcuno li ha uccisi, perché le bombe scoppiate qualcuno le ha pensate, disposte e poi azionate e chissà quando riusciremo a conoscere i nomi di quei qualcuno. Per ora sappiamo solo come si chiamano le vittime, quanti ne sono morti, qual è il nome dei loro familiari.
Nuovasocietà ha incontrato uno di quei nomi, Manlio Milani, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage di Brescia e marito di Livia Bottardi Milani, insegnante bresciana, morta in Piazza della Loggia il 28 maggio 1974.
E' stata una brutta sorpresa per voi questa sentenza...
Intanto è una sentenza per insufficienza di prova, quindi se c'è insufficienza di prova significa che delle responsabilità c'erano ma non tali per essere condannati, questo a parere della Corte giudicante e per altro nessuno di loro è stato totalmente scagionato e quindi sono ancora legati al concorso in strage. Occorre adesso capire quali sono le motivazioni legate alla sentenza, diciamo così gli anelli mancanti, che avrebbero potuto portare ad una condanna. Mi pare escano dal dispositivo riconfermate alcune cose e cioè che la strage è ascrivibile alla destra eversiva, ed in particolare alla parte veneta di ordine nuovo che è rappresentato, diciamo così in questo caso da Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi, e poi le coperture che questi hanno avuto in particolare attraverso la figura di Maurizio Tramonte ed evidentemente anche la figura dell'ex generale Francesco Delfino, che in prima istanza, nella prima inchiesta, aveva condotto le indagini e che con ogni probabilità, considerando che l'insufficienza si collega al capo d'accusa di concorso in strage, sapeva ma ha indagato in un'altra dimensione. Questa è la sensazione che da il dispositivo e poi c'è da attendere sempre le motivazioni per capirne di più fino in fondo. Ecco noi, forse, ci aspettavamo qualcosa di più quanto meno per alcuni imputati, si tenga conto che come parti civili, noi per esempio nei confronti di Pino Rauti non avevamo chiesto alcuna concussione mentre con questo dispositivo, la Corte, lo assolve per insufficienza di prove, anche qui, quindi, sottolineando la responsabilità quanto meno politica e morale della destra eversiva. E' una sentenza che da un lato mi pare che dica che le responsabilità individuali non sono state sufficientemente suffragate dalle prove mentre il contesto, il quadro complessivo, in cui la strage si è voluta, si è pensata e si è realizzata è ancora una volta quello connesso alla destra eversiva, la quale ha potuto raggiungere la sua impunità attraverso una serie di coperture di che uomini dell'apparato dello stato hanno garantito. Si tenga in fine in conto che noi, sempre come parti civili, avevamo chiesto alla Corte proprio su questo elemento di rinviare alla procura, per accusa di falso, le deposizioni fatte dal generale Maletti e dall'ordinovista veneto Maurizio Zotto, nel dispositivo però non c'è traccia di questo.
Zorzi dal Giappone, dove adesso vive facendosi chiamare Roy Hagen, ha dichiarato che è stata una sentenza scontata..
Io non lo so se sia stata normale. Se fosse stata normale credo che avrebbe dovuto accettare l'invito che io gli feci alcuni anni fa, quando andai in Giappone e gli dissi che lui doveva venire, che doveva fidarsi della magistratura italiana e venire in Italia a testimoniare e a deporre e avrebbe anche potuto, io credo come è stato fatto in occasione dell'interrogatorio del generale Maletti nel processo di piazza fontana, deporre per poi ritornare nuovamente in Giappone. Lui mi rispose allora che non si fidava della magistratura italiana mentre io invece sostenevo il contrario. Mi sembra abbastanza facile dire adesso che sapeva che sarebbe andata così e soprattutto non annulla il dubbio nei suoi confronti, considerando ripeto, che la sua è un'assoluzione per assenza di prove.
Viviana Beccalossi, deputato Pdl a Bescia ha affermato che se le indagini per 36 anni sono andate nella stessa direzione e non hanno portato la verità è perchè si è guardato dalla parte sbagliata, cioè si è dato sempre la colpa alla destra.
Questo a mio avviso è una falsificazione della storia e non si capisce il perché dica questo. Un'affermazione simile significa che non si accetta in misura la logica del processo. Le conclusioni del processo riguardano le responsabilità individuali, ma tutte le stragi del ventennio '69-'74, mi riferisco a piazza fontana ect ect, e tra tutte le motivazioni non ce n'è una che non confermi che l'area operativa, ideativa sia ascrivibile alla destra e alle sue collusioni con uomini in particolare dei servizi segreti non solo italiani. Ignorare questo aspetto vuol dire che ancora una volta non voler accettare il giudizio della storia che pure le carte giudiziarie hanno definito. Ecco io credo che se si parte dal presupposto che le sentenze non si accettano, diventi quasi impossibile a questo punto davvero riuscire a costruire una memoria storica, come dire, riconosciuta e quindi portare questo Paese al di la di quei buchi neri.
Riuscite ancora ad avere fiducia nelle istituzioni e nella giustizia?
Io credo che indubbiamente questa è un'altra, come dire, 'tra virgolette' sberla alla credibilità delle istituzioni, indubbiamente io questo dovrebbe portare molte persone dentro lo stato a dire ciò che sanno per rendere maggiormente credibile la funzione dello stesso. Credo che però noi dobbiamo avere la forza di far capire, in particolare alle nuove generazioni, il tema del rapporto con lo stato. Il rapporto con la verità è un tema in primo luogo di partecipazione, perché soltanto la partecipazione alla vita democratica, alla politica democratica, può portare, obbligare, anche le istituzioni ad essere trasparenti.