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Piazza della Loggia, il nono processo. Milani: liberiamo la memoria
di Elisabetta Reguitti
27 novembre 2008

Alle parole verità e giustizia Manlio Milani presidente dell'associazione dei caduti di piazza della Loggia rincara con la frase "liberiamo la memoria". Alla vigilia del nono processo l'uomo che in quella strage perse la moglie 32 enne ripete la necessità che venga reso accessibile e informatizzato tutto il materiale della commissione parlamentare sulle stragi d'Italia. Era il 28 maggio 1974 quando le vite di Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Clementina Calzari e il marito Alberto Trebeschi, Euplo Natali, Bartolomeo Talenti, Luigi Pinto e Vittoria Zambarda (cinque insegnanti, due pensionati e un armaiolo) vennero strappate dallo scoppio di una bomba. Da trentaquattro anni i familiari delle otto vittime e dei cento feriti di cui 21 con lesioni permanenti attendono la verità: chi organizzò l'attentato e chi collocò la bomba nel cestino porta rifiuti metallico agganciato ad una colonna del porticato affacciato su piazza della Loggia. Da trentaquattro anni, queste persone, cercano di evitare che sulla strage, consumata durante una manifestazione indetta dal Comitato permanente antifascista e dalle segreterie confederali, scenda l'oblio, il silenzio o che, peggio ancora, vada perduta la memoria.
Manlio Milani mentre risponde alle domande tiene stretto un cd.

Più di mille testimoni, tra i quali l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e l'ex presidente Giulio Andreotti. Sei imputati (Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Giuseppe Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi) chiamati a giudizio per concorso in strage. Tre inchieste e otto processi. Lei cosa si attende?

Ormai mi attendo almeno una grande ricostruzione della storia di quegli anni. Il percorso che ha portato alla tragicità di quei fatti; del perché sia potuto accadere. Ciò che è accaduto non riguarda il passato quanto piuttosto la credibilità dello Stato di oggi. Non dimentichiamo che tra alcuni degli imputati di oggi ci sono uomini dello Stato di ieri. Uno fra tutti il comandante Francesco Delfino che condusse le indagini della prima istruttoria che allora non portò ad alcuna conclusione. Quindi oltre alla necessità di individuare gli eventuali responsabili noi vogliamo sapere se uomini dello Stato, anziché difenderlo, hanno agito contro di esso. Lo ripeto: la credibilità istituzionale di oggi passa attraverso quei fatti.

Che cosa ricorda di quel giorno?

Ricordo il boato che ha determinato un "prima" indefinibile e un "dopo" che mi ha tenuto legato al ricordo e alla memoria di una vita che avrei voluto costruire in modo diverso. Avevamo trascorso la sera prima tutti insieme cenando. Livia e io, quella mattina, stavamo raggiungendo i colleghi insegnanti in piazza. Mi sono trattenuto duecento metri prima per salutare una persona. Lei ha proseguito. Ed è stato l'ultimo frammento di vita insieme.

C'è qualche similitudine tra le motivazioni che portarono il dissenso in piazza nel 1974 e quelle di oggi?

Eravamo scesi in piazza per rivendicare una democrazia in grado di cambiare le cose. Manifestavamo contro la violenza in favore di spazi liberi. Credevamo in una democrazia partecipata. Il terrorismo voleva colpire ogni forma di dialogo. Negli anni '70 si rivendicava una politica nella quale il cittadino potesse essere protagonista. I partiti non furono in grado di fornire nessuna risposta mentre lo stato presentò il volto peggiore. Diciamo che oggi anche "l'onda" degli studenti rivendica gli stessi diritti di partecipazione alla democrazia. E maggiori saranno le forme di controllo e di trasparenza nei confronti dello Stato e migliore sarà il grado il suo grado di credibilità.

Nei giorni scorsi Carlo Lucarelli dalle pagine de L'Unità si è chiesto perché fatti della recente storia del nostro Paese, come nel caso della strage di piazza della Loggia, non riescano a trovare posto nelle trasmissioni televisive che, al contrario, scandagliano eventi di cronaca nera come il delitto di Erba. Lei cosa ne pensa?

Sottoscrivo pienamente la posizione di Lucarelli. La televisione potrebbe dare un grande contributo alla ricostruzione dei fatti. Aprire un dibattito pubblico lontano da ogni vittimismo o accusa di colpevolezza ma vicino, piuttosto, alle ragioni, ai perché dei fatti. I giovani hanno sete di conoscenza. Me ne rendo conto ogni volta che vengo invitato nelle aule scolastiche d'Italia.

Che cosa contiene il cd che stringe tra le mani?

Sono circa 2 milioni i fogli delle inchieste su alcune delle stragi d'Italia. Ci sono anche le 900 mila pagine della strage di piazza della Loggia. E' un lavoro svolto dai detenuti del carcere di Cremona. A costi bassissimi hanno raccolto tutto il materiale cartaceo, documenti, giornali e atti trasformandolo in materiale informatizzato. Un inestimabile patrimonio per gli storici. Una conoscenza che potrebbe essere utilizzata anche in modo incrociato rispetto agli eventi. Si chiama progetto "Digital". Il nostro obiettivo è proseguire. Quei ragazzi hanno la grande volontà di completare l'informatizzazione di tutto il materiale a disposizione della commissione stragi. Ma servono risorse. Non molte per la verità ma è necessario acquistare scanner e materiale tecnologico per proseguire il lavoro. Questo cd è solo un esempio di quanto si potrebbe ancora fare. E sono stati proprio i ragazzi del carcere di Cremona a ideare la frase "liberiamo la memoria".


"Sarebbe un grande esempio di civiltà e un atto dovuto da parte del servizio pubblico dare spazio anche a questo processo. Non si riesce a capire perché, fatti di cronaca nera, trovino così ampio spazio all'interno del servizio pubblico, mentre, vicende che riguardano gli anni bui della nostra Repubblica vengano tenuti a tacere a discapito della necessità dei cittadini ad essere correttamente informati." Nota di Articolo21