Dopo le polemiche sostenute con le componenti più arroganti e volgari del suo stesso Partito, rinfocolate da quel campione della rozzezza politica che fu Maurizio Ferrara, Pasolini parla fuori dai denti da intellettuale e anche da "militante". Riconosce al Pci un'importanza nella difesa delle istituzioni democratiche italiane ma ne denuncia anche timori e lassezze.
Il suo atto d'accusa nei confronti della Democrazia Cristiana, che insieme alla Cia sta giostrando lo stragismo e la strategia della tensione, risuona perentorio e s'unisce a una chiamata di correo al partito d'opposizione. Così il poeta scontenta anche la maggioranza del Partito che sotto l'immagine onesta del segretario Enrico Berlinguer raccoglie il desiderio di approcciarsi al Potere.
Il fastidio creato nelle stanze delle Botteghe Oscure sta raggiungendo l'apice. Non si ripeterà l'espulsione per "indegnità morale" com'era vergognosamente (per il Pci togliattiano e machista) accaduto nel 1949. Ma la ferrea e inquietante real politik della Direzione comunista considererà quell'illustre voce fuori dal coro alla stregua dell'odiata ultrasinistra, in quel tempo osteggiata più dei neofascisti stragisti.
La lettura del testo illumina meglio di ogni commento.
"Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del ‹vertice› che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti materiali delle stragi, sia infine, gli ‹ignoti› autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi del gruppo dei potenti, che, con l'aiuto della CIA (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostruiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum".
"Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine a criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno gli indizi".
"A chi dunque compete fare i nomi ? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma insieme non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte, da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano. E' certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un paese pulito in un paese sporco, un paese onesto in un paese disonesto, un paese intelligente in un paese idiota, un paese colto in un paese ignorante, un pese umanistico in un paese consumistico.
In questi anni tra il Partito comunista italiano e il resto dell'Italia si è aperto un baratro: per cui il Partito comunista italiano è divenuto un paese ‹separato›, un'isola. Ed è proprio per questo che può oggi avere rapporti stretti come non mai, col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici. E' possibile, proprio su queste basi, prospettare quel ‹compromesso›, realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: ‹compromesso› che sarebbe però in realtà una ‹alleanza› tra due Stati confinanti o tra due Stati incastrati l'uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano, ne costituisce anche il momento relativamente negativo. Concepita così come l'ho qui delineata, credo oggettivamente, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere. Gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Ora perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpes e delle spaventose stragi di questi anni ? E' semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono verità politica da pratica politica.
Lo so bene che non è il caso di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Ma queste sono categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi, io non posso non pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana. E lo faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi ‹formali› della democrazia, credo nel parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia solo quando un uomo politico deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, ma su cui, a differenza di me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Se il potere americano lo consentirà questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili. Questo sarebbe in definitiva il vero colpo di Stato".
Enrico Campofreda, agosto 2005