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19 gennaio 1975. Il coito, l'aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti
(Sul Corsera col titolo "Sono contro l'aborto")
Enrico Campofreda
12 ottobre 2005

Ecco il Pasolini più contestato. Dalle femministe e dai radicali innanzitutto, dall'Udi, dal Pci e dal fronte laico parabortista. Da molta sinistra extraparlamentare in materia schierata su posizioni filo-femministe.

Il poeta è per gli otto Referendum, ma è traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto e parla contro di essa perché la considera una legalizzazione dell'omicidio. Dunque Pasolini come quei clerico-fascisti da lui tanto detestati? O come la Chiesa, Paolo VI, Comunione e Liberazione e il Movimento per la vita?
Assolutamente no. Pasolini è credente, lo è d'una fede intima e privata, fede non esibita ed esaltata. Una fede tollerante e tanto basta per differenziarlo, come altri cristiani, dal fronte reazionario. Pone un altro genere di questione tralasciata da tutti, parzialmente anche da radicali e progressisti. A monte dell'aborto c'è il problema del coito. La donna resta incinta a seguito di quell'atto che, nella società consumistica, è diventato più facile. Ma questa facilità non sembra tanto una conquista di autodeterminazione e liberazione sessuale ma di nuove abitudini massificate.

"Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità della vita del consumatore. Insomma, la falsa liberazione del benessere, ha creato una situazione altrettanto e forse più insana che quella dei tempi della povertà. Infatti: primo: risultato di una libertà sessuale 'delegata' dal potere è una vera e propria generale nevrosi. La facilità ha creato l'ossessione; perché è una facilità 'indotta' e imposta, derivante dal fatto che la tolleranza del potere riguarda unicamente l'esigenza sessuale espressa dal conformismo della maggioranza".

E con i tratti unici del rapporto di coppia etero poiché "tutto ciò che sessualmente è 'diverso' è invece ignorato e respinto". Così "il popolo italiano, insieme alla povertà, non vuole neanche più ricordare la sua 'reale' tolleranza: esso, cioè, non vuole più ricordare i due fenomeni che hanno meglio caratterizzato l'intera sua storia".

Si sofferma Pasolini sul ruolo politico del coito ricordando come alla repressività d'un tempo si stia sostituendo la banalizzazione che è un male altrettanto grande. Per lui il fronte progressista pone un problema di praticità, che è un problema oggettivo, ma "anziché buttarsi (con onestà donchisciottesca) in un pasticcio, estremamente sensato ma alquanto pietistico, di ragazze madri o di femministe angosciate in realtà da 'altro' (e di più grave e serio)" potrebbe seguire un'altra via.

"La mia opinione estremamente ragionevole è questa: anziché lottare contro una società che condanna l'aborto repressivamente, sul piano dell'aborto, bisogna lottare contro tale società sul piano della causa dell'aborto, cioè sul piano del coito. Si tratta - è chiaro - di due lotte 'ritardate': ma almeno quella 'sul piano del coito' ha il merito, oltre che di una maggiore logicità e di un maggiore rigore, anche quello di un'infinitamente maggiore potenzialità di implicazioni.
C'è da lottare, prima di tutto contro la 'falsa tolleranza' del nuovo potere totalitario dei consumi, distinguendosene con tutta l'indignazione del caso; e poi c'è da imporre alla retroguardia, ancora clerico-fascista, tutta una serie di liberalizzazioni 'reali' riguardanti appunto il coito (e dunque i suoi effetti): anticoncezionali, pillole, tecniche amatorie diverse, una moderna moralità dell'onore sessuale, ecc. Basterebbe che tutto ciò fosse democraticamente diffuso dalla stampa e soprattutto dalla televisione, e il problema dell'aborto verrebbe in sostanza vanificato, pur restando, come dev'essere, una colpa e quindi un problema di coscienza".

Sul controllo delle nascite e sull'informazione da offrire nei consultori l'area progressista disse ma fece poco. Quanto è stato effettivamente attuato dopo la legge 194? E soprattutto cosa s'è fatto, in trent'anni, per incrementare l'educazione sessuale dei giovani sia nelle scuole sia con l'uso di grandi media come la tivù?
Tutti coloro che difesero il sacrosanto e paritario diritto delle donne a praticare secondo coscienza l'aborto (dai radicali dei cortei e dei digiuni, ai socialisti e ai democratici di sinistra di governo) cosa hanno fatto perché l'aborto non diventasse l'ultima spiaggia anticoncezionale ?


Enrico Campofreda, ottobre 2005